"Meglio Capitano della mia zattera di storie di carta che mozzo sul ponte di Achab"

SITO ANTI COPROFAGIA LETTERARIA: MERDA NON NE SCRIVO, E MENO ANCORA NE LEGGO

mercoledì 23 dicembre 2015

Corso arretrato di tecniche narrative ammorbanti. Seconda puntanata: i trucchi per scrivere un romanzo NOIOSO.


COME SPAPPOLARE LE PALLE
(by J. Stronkabook)

1 Genealogie e saghe familiari

Se ambite a martoriare gli zebedei del lettore, non mancate mai di dedicare qualche decina di pagine alla genealogia completa del protagonista principale (e magari anche di altri). Il lungo, scrotolesivo flashback di saga (detta anche sega) familiare deve narrare per filo e per segno le peripezie (dette anche pere pe’ zzia) di almeno quattro generazioni: il trisnonno nato in un villaggio della Bulgaria interna, da cui dovette fuggire per evitare persecuzioni e roncolate; la bisnonna ingravidata a quindicianni da un marinaio strabico durante la traversata atlantica in pedalò; il nonno commerciante abusivo di pelli di topo nei Territori del Nord Ovest (con sei pagine di descrizioni su come si scuoiano le pantegane e se ne conciano le pelli sputandoci sopra tabacco ciancicato – e un paio (di dozzine) di ricette per il recupero di code e zampine mediante frittura o marmellata). 
E via frantumando.

2 Pesantezza

Alcuni tentano a volte di spacciarla per “complessità” (che è un’altra cosa), ma la pesantezza, esatto contrario della Leggerezza delle Lezioni Americane di Calvino, ha sulla mente e sui coglioni del lettore lo stesso portentoso effetto che potrebbe avere sul suo stomaco il mangiarsi un cinghiale intero completo di pelliccia e zanne, e soprattutto ancora vivo. Interminabili frasi, lunghe anche tre pagine e piene di subordinate che si attorcigliano e avviluppano l’una nell’altra (che i vostri amici critici, se ne avete, sapranno spacciare per BRAVURA!), terminologia eruditoide, pedanteria, pretenziosità filosofica: niente è più sicuro di tutto ciò, se davvero aspirate ad ammorbare, a spossare, insomma a cagare il cazzo dei malcapitati.
Non è difficile, basta fare appunto al contrario delle Lezioni calviniane: invece di scrivere con leggerezza pensieri eccezionali, create labirintici meandri di elucubrazioni cervellotiche sul ciclo mestruale di vostra sorella.

3 Appiattimento del linguaggio

Essere pesanti e pedanti non impedisce di essere anche poveri, sciatti, stucchevolmente banali (tutte cose indispensabili per i più dotati cantori della Dea Noia). E non c’è modo più sicuro di apparire poveri, sciatti e stucchevolmente banali dell’utilizzare un linguaggio sterilizzato, piatto e moscio. Nei romanzi noiosi, i personaggi non imprecano e non usano il cosiddetto turpiloquio. Al massimo potrete concedervi un’acciderbolina. A patto che dopo l’acciderbolina spunti subito un prevedibile personaggio-marionetta (di solito una mamma nevrotica e semiscema di mente) pronto a esclamare: “Non voglio sentire parolacce!” Se poi ambite al massimo dell’appiattimento, non avete che da parlare e da far parlare i protagonisti come si parla in tv.

4 La pretenziosità poetico-sentimentale

Anche se ci hanno già sguazzato milioni di altri scialbi scribacchini, se davvero volete essere pallosi fino in fondo non fate mai, mai mancare il vostro illuminato contributo sui grandi temi: metterete quindi almeno una volta per capitolo la vostra bella sentenza aforistica memorabile sul tema “che cos’è il vero amore”, “cosa significa amare per sempre”, ecc, ricorrendo a quel collaudato tono che potremmo definire “poesia del deejay brillante-malinconico che raglia sdolcinature artefatte e ruffiane per guadagnarsi furbescamente la figa”. (Naturalmente, conviene che sia amore uomo-donna: fate finta che i vostri lettori siano tutti etero, e le banalità da cioccolatino – o da uazzàpp – vi sgorgheranno più facili). Lo so, vi sentirete stupidi e disonesti più di quanto già non siate, nello scrivere simili amenità, ma ne verrete ripagati: potete scommettere che quelle frasi saranno le prime a venir condivise dai noiòfili, in formato incorniciato e colorato, su ogni genere di social network.

5 E ovviamente, la politica

Ma se aspirate all’apice della Noia (e magari a qualche bel Premio), non potete non scribacchiare testi politicizzati e ideologizzati. Ma politicizzati alla naftalina, come uscissero dall’armadio di una sezione di provincia degli anni Settanta, sotto forma di ciclostilato; e ideologizzati come se ve li dettasse Stalin dopo morto. Ritrite storie retoriche di operai addomesticati che invece di volersi (almeno nei sogni!) liberare dal lavhorror sono grati alla fabbrica, vivono per la fabbrica, amano la fabbrica, si scoperebbero la fabbrica. Che scambiano ciminiere per candele di Natale, l’altoforno per il dolceforno della nonna. Che scrivono quanto bene vogliano alla fonderia che gli fotte la vita, alla tessitura che gli fotte la vita, all’inceneritore che gli fotte la vita. E per i quali la più grande tragedia cosmica possibile è la chiusura della fonderia che gli fotte la vita, della tessitura che gli fotte la vita, dell’inceneritore che gli fotte la vita. E via fottendo (il lettore).

Vi chiedo solo un favore, però: dopo che l’avrete scritto, non venitemi a rompere i coglioni per farmelo leggere. Perché alla noia io preferisco il Piacere. Alla banal sciatteria la Genialità creativa e affabulatoria, alla seriosità l’ironia e la brillantezza. E alla moscia pedanteria, sempre, la signora Bellezza. E di tutto ciò domando umilmente scusa.

J. Stronkabook

p.s. La prima puntanata stava QUI. E il corso introduttivo QUA.
Incredibilmente, è tutto GRATIS. :)

E siccome le Vere Tradizioni (udite udite!) a volte piacciono perfino qui, auguro a tutti voi, anche a nome di Zio Scriba, un Felice Solstizio d’Inverno: l’antica festa nordica e pagana delle popolazioni europee.

quando c'era la Mamma, fata degli alberelli


E se avete voglia di regalarvi qualcosa di poco noioso, date una sbirciata alla colonnina qui a destra, in alto. 


lunedì 21 dicembre 2015

Sempre dal nuovo ebook "La Campagna Plaxxen", un estratto più lungo in regalo per voi (perché qui non si vende a scatola chiusa...)


[Per l'eventuale acquisto, cliccare sulla copertina del libro nella colonnina qui a destra.]

«Chi era quello?»
«Un signore…»
«Ma che voleva da te?»
«Dice che conosce la mamma. E forse qualche giorno la mamma non può venire a prendermi e allora viene lui».
(Cristo!)
«E tu cosa gli hai detto?»
«Gli ho detto che se non viene la mia mamma viene il mio papà».
«Bravo».
«Sì, e gli ho anche detto che il mio papà ha le mani magiche».
«E lui?»
«Mi ha detto che ci fai con le mani magiche».
«E tu?»
«Le scurege!»

«Ma che tipo era, ti sembrava bravo o cattivo?»
«Era bravo, ma cattivo».
«E come fa uno a essere sia bravo che cattivo?»
«Non lo so. Lui era bravo, ma cattivo».
Come spiegargli il viscidume e l’infida ipocrisia degli uomini di merda? Per lui, se uno dagli occhi cattivi ti approccia con untuosa e falsa gentilezza, non è un pericoloso serpente a sonagli: è uno “bravo ma cattivo”.
«E papà? È più bravo o più cattivo?» gli chiedo mentre lo stringo al mio fianco nell’andarcene da lì.
«Te sei solo bravo» mi dice tutto serio e compìto. Poi, mettendosi a ridere: «Però fai i figli mongoli!»

Vedendo che la cosa invece di farmi, come di solito, sorridere, rischia di farmi scoppiare a piangere, il suo cuoricino tenta di gettarsi in mio soccorso, e mi si stringe addosso ancora più forte mentre zampetta al mio fianco.
«Cantiamo Pippoloni papà?»
E così ce ne andiamo via cantando un’altra delle nostre storpiatelle hit. Stavolta tocca ai R.E.M.:
Shàiny appy Pippoloni…

Le ho sempre trovate divertenti, queste storpiature maccheroniche. Quando l’arbitro sbaglia di brutto contro la loro squadra, i tifosi inglesi, ovviamente, non si mettono a cantargli “Erroracciooo, o ‘mbecilleee…” Però, fateci caso la prima volta che ne avrete l’occasione, a un orecchio italiano suona proprio così! 
In Wild of the isle di Linda Wesley si sentono distintamente prima “Chella la tas mai” e poi “Questo s’è inciocado”. Verso la fine di I’m goin’ down di Springsteen, risuona un bel “E vaffanguglia”.

Ma non era finita. Certi giorni non vogliono finire. E non sono mai quelli belli. Sono sempre quelli che facevano meglio a non iniziare. La sera ti torno a casa, litigo un po’ con mammà perché ho fatto tardi senza avvertire, e così la pastina del cazzo della sua cena a orari da ospedale svizzero (qualche minuto prima delle sette!) si è freddata, mi rifugio col mio notebook, una birretta e un panino al burro e salame in camera mia, e mi viene la bella idea geniale di andare sulle statistiche del blog a trastullarmi con le chiavi di ricerca. Non lo faccio quasi mai. Non lo facevo da settimane. Ma è divertente: puoi scoprire attraverso quali assurde combinazioni di parole affidate ai motori di ricerca certa gente è approdata, il più delle volte per sbaglio, per puro caso, e scappandosene via subito senza leggere nulla, al tuo blog. Ricordo di averne segnate alcune su un foglietto. Volevo farci un post. Perché chi di voi non ha un blog, o non ne controlla le “origini del traffico”, non può avere idea delle menti strambutiche o malate che circolano sul web. Eccone un campionario. 
Le sgrammaticature sono originali, e ce le ho lasciate:

farsi scoppare dal proppio cane
nipote lava i piatti lo zio la ciula
video porno in cucina lei prepara lui porco sulla scala
como inserire il codici de un anuncio nella cabina telefonica
film con trama ingravidata dal cognato
fuori dai coglioni la data di nascita vediamo chi è il prossimo
incularsi l’ufficiale di picchetto
donne colitiche
nonne e zie troie dei paesi tuoi gratis
storie porno zia purcella
fero batuto.it
faccio scoregge puzzolenti e ho bruciore all’ano
mia figlia non si lava
cerco statuetta maradona in resina?
esercizi su come personificare un pallone
un pompino fra gay etiopi
come andava ilicic a scuola gli piaceva studiare
come faccio a vedere il quadro di gattuso su caronte?
film erotico con cacca e piscio gratis
costo di una scatola con scritto ti amo
faccio le seghe tutti i giorni
francobollo lu cagava
biglietto auguri compleanno cognato circa 43 anni
puntini rossi sul glande
lunghezza del pene ideale
la fregna di mamet
la suora me lo suchia
i botti di capodanno sparateveli in culo
video hard incesto padre e figlia paffutella
come fare un pombino
video ragazza con minigonna alzata e frustata in culo
hard gradis zio nipote nei spogliatoi
cazzo francese dotato e largo d’atleta sporco

Inutile dire che nel mio blog non si trova nulla di tutto ciò. Misteri dei motori di ricerca. Forse quella sera ne cercavo delle altre simili per sghignazzare un po’. Non l’avessi mai fatto. Nelle sezioni “adesso” (ultime due ore) e “giorno” niente di interessante. I soliti “peppermint” e “zio pep” e “peppermint mind”, e un paio di malati di mente di quelli summenzionati. Ma alla sezione “settimana” mi si è raggelato il sangue. La chiave di ricerca principale era “Mike Morigerato Polaschi Plaxxen”. Per ben sette volte. Sette! Non poteva essere un caso. Qualcuno sapeva cosa stava cercando. Immediato il contraccolpo addominale, viscere mie in fermento da shock.

sabato 19 dicembre 2015

"La Campagna Plaxxen": un assaggio breve, dal cuore del capitolo 2


«Polaschi sembrava un avanzo d’uomo, ma fosse stato vendicativo avrebbe avanzato ancora molto da fare. Lo era? Difficile capirlo. Venticinque anni prima non aveva la barba fino all’ombelico e i suoi capelli erano corti e castanochiari, e lui un brillante copywriter assunto al volo da Mike Morigerato in persona dopo un colloquio di pochi minuti alla vecchia Mitchell, Woodworth & Sbruseghìn, agli ultimi piani della Torre Velasca. Mike Morigerato aveva un fiuto infallibile per le menti brillanti, e se nei futuri e ancor lontani anni della carriera politica si sarebbe poi circondato di imbecilli e incapaci, ciò non sarebbe avvenuto per sbaglio, ma per cinico calcolo. (Del resto siamo un paese che ha avuto per ministro della pubblica istruzione una signora che da giovane riuscì, in un compitino d’inglese, a tradurre il verso “Beautiful radiant child” con “Bellissima cialda del radiatore”). 
Il giovane Polaschi festeggiò l’assunzione spaciugandosi un trans brasiliano di nome Brigitte Bardot a malapena ventenne e scolandosi con lui una bottiglia di spumante rosé, versandogliene anche un po’ sul pancino e sul collo e leccandolo con tanto inebriato amore, e poi ordinando duemila biglietti da visita al photoshop sotto casa. Quelli sbagliarono e ci scrissero “COPRIWATER”, al che lui brontolò un poco e pretese lo sconto. Non disse che lo trovava di un’autoironia esilarante, e che, avesse avuto il tempo di pensarci, era proprio la scritta geniale che ci avrebbe fatto mettere lui... 
Ma non capì neanche la natura profetica della cosa.»

Ed eccovi il link per l'eventuale acquisto (con scelta fra ebook e cartaceo su richiesta)


giovedì 17 dicembre 2015

Il mio nuovo romanzo "LA CAMPAGNA PLAXXEN" in ebook! (Presto disponibile anche il cartaceo su richiesta).


UNA SORPRESA DI FINE ANNO PER I MIEI 25 LETTORI!!!! 

«Una storia di clochard più o meno volontari, un fosco noir metropolitano con finale thrilling, una feroce satira del mondo della pubblicità e dei consumi compulsivi. E l’inno d’amore di un padre separato per il figlioletto down. Il tutto visto attraverso il pazzo mondo dei blogger!»

Aspettando l'uscita di "Mailand" (il nuovo strepitoso Romanzo che pubblicherò con la Neo edizioni), è da oggi disponibile questo mio nuovo lavoro in versione ebook. Ma è prevista a breve anche l’opzione stampa su richiesta (in angloide: print on demand). 

Chi volesse gustarsi una simile golosità durante le feste in arrivo, non ha che da cliccare su questo link.

Da questo momento ufficialmente disponibili tutti i formati: Pdf, ePUB e Mobi. Più il print on demand cartaceo! (Per quest'ultimo, scorrere sino a fondo pagina sul sito linkato).

mercoledì 16 dicembre 2015

Pro-pro... PROIBITO!

Il vostro zio Nick... più o meno l'altroieri. :)

L’intelligenza (l’arroganza?) iperlegiferoide non conosce pace: in arrivo il divieto di fumare in macchina se ci sono a bordo bambini o donne incinte. Cioè: nessuno riesce o nessuno vuole far rispettare il divieto di sbocchinare telefonuzzi e uazzappeggiare al volante, che provoca incidenti mortali, e si spreca tempo a cagar fuori norme scopiazza-america? Ma là se si fa una legge poi la si fa rispettare! Non rendiamoci ridicoli! O vogliono farci credere che poi qualcuno controllerà se la donna accanto al guidatore (o la stessa guidatrice che fuma!) non sia per caso incinta di due o tre mesi, anche se guardandola non si vede? A ‘sto punto, non sarebbe più logico e meno stupido vietare del tutto il fumo al volante? La sigaretta mentre sei al volante andrebbe vietata non perché fa male alle donne incinte, ma perché, esattamente come i merdosi telefonuzzi, DISTRAE dalla guida. Siamo sempre lì: ci vorrebbero meno crociate, e più cervello. Ma giusto un pizzico, neh. Facile a dirsi…

Naturalmente, le sole leggi che gli iperlegiferoidi nostrani non fanno sono quelle che servono: Testamento Biologico, Eutanasia, Unioni Civili, Norme Antiomofobia, Antitrust Mediatico-Editoriale, Norme più Restrittive in materia di Pubblicità e Violazione Privacy (quella del cittadino a casa sua, non quella del mascalzone intercettato), Pene Decuplicate Per Amministratori Pubblici Ladri. 
Sì, domani.
Ma che futuro può avere un paese in cui il presidente del consiglio è costretto a dire “Chi ruba va cacciato!”, come se si trattasse di una proposta rivoluzionaria e geniale?
Ma non è OVVIO, che chi ruba (o intrallazza illegalmente) debba essere cacciato?
Non è ancora più ovvio che chi ruba (o intrallazza illegalmente) debba andare IN GALERA?
E non è ancora-ancora più superovvio che a chi ruba (o intrallazza illegalmente) profittando di posizioni di Responsabilità Pubblica dovrebbe essere applicata la legge marziale dell’Alto Tradimento?

E a proposito di troppe leggi inutili e di zero leggi utili: quando se ne farà una per stabilire che l’obsolescenza programmata è un reato grave, cioè una schifosa truffa? Non parlo solo di tecnologie sofisticate: una volta gli spazzolini da denti, anche i più economici, duravano mesi. Adesso dopo due giorni spuntano già quelle due-tre setoline storte laterali ferisci-gengive. Capita solo a me?
(Per non parlare di calze, mutande, e persino pigiami che si avviano a diventare… monouso!)

Ma torniamo ai tabacchi. Il luogo comune secondo cui se fumi una sigaretta devi esserne per forza schiavo-dipendente, ha pure fatto sì che si potesse decidere l’eliminazione delle sigarette più buone e aromatizzate (col pretesto cretino che darebbero più dipendenza) e che si potesse usare (apparentemente a ragione) la parola “scemo” in uno spot istituzionale, cioè di quello Stato che sul tabacco ci lucra (mi è stato riferito, io per mia fortuna lo spottino non l’ho visto mai). Ma io dico che anche se le persone come me, capaci di fumarsi una sigaretta ogni due mesi perché hanno voglia di gustarsela, senza mai aver sviluppato nessun “vizio” e nessuna dipendenza, fossero solo due o tre in tutto il paese, quella parola andrebbe ricacciata in gola a chi si è permesso di concepirla. Perché allora, a ben vedere, la logica è la stessa che vedere automaticamente un ubriacone alcolizzato in chiunque si gusti mezzo bicchiere di vino a tavola: i paternalisti fanatici chiameranno “scemo” pure lui? Per non parlare del terrorismo di certe immagini sui pacchetti di sigarette: giustissime le avvertenze, ma le foto di organi putrefatti hanno lo stesso senso che far scorrere filmati di gente che schiatta d’infarto sopra gli scompartimenti del burro al supermercato, oppure obbligare le compagnie aeree a dipingere a caratteri cubitali, sulla fiancata di ogni aeroplano, la scritta SI POTREBBE SCHIANTARE (con relative foto di cadaveri carbonizzati). Così si rischia di stomacare la gente, e di provocare repulsione non per il fumo ma soltanto per… i pacchetti! 
Incrementando il commercio di portasigarette.


venerdì 11 dicembre 2015

Mordecai Richler - LA STORIA DI MORTIMER GRIFFIN

Voto:

E vorrà pur dire qualcosa se la più fresca e originale Novità proposta nel 2015 dalla nostra mediogrande editoria è questo gustoso, succulento capolavoro del 1968 mai tradotto finora, forse per motivi di vatikaliana bacchettonaggine (fra le tante idee surreali di questo molto surreale romanzo, un’anziana prof decide d’introdurre un nuovo tipo di encomio per i ragazzi più meritevoli: spompinarli).
Comunque Grazie di cuore, Adelphi cara, anche se magari ci si poteva svegliare un po’ prima… O forse è meglio così, perché è per merito di questo pazzesco ritardo se ho potuto sgoduriarmi, a quasi 49 anni, un libro di quelli che nella mia epoca non si riescono a trovare più?
In fondo è stato il più bel regalo, così inatteso e differito: è stato come scoprire in cantina un Rosso d’annata che non ci si ricordava d’avere, in un mondo che si sta preparando ad abolire i vini. Me lo sono centellinato, per gustarlo e farlo durare, come sempre bisogna fare con le cose belle, e adesso invidio quelli di voi che se lo regaleranno per le feste, per leggerlo su una poltrona al calduccio, magari mentre fuori nevica. 
Intendiamoci: qualcosa di acerbo e di ancora imperfetto lo si riscontra, rispetto a un’opera più matura e portentosa come La versione di Barney, ma in compenso questo è, specie nella parte iniziale, molto più comico, provocatorio e birichino.
Leggiamoci un piccolo trancio:

"Era il periodo in cui Doug stava imparando a parlare, e Ziggy era felice di istruirlo.
«Uomo-scimmia» diceva additando un prete; e gl’insegnò a dire «baciami il culo» come formula di ringraziamento; ma per fortuna veniva fuori qualcosa come «bam ‘l ulo». Le scelte lessicali di Doug sconcertavano Joyce, ma il più confuso era il bambino, perché quella che nel pomeriggio la madre gl’insegnava a chiamare «monaca», di sera Ziggy insisteva che era una «tette mosce».
Com’era fatale, Joyce scoprì che Doug non era affatto un bambino ritardato, ma solo perversamente traviato da Ziggy, dal che seguì uno scontro al calor bianco con Mortimer. In certo modo uno scontro a parti rovesciate: stavolta non era Joyce, ma Mortimer che si trovava a difendere il nuovo, per quanto malvolentieri. Ammetteva che Ziggy si comportava in maniera irresponsabile, ma lei doveva capire che non era un sadico. Era sinceramente convinto che i nostri genitori ci avessero allevato ammannendoci nient’altro che bugie, e che ci fosse un solo modo di liberare un bambino: fargli disimparare tutto ciò che gli era stato insegnato. E così guidarlo, per dirla con Ziggy, verso uno stato di grazia. Mortimer doveva peraltro convenire che il risultato era disgustoso, e a malincuore si preparò a dire a Ziggy che doveva andarsene."

Irriverente, irrispettoso, perfido, intelligente - questo è il tipo di libro che vorrei poter leggere senza soluzione di continuità, ma naturalmente non si può, perché libri simili sono rari come quintupli arcobaleni aggrovigliati.

A questo proposito, devo aggiungere di aver trovato altrettanto bello e divertente – anche se molto più tranquillo e convenzionale – il libro che lo stesso autore pubblicò subito dopo, intitolato Le meraviglie di St Urbain Street

Voto: 8


Ma non vi sto dicendo di scegliere fra i due: il mio consiglio è un bell’ambo natalizio.
Parola di Scriba.



venerdì 4 dicembre 2015

Lo chiameranno “Post Prosciuttismo Genuflesso”?

POLITICALLY VAFFA

«Un adoratore del fuoco potrebbe sostenere che la
presenza di estintori nel museo reca offesa al suo dio.»

(Robert Hughes, La cultura del piagnisteo)

Nella questione afro-mediorientale, il punto non è soltanto “chi sta facendo cosa a chi” su un piano militare ed economico.
Perché su questo piano sarebbe fin troppo facile dire che gran parte della colpa è dell’avidità, della miopia strategica e umanitaria, e della cupidigia predatoria e guerrafondaia di tanti occidentali grugnomuniti. 
Il punto è anche, su un piano cultural-esistenziale, l’inaccettabile e catastrofica autocensura che i più stolti e in malafede fra noi vorrebbero imporci a causa dell’abbaglio aberrante di scambiare per “sensibilità” la suscettibilità violenta e la minacciosa e ricattatoria prepotenza, e per “rispetto” la più belante sottomissione a regole, costumi, superstizioni o fisime altrui.
È un ultraperverso effetto coda di paglia: siccome l’Occidente continua a trionfare laddove ha (non sempre ma quasi sempre) TORTO, eccolo franare in assurdi e paurosi cedimenti e calate di braghe proprio laddove ha (non sempre ma quasi sempre) RAGIONE! 
(E non perché siamo migliori congenitamente, ma perché siamo reduci da secolari battaglie, pagate con la vita da Uomini come Giordano Bruno.)
E così, invece di rinnegare la violenza e la guerra (che fanno impennare titoli in Borsa, e incrementano i posti di lavhorror schiavistico e i patriottici Pil) rinneghiamo l’Arte, l’Illuminismo e la Libertà d’Espressione (cose di cui sembra non fregare più niente a nessuno).

Ho letto di una delirante decisione editorial-oxfordiana di eliminare da ogni testo scolastico non solo la parola “maiale”, ma anche qualsiasi riferimento a derivati alimentari tipo “salame” o “prosciutto”, per non OFFENDERE (?!?!) codeste persone così facilmente offendibili.
È già un delirio così, ma per comprendere più a fondo quanto sia delirio, proviamo per un attimo a immaginare cosa ne sarebbe dei nostri libri, delle nostre scuole, dei nostri vocabolari, dei nostri futuri pensieri, se la loro simpatica religione li volesse (e quindi CI volesse!) VEGANI: via, per legge, da ogni libro di ogni parte del mondo, anche tutti i derivati della parole “latte”, “formaggio”, “burro”, “uova”, e chi più ne ha più, per favore, continui a scriverle?
Davvero vogliamo un mondo così cretino? Io per fortuna sono quasi vecchio, ma a ‘sto punto cosa dovrei fare, aver paura di lasciare in eredità alle nipotine la mia piccola biblioteca, perché la sola presenza del titolo “Panino al prosciutto” di Bukowski potrebbe un giorno farle finire in galera, o attirare su di loro riprovazione, punizioni, frustate, o addirittura lapidazioni, perché offende qualche stronzo permaloso razzista, così subdolo da additare come “cattivo” chi scrive “prosciutto”? 

Comunque la si pensi, come si potrebbe, davanti a notizie simili, NON far partire un bel vaffanculo? 
Da estendere a quei mocciosi imbecilli col cervello rattrappito, a quei beceri intolleranti bulletti, scarsocefali e somari, (i nuovi bacchettoni, i nuovi ottusi conformisti) che in certe università americane allo sbando pretendono di uccidere capolavori della Letteratura applicandovi il loro (fascistissimo!) bollino rosso-brufolo, e che di continuo chiedono (e spesso ottengono) l’allontanamento dei professori più intelligenti e meno pecoroni.
Concessioni e restrizioni sul Linguaggio? Ma il Linguaggio è tutto! Il Linguaggio è DNA delle menti e delle anime! Abolire per legge anche una sola Parola è come decidere dall’oggi al domani che è proibito avere il gruppo sanguigno A positivo, perché ritenuto peccaminoso da qualche antica mitologia. 
Sappiamo tutti che nel mondo esistono bulli criminali capaci di accoltellare a morte una persona per colpa (col pretesto) DI UNO SGUARDO di troppo. Ma questo non significa, non significherà mai, che uno sguardo possa essere così “offensivo” da giustificare il coltello. Ecco, l’imbecillità politically correct è simile a quella di chi dicesse che bisogna proibire per legge di guardare la gente negli occhi, onde evitare che qualcuno si offenda e metta mano al coltello.
Se intelligenza e libertà d’espressione muoiono ovunque per opposte ma convergenti concezioni di censura (qui aggressivo-religioide, là cagasotto-politicoide) personalmente non me ne fregherà un fico secco di chi vincerà la guerra per dominare il mondo: perché sarà comunque un misero squallido mondiciattolo immeritevole di essere abitato da spiriti liberi e persone autopensanti.

Segnalo, per concludere, uno dei libri più intelligenti mai scritti in favore della Libertà d’Espressione: un saggio che sa riservare eguali, portentose pernacchie sia all’idiozia politicamente corretta sia all’opposta (ma intellettualmente uguale) imbecillità censoria dei bigotti nonpensanti: “La cultura del piagnisteo”, di Robert Hughes. È del 1993 (’94 l’edizione italiana), ma è più attuale che mai. Urgentissimamente attuale.





lunedì 30 novembre 2015

Credo in un solo zio Pasquale (Quando si mangia non si canta)


QUESTIONI DI MUSCHIO


Approfondendo le notizie, date come al solito in modo imperdonabilmente superficiale, salta fuori che questo Marco Parma è un ottimo Preside, onesto e intelligente, che non ha vietato nessuna festa e si è limitato a dire “no” all’idea balzana di un paio di mamme di penetrare nella scuola in orario mensa per “insegnare canti religiosi”. 
Ora si scopre che Parma è difeso a spada tratta persino da madri cattoliche praticanti, abbastanza illuminate da sostenere che il luogo per intonare i canti religiosi è la chiesa e non la scuola. (E che magari nell’orario mensa i bambini vorrebbero mangiare, e non farsi insegnare Tu scendi dalle stelle da due solerti sconosciute, anche perché “mensa” e “messa”, pur essendo parole molto somiglianti, vogliono dire due cose abbastanza diverse).
E allora perché tutta questa orrenda strumentalizzazione bigotto-politicoide, che vede la scuola presa sciacallescamente d’assalto, i bambini inutilmente stressati e traumatizzati, il Preside linciato e fatto a pezzi da CHIUNQUE, compresi i 5 Stelle di cui faceva parte e che hanno perso l’occasione della bella figura che gli avrebbe fatto fare un prudente Silenzio, invece di mettersi pure loro a latrare su “valori” e “tradizioni”? [Tradizioni fra l’altro importate dal Medio Oriente una manciatina di secoli fa, cosa di cui nessun fanatico presepista è in grado di cogliere l’ironia… per tacer del fatto che codeste “tradizioni” vengono fatte risalire a uno che disprezzava le tradizioni, e voleva mettere i figli contro i padri.]
Probabilmente perché già si sapeva che la sua è una scuola laica senza crocifissi sui muri (fra l’altro nemmeno “tolti” da lui: non c’erano già prima!), e quindi prima o poi bisognava fargliela pagare…

Che poi, non so come funzioni oggi, ma a noi, da piccoli, con la religione ci devastavano la psiche. 
Invece di provare ammirazione per l’autonomia di pensiero di mio padre, mi ero lasciato convincere che l’essere ateo facesse di lui un “empio” (come quelli che nei film horror-biblici venivano giustiziati a pietrate in faccia), una persona cattiva, o comunque cieca e stupida, che rifiutava in modo stolto e ottuso le sicure delizie della “salvezza” eterna. E di dover pregare per lui per “redimerlo”, per "convertirlo" e convincerlo ad andare a messa.
Non solo credevo all’inferno, ma credevo fosse facilissimo andarci. 
Quel bambino sciagurato che avevo sentito intonare “Tu scendi dalle scale, o zio Pasquale” era sicuramente già condannato, spacciato, perduto, e allora io, povero cervellino vigliaccamente manipolato, mi mantenevo a prudente distanza da lui e dalla sua meritata rovina.


giovedì 26 novembre 2015

Martin Amis - CANE GIALLO

Voto: 9-
(Traduzione di Massimo Bocchiola)

Martin Amis è uno dei pochissimi autori, forse l’unico fra i contemporanei, in grado di mandarmi piacevolmente in crisi, nel senso che a volte la sua scrittura mi spinge a chiedermi: sarò mai bravo così
Ne sono talmente deliziato, esilarato e confortato come lettore che diventa inevitabile farmi venire dei (momentanei) dubbi come scrittore. 
Cane giallo non è il suo miglior romanzo, ma è un libro estremo, un libro che non dovremmo farci mancare proprio per il suo coraggio di scandagliare gli abissi dell’animo umano, spingendosi negli anfratti delle pulsioni inconfessabili e dei più rimossi tabù. Lo fa partendo dalla storia di Xan Meo, marito ideale e padre amorevole, cui un violento trauma cranico regala disturbi della personalità, l’idea fissa del sesso e la perdita di ogni inibizione.
Ma bando alle ciance e assaggiamo qualche brano, qualche smozzico (tutti volutamente "fuoritema" rispetto alla trama principale, perché i grandi Romanzi sono poliedrici, non sono storielle-segmentino che vanno da A fino a B senza mai fare deviazioni):

Xan Meo era sulla via di capire che, dopo un po’, il matrimonio diventa un rapporto fraterno – costellato da occasionali, e alquanto incresciosi, episodi di incesto.

Negli anni verdi Nigel era stato un tantino piccante, ma adesso era regolare, uno stronzo come tutti gli altri.

- … Cristo, cos’è, il telefono?
- È il frigo.
- Il frigo?
- È nuovo. Non te n’eri accorto? Se lasci lo sportello aperto, suona. Tu hai lasciato lo sportello aperto. 
- Fanculo! – gridò lui al frigorifero. – Però, chissà. Sarò stato il primo uomo sulla terra a dire al frigo di andare affanculo?

Alla fine la chiamavano Debbie Didietro. Che è strano, come nome. Non ho mai capito da dove veniva il «Debbie».

Io in gabbia non mi ci sono mai dato tanto, alla lettura. Son cose che non ci credo. Dicono di soggetti che mentre stanno dentro pigliano lauree di Oxford. A me non mi è mai venuta gola, perché appena cominciano a leggere diventano tutti religiosi. Mattoidi che han tagliato a pezzettini famiglie di sei persone vanno in giro con le mani giunte dietro alla schiena. Che pregano, e compagnia. Non mi è venuta gola. Quando vedevo un farabutto con la Bibbia, quello era lì per prendersi una lezione. Io lo so cos’è perdere la libertà, cos’è la segregazione, ma i miei pensieri sono solo i miei. Come i gemelli Kray, dal loro libro: «I fiori sono Dio che ci sorride». E se questo non vi manda dritto al cesso, non so cosa vi serve per andarci.

‘Somma, noi non eravamo proprio dei cittadini modello, ma Tony Eist… beh, lui non era normale. Ai tempi era arrivato a commettere reati perfino come alibi. Cioè, diceva: «Mai stato in quella storia della Brink Mats. Ero occupato a dargliele a quel bastardo di culattone argentino». Oppure: «Come facevo a trovarmi dal gioielliere di Waterloo? Ero su all’Ovest, per un’estorsione».

Avrebbe voluto aggiungere qualcosa sul suo amore per l’Inghilterra. Ma l’essenza di ciò che veramente gli mancava del paese era vegliare al freddo, e sentirsi la ruggine nelle ossa iliache, tutto teso e in sella a una leggera voglia di cacare.

- Non è brutto, come posto, - disse John Senzacasa, - Puoi aiutare la gente con le macchine. Dire «Ohilà, socio. Ti sei preso la multa. Ho cercato di fermarla, ma la troia te l’ha data lo stesso».
- E l’aiuto, quale sarebbe? – chiese And.
- Beh, che li prepari. Gli dai l’avviso.

Un Romanzo sconsigliatissimo a chi si scandalizza troppo facilmente, a chi arriccia il naso davanti alle cosiddette parolacce, e a chi preferisce letture mosce e rassicuranti, convenzionali, all’insegna del già visto, già letto, già sbadigliato.
Siete ancora qui? Vi credevo già in libreria. 
Non fatemi incazzare.
Parola di Scriba.


lunedì 23 novembre 2015

Eresia flash - STEPCIPPA DI MJNKYA


Capisco che la parola “figliastro” suoni bruttina assai, ma quanto ristretto bisogna avere il cervello per usare nel dibattito italiano l’ancor più brutta parola angloide “stepchild”? 
Non sarà per non far capire agli ignoranti più bigotti (o ai bigotti più ignoranti) di cosa si tratta, per far sì che si dicano contrari alla “stepchild adoption” senza sapere di cosa cacchio si stia parlando, facendogli immaginare chissà quali turpi e terrificanti depravazioni? Perché altrimenti appare abbastanza OVVIUCCIO che se un genitore separato con figli contrae un altro matrimonio, omo o etero che sia, il nuovo coniuge possa diventare “patrigno” o “matrigna” (altre parole che suonano assai male, ma queste abbiamo!) di costoro (con le responsabilità che ne conseguono).

In realtà non c’è nulla di cui stupirsi: stiamo parlando dello stentato, ostacolato e penoso iter di una leggiucchia italiota (sollecitata dall’Europa e vista come fuoco negli occhi dalla vescovaglia) che non potrà che nascere zoppa: un’apparente apertura a nuovi diritti civili in linea con l’Occidente Civile, ma autosabotata da emeRdamenti a metà fra una viscida tolleranza obtorto collo e rassicuranti paletti di apartheid sessuale Anni Cinquanta. Naturalmente, spero di sbagliarmi. Ma temo che farei prima a sperare di NON essere italiano…



giovedì 19 novembre 2015

"Mi meraviglierei se tu ci riuscissi".

SEPOLCRI IMBIANCATI

Chissà perché quasi tutti commettono l’errore di considerare “Imagine” la canzone dell’ingenuità pacifista. Quando invece è una delle canzoni più DURE e disperate che siano mai state scritte. (Lo si capirebbe già dall’intonazione struggente, quasi da nenia funebre, per non parlare dell’amara ironia di quel “mi meraviglierei se tu ci riuscissi”: le nostre menti sono condizionate con violenza fin da quando eravamo troppo piccoli, spesso in modo irrimediabile. )
“Imagine” ha l’incredibile coraggio di sputare in faccia alle patrie, alle religioni, alla bramosia di possesso, all’avidità di potere.
John Lennon aveva ben chiare quali fossero le facce del Male, e qui le chiama TUTTE per nome.
Dove per “religione” non si intende il sentimento mistico e spirituale, né quel sogno di purezza, bontà e trascendenza che ognuno dev’essere libero, se lo vuole, di coltivare nel suo intimo.
Si intendono le brutture delle teocrazie e delle religioni maschiliste istituzionalizzate.
Che guarda caso vanno a braccetto con le “patrie” (“La religione è l’ODIO fra i popoli, magari fosse l’oppio!”, diceva un mio personaggio) con la “ricchezza” (vedi scandali vaticani) e col “potere” (vedi sottomissione delle donne, indottrinamento dei bambini, benedizione dei cannoni, facile proselitismo fra i poveri e gli affamati – io darò cibo ai tuoi figli, ma tu inginocchiati e prega) nonché con la censura delle arti e la negazione della libertà individuale.
E comunque, anche se fosse una canzone ingenua, sapete che vi dico? Che fra un misero, istantaneo, brevissimo  secolo voi ed io saremo comunque tutti POLVERE. E a quel punto preferirei mille e mille volte esser riuscito a lasciare di me un ricordo anche lontanamente simile a quello di un John Lennon, che non a quello di un terrorista, o di un guerrafondaio che prospera su armamenti e bombardamenti di civili. (Il terrorista e il guerrafondaio: due facce della stessa meRdaglia.)
Mi direte che John Lennon è stato ucciso a quarant’anni. Già, ma chi è rimasto VIVO e fecondo nei cuori di milioni di persone? Lui o il tristo mentecatto con la pistola?



sabato 14 novembre 2015

senza titolo e senza commenti



Non ho detto nulla su Fb, perché di là sono troppo imbranato per fare la cosa che faccio qui: riuscire a chiudere i commenti. Perdonatemi per questa decisione, che non è contro nessuno di voi in particolare, ma mi spaventa TUTTO quello che chiunque, me compreso, potrebbe dire in un momento simile. Non ho bisogno né degli sfoghi di rabbia degli uni né delle equilibrate analisi sociopolitiche (e magari antioccidentali) degli altri. 



Da bravo eremita ho saputo soltanto a mattina molto inoltrata, e sono stato a lungo in ansia per la ritardata risposta alla mia mail da parte di tre splendidi amici, tre delle persone a cui voglio più bene, che vivono a Parigi per motivi di lavoro, così come resto in ansia per l’amico blogger Xavi.
La cosa più tremenda da accettare è che sono angosciato e affranto, e pure sconvolto, ma non sono per niente stupito. Le parole definitive sull’umanità le pronunciò in un’intervista, guarda caso in Francese, il grande Eugène Ionesco: 
“ELLE ME FAIT HORREUR!”


mercoledì 11 novembre 2015

Corradino segnala per voi: un'altra bellissima recensione di CHIUDI GLI OCCHI E GUARDA



Oggi, su quel bellissimo blog di "letteratura & fumetti" che è NERDELITE, è comparsa una splendida recensione del mio ultimo romanzo, firmata Giovanni Marchese. Chi ne fosse incuriosito, può arrivarci per direttissima CLICCANDO QUI.


mercoledì 4 novembre 2015

PATERNALISTIC PATHETICAL CONTROL

Proteggete i vostri figli da talent, reality, TG, talk show,
pubblicità, deejay raglianti, motoGP, concorsi di miss, giochini splatter…
E lasciate che si sparino due sane pippe quando ne hanno voglia!

Ti scandalizzavi per Siffredi che pubblicizzava hotclub? A me dà molto più fastidio il promo di simonaventura su Il contadino cerca fi… ehm… cerca moglie. Che vuoi che ti dica, trovo che il porno al confronto sia più sano, onesto e intelligente, e che inferiorizzi di meno la mente di chi lo guarda. 
(Semmai ha un gusto retrò che fa ormai tenerezza: guardi Rocco e pensi all’estinzione dei dinosauri…)
Ma mentre il secondo ha continuato a imperversare in lungo e in largo, permettendosi di andare a lordare con un fastidioso quadrato fucsia persino i più bei documentari sulla natura, il primo l’ho intravisto soltanto una volta.
Dev’essere poi intervenuta qualche solerte associazione di genitorelli, magari gli stessi che poi permettono ai figli (che per le pippe hanno notoriamente youporn) di farsi lessare il cervello dall’offensiva banalità di talent e reality.

lunedì 2 novembre 2015

WE DON'T NEED ANOTHER HERO!

Uno dei mille segni della deriva intellettiva, del collasso mentale che caratterizza questi nostri oscuri tempi: si considera un Eroe, e lo si premia e loda e decora (alla memoria), un poveraccio fattosi ammazzare per aver lottato coi rapinatori di un supermercato nel tentativo di sventarne la rapina. E non era una guardia giurata: era un cliente che se n’era già andato ed è tornato indietro per saltare addosso a uno dei delinquenti, facendosi sparare dall’altro. Essendo la vittima pure un immigrato (ucraino) la melassa si spreca, coi giornalistozzi ad accusare chi “non ha fatto nulla per aiutarlo” (Perché loro, invece, cosa avrebbero fatto, loro sempre lì a sciorinare moralistica ipocrisia a cose fatte, a giudicare riprovevole chi “non ha mosso un dito”?) Aiutarlo a fare che, di grazia? Nella disperata follia di affrontare rapinatori armati, col rischio che partissero dei colpi e accoppassero dei bambini? E per cosa? Per salvare l’incasso di un supermercato probabilmente assicurato? Farsi sparare (e mettere a repentaglio decine di vite altrui!) per fare un favore alle assicurazioni? Ma dov’è finito il buonsenso, quello che in simili casi dovrebbe imporre di starsene ben fermi e zitti, che semmai intervenire spetta alla polizia (ma pure lei in quei frangenti è meglio se non arriva, proprio per il rischio di proiettili vaganti in mezzo a troppa gente)? Chi glielo spiega, a questi buoni e onesti immigrati, che non abbiamo nessunissimo bisogno di “Eroi”? Chi glielo insegna, il buonsenso della convivenza civile in caso di emergenze incivili, visto che siamo arrivati a un punto in cui i comportamenti pericolosi vengono encomiati dalle istituzioni e lodati da giornalisti che si nutrono di non pensati luoghi comuni a colazione, pranzo e cena? Sono rimasti solo i blog umoristico-letterari a dire cose serie in questo paese?

Ma allora, mi direte voi, disco verde ai violenti e alle rapine? Ovvio (ovvio?) che il problema va affrontato alla radice: facendo marcire in galera questi che sono quasi sempre “noti pregiudicati”. Meno amnistie, meno libere uscite, meno aberrante buonismo ideologico, meno domiciliari, e meno sciagurate medaglie agli “Eroi”, care le mie istituzioni senza bussola.



domenica 25 ottobre 2015

SIAMO BUCH-MESSI MALUCCIO



Si è parlato poco o nulla, nelle nostre lande codin-bigotte, della Buchmesse di Francoforte dedicata quest’anno al supremo e pericolante Valore della Libertà di Pensiero e d’Espressione. 
La Fiera, avendo invitato Salman Rushdie a tenere il discorso d’apertura, è stata boicottata dall’Iran (che è un po’ come se l’Honduras boicottasse i mondiali di slittino: con tutto il rispetto, dell’assenza dei libercoli autorizzati da quel teocratico regime non si saranno accorti neppure i teutonici moscerinen.)
Si sa che gli italioti, che alla LORO prossima Fiera volevano invitare come ospite d’onore (!) l’Arabia Saudita (dove le Libere Menti vengono massacrate con la frusta, ma solo di tanto in tanto, e mai mentre si lavano i denti) si distinguono spesso per l’attitudine a blandire i beduini accoppadissidenti, o i fascisti russi omofobi, o i cinesini ammazzatibet, per farci affari e denari che incrementino la krescita (non certo quella dei cervelli, per i quali la parola chiave italica continua a essere non crescita ma FUGA…) 

O forse il vero motivo del poco parlarne è stato che quest’anno a Francoforte la nostra “grande editoria” (ultime strepitose uscite: Power Romina, Dandini Serena, Veltroni Walter, Venier Mara)  è stata giustamente e pesantemente declassata, in favore di Paesi che agli Scrittori (e ai Lettori!) vogliono più bene? (Non che ci voglia molto, a volergli più bene che da noi…)

Diciamolo: il nostro attuale lignaggio ci rende a malapena degni della Fiera del Mandolino… (come non pensare agli italiani-chitarra-mandolino di fantozziana memoria, davanti a una glande editoRAGLIA che sforna quotidianamente “romanzi” made in television/cinecittà, o quando vedi che alla cosiddetta “BOOK city” gli ospiti principali sono un politico, un regista, un cantante, una politichessa, n’artro regggista, un sèndeco, giornalisti vari, n’artro cantante, un ex politico-regggista-giornalista-pitùr, il cocker del regista – e opss, che strano, pure tre o quattro scrittori (!), cazzo ci fanno costì, li avranno invitati per sbaglio?)

L’unica cosa su cui non concordo con Rushdie è quando paventa l’avvento del bollino rosso (non in senso pornografico, ma in senso politically-laccaculistico: lo si applicherebbe a Hitchens, non alle 50 flatulenze vaginali) per i libri. Il bollino rosso avrebbe un tale APPEAL che fra i migliori scrittori si scatenerebbe una corsa per ottenerlo. Perché terrebbe lontani i lettori dalla mente ristretta, e attirerebbe, con più efficacia di una pubblicità luminescente, quelli curiosi e intelligenti.
Nel film di Mario Martone su Leopardi, il povero tenero Giacomo provoca sconcerto nella bigotta famiglia filopretonzola, solo perché nel tradurre a braccio Omero fa uso (con esattezza!) della parola “ombelico”. Per certi cavrones, sarebbe a tuttoggi da bollino rosso persino quella.


mercoledì 21 ottobre 2015

L’AMORE AI TEMPI DELL’APOCALISSE disponibile da oggi!



Oggi vede finalmente la luce questa bella, sfiziosa antologia curata dal grande Paolo Zardi, che contiene il mio sconvolgente racconto “Le scimmie che c’erano prima”, vietatissimo ai minori.
Ma qui vi propongo l’incipit, che invece – per fortuna o purtroppo – è da bollino verde.

Mio padre, lo scrittore fallito, sosteneva che Dissipatio H.G. di Guido Morselli – un uomo si ritrova solo sulla Terra, tutti gli altri semplicemente svaniti – non fosse un incubo, ma un sogno. A margine di una pagina di quel postumo romanzo d’autore suicida, aveva scritto a matita una delle sue battute che non facevano ridere nessuno, tranne qualche volta me: “Ci vulesse un po’ Calisse pecchè lu manità calasse”.
E adesso “Calisse” è venuto, e ha esagerato, se n’è portati via un po’ troppi. Se li è portati via tutti tranne uno, ma l’ultimo sopravvissuto non è colui che lo sognava: è il suo figlio sedicenne, sono io, che di quel sogno avrei fatto volentieri a meno.




venerdì 9 ottobre 2015

Supplementi d'Eresia



1
Non esiste parola più illogica e obsoleta di “ateo”. Cosa significa quella “a” privativa? Come ci si può deprivare di un essere inconoscibile? E se io l’eventuale dio lo Lasciassi Essere come lui lascia essere me, senza bisogno di INVENTARMI che Lui mi ha detto di non toccarmi il pisello, di non mangiare pistacchi il giovedì, di non nominare il “suo” nome (appioppatogli da qualche arcaico bipede invasato), di non amare ragazzi mancini che succhiano crostacei, o che mi ha ordinato di offrirgli in sacrificio agnelli carbonizzati, criceti strozzati o lucertole spiaccicate, o di ripetergli in ginocchio venti volte al giorno quant’è bravissimo e bellissimo e perfettissimo?
“Ateo” è l’arrogante e patetica offesa che il credulo rivolge al Dubbioso (che incredibilmente ci sta!) credendosi superiore a lui, e senza mai dubitare che forse così non è.
Ma non si può spacciare per sensibilità mistica l’essere conformisticamente sottomessi a un Apparato umano che più umano non si può! 
Dopo l’ultimo sinodo, in cui in pieno 2015 si sono riuniti a discutere di “amore” e di “famiglia” 270 Maschi Decrepiti (nonché celibi e teoricamente, molto teoricamente, casti), almeno le Donne, mon dieu, dovrebbero cominciare ad aprire gli occhi.

2
La consolazione (amara, ma pur sempre consolazione) è che il mondo civile cambia molto più velocemente, rispetto al guano fossile in cui siamo incagliati noi. Il governatore (cattolico!!!!) della California ha finalmente firmato una legge in favore dell’Eutanasia. E il 40% degli studenti inglesi fra i 18 e i 25 anni si dichiara “gender fluid”, cioè NON MONOSESSUALE. Dalle nostre parti, dettano ancora legge i talebani paleopitechi del “si è sempre fatto così”. Quando essi saranno diventati un lontano ricordo stratificato nelle rocce, e archiviato sotto la voce “comicità grottesca”, spero solo che qualcuno rammenti che anche in lobotom-italy c’era chi si dissociava, e teneva il cervello acceso.
Mi avete sbattuto acqua fredda in faccia quand’ero un neonato, facendomi rischiare la polmonite per un rituale stregonesco? Chiedetemi scusa, invece di impormi ancora leggi basate su mitologia e superstizione. E sulla vostra fottuta fifa di morire.

3
Un normalozzo che ritiene di dover scendere a latrare in piazza con la bava alla bocca contro un’ipotesi di Legge sulle Unioni Civili (mostrando cioè null’altro che bullesca prepotenza e arroganza fanatica nei confronti di una cosa che non toccherebbe la SUA vita e le SUE scelte!) non è semplicemente qualcuno che non ha ragione: è qualcuno che non ha scusanti. (E meno di lui chi ne aizza e ne manovra la pecoronaggine).
Nella migliore delle ipotesi, dovrebbe vergognarsi.



domenica 4 ottobre 2015

Eresia Flash: NON amatevi l'un l'altro





Il problema, l’errore del teologo polacco non è, ovviamente, l’essere gay, ma l’aderire a un sistema di pensiero (la religione istituzionalizzata) inevitabilmente arcaico, sessista e omofobo. Nella migliore delle ipotesi ha compiuto una scelta (il sacerdozio e il voto di CASTITÀ) che l’ha costretto a vivere una vita da IPOCRITA. Polemizzare perché la kiesa ti sbatte fuori dopo aver detto che sei gay è come stupirsi perché vieni espulso dal partito nazista dopo aver rivelato che sei ebreo. E svegliarsi prima?

p.s.
A proposito di ipocrisia, e di uso distorto delle Parole, leggo che il simpatico ruinI, nel parlar (male) delle Unioni Civili, dopo aver detto che in Francesco rivede papa Giovanni ha precisato che lui però condivide «la SENSIBILITÀ di Wojtila e Ratzinger».
Ma perché devi dire "SENSIBILITÀ" se quello che intendi è "OMOFOBIA"??!!



venerdì 25 settembre 2015

In arrivo per voi: L’AMORE AI TEMPI DELL’APOCALISSE



Per chi fra un romanzo e l’altro fosse in astinenza di me, segnalo la presenza di un mio racconto – sconvolgente, politicamente scorretto e vietatissimo ai minori – intitolato “Le scimmie che c’erano prima”, in questa bellissima antologia curata da Paolo Zardi per le edizioni Galaad.
(E per chi fosse zardiano come me, sono lieto di annunciare che c’è anche un SUO racconto, insieme a molti altri che – ne sono sicuro – vi piaceranno, vi sorprenderanno, vi faranno paura).


sabato 19 settembre 2015

Donald Ray Pollock - LE STRADE DEL MALE

voto:

Se avete al tempo stesso palato fino, cervello grande e stomaco forte, allora non potete perdervi questo romanzo geniale e tremendo.  Dicono che l’autore, Donald Ray Pollock, abbia lasciato la scuola a diciassette anni per andare a lavorare in un macello, e ne abbia poi passati altri trentadue come operaio in una cartiera, prima di decidersi a scrivere. Ma il Dono è il Dono, signori miei (anche se qui da noi, nella patria del pezzodicarta e degli spocchiosetti sempre in cattedra, si fa fatica a capire che “autodidatta” e “somaro” non sono sinonimi, bensì CONTRARI), e mi pare di vederli, gli Dèi della Scrittura, apparirgli in sogno ogni notte per pungolarlo: «Allora, ti decidi o no, ragazzo? Tu sulla carta devi SCRIVERCI, o ti ridurremo in cartapesta a forza di fulmini!» Davvero un romanzo strepitoso, per chi ama le storie sconvolgenti e perverse. A patto che siano, appunto, scritte da dio. O da gente come Donald, che ha avuto il Dono.

Donald Ray Pollock


Peccato solo per l’imperdonabile sciatteria dell’edizione italiana: vari piccoli refusi qua e là, e uno sbragamento finale (il correttore di bozze non c’era e se c’era dormiva?) davvero inaccettabile, quando fai pagare un libro sedici euro e cinquanta: a pagina 223 ci becchiamo addirittura un “«Fra quanto?» chiese Sandy chiesto.” E la pagina dopo leggiamo: “All’improvviso, una sensazione a cui non avrebbe saputo dare un nome improvvisamente gli si ritorse…” Se se ne accorge Donald…

Non sono mai stato esageratamente filoamericano, ma come lettore, quando posso godermi dei Romanzi così, non posso non dire Grazie America! Da noi outsider di genio come Pollock non possono passare, non possono sbocciare. Da loro sì.
(La penosa situazione della Narrativa italiana ha due spiegazioni. Un colpo di stato lento e silenzioso che ha portato a mettere i secchioncelli al posto degli artisti. E il diffondersi di un cancro che potremmo chiamare Feticismo del Brutto. Ma forse la seconda è solo inevitabile conseguenza della prima. Ci vorrebbe una riscossa degli artisti, che però per loro natura sono eremiti e pigri, e non amano brigare, intrallazzare, lobbeggiare. La gramigna trionfa, e i fiori se la sono presa nel culo. Ma forse dovreste essere voi che amate i fiori, a darvi una mossa, invece di andare dal fiorista a comprare gramigna, per poi lamentarvi timidamente perché vi ha deluso, ma insomma, bisognava proprio comprarla perché era di moda e ne parlavano tanto bene sui giornali, e i fiori erano troppo difficili da trovare…)
Chiedo scusa se ho divagato.
Per farmi perdonare, aggiungo al volo qui sotto l’altro libro di Pollock, i racconti con cui ha esordito. Meritano assai pure quelli, ma il Romanzo è migliore.



Non fatemi incazzare.
Parola di Scriba.



venerdì 11 settembre 2015

L'Inno alla Noia dei Balanzoni italioti

Un adesivo dei tempi della naja
(ma vale anche per i Templi della Noia)


A volte il mondo sembra divertirsi a confermare i miei pregiudizi, trasformandoli così in più solidi POSTgiudizi.
Pensando che potessero interessarmi, il mio gatto mi aveva fatto trovare sulla scrivania, alla fine dell’estate, dei ritagli. Facevano parte di un dibattito fra editori e intellettuali sullo stato dell’editoria, anzi sullo sfacelo dell’editoria, e su eventuali proposte per il futuro, ammesso che ne esista uno.
Due in particolare mi hanno colpito, per il modo opposto di affrontare il problema. Si trattava degli interventi di due editori, uno italiano e uno tedesco. Non dico i nomi, non tanto per misericordia nei confronti dell’italico, ma perché mai come in questo caso mi sembrano Esemplari le nazionalità (un po’ come in quelle vecchie barzellette: “Ci sono un italiano, un francese e un tedesco…”)
Guarda caso, il tedesco ha detto cose chiare, semplici, intelligenti, schiette, dirette, quasi ingenue ma coraggiose, taglienti e molto scomode. Ha accusato la grande editoria (mondiale) di comportarsi non solo da mercante nel tempio dell’arte, ma anche di farlo con una sorta di irresponsabile bullismo: inondare il globo di libri orrendi è ormai per questa gente una sorta di dimostrazione di forza e prepotenza, di arroganza muscolare. E ha aggiunto che la sola (minuscola ed evanescente) speranza risiede nella capacità dei piccoli editori di continuare a lavorare come si deve, con passione e coraggio, per scoprire i nuovi Talenti, sperando che poi quegli altri marpioni non glieli portino subito via per rovinarli. 
E l’intervento dell’italiano? Pomposo e pretenzioso, e sfuggente sul vero nocciolo della questione, il nostro connazionale si è messo a sproloquiare su muffa e aria fritta, a vaneggiare su parole come “Accademia” con la A maiuscola e “Valori” con la V maiuscola. Per poi concludere il suo intervento con questa minaccia: che dovrà essere d’ora in poi Missione della grande editoria italiota DECIDERE quali autori e quali libri saranno degni di durare nel tempo (Oddio, SPERIAMO PROPRIO DI NO, viste le carriolate di insulso letame con cui molti di loro riempiono le nostre povere librerie!!!!)
Da tempo denuncio l’abbandono, in italiA, di quella preziosa (e libidinosa!) via di mezzo che si chiama Narrativa Pura e di Qualità, la rinuncia a proporre letteratura nuova, originale, tragicomica, autopensante, brillante, intelligente, benscritta, energica e onesta (e ovviamente NON insudiciata con menate politicoidi malcagate). I nostri grandi editori, delle due l’una: quando si mettono il grembiule da pescivendoli per fare incasso buttano sul mercato qualsiasi puzzolente fetecchia per lettori deboli, manipolabili o superficiali. Ma quando poi si fanno una doccia con l’idrante acido e indossano le vesti da cattedratici ottocenteschi, fanno pure di peggio: perché allora è noia, noia, noia. E la giornaleria, forse a causa di irrisolti problemi di conflitto d’interessi (e di mediocrità, diciamolo), gli va dietro incollata alle chiappe come un ciclista succhiaruote.
Chiediamoci perché, su certe infeltrite pagine cul-turali (a parte quando vi si pompano appunto le amichette degli amichetti, o i Jo Nespolo del momento, per questioni di vil bottega) gli autori più recenti di cui ci si occupa (nel modo più tedioso e melenso possibile) siano Proust e Tolstoj (o peggio ancora studiosi di costoro), per non parlare di chi ancora si schiaccia i brufoli sul povero Dante (che chissà DOVE li manderebbe – io un’idea ce l’ho) o sforforeggia sull’esegesi biblica: forse perché per certi sopravvalutati balanzoni (sempre pronti a mandare dietro la lavagna i Bukowski, i Fante, gli Hilsenrath, i Pollock, i Donleavy, liquidando con smorfie sprezzanti questa gente geniale che usa anche le “parolacce” – non si è ancora capito se alle mezzeseghe balanzonesche diano più fastidio la genialità o i parulàsh, due cose davvero deplorevoli e peccaminose!) per questi balanzoni, dicevo, si tratta di incassare lo stipendio sciorinando premasticata secchiaggine, mentre nessuno schiavetto ha ancora avuto il tempo di fare per loro quel lavoro scolastico all’ingrosso che li metta poi in grado di ruminar minchiate petobiografiche, barbose e pedanti, su Mario Vargas Llosa, su Paul Auster, su Martin Amis, su Mordecai Richler, su Romain Gary o su Philip Roth – e forse è meglio così, o ce li farebbero ODIARE! 
Per non parlare degli scrittori di cui non si occupa mai nessuno. Perché esporsi a proporre qualche sconosciuto (che non sia parente o amante o collega), se richiede il temerario coraggio di parlarne PER PRIMI? Per fare queste cose ci voleva gente vera, con le palle, come la mai abbastanza rimpianta Fernanda Pivano. 
Bello allora essere uno sconosciuto outsider, uno straniero in patriA. Non fare parte del vostro campionario, viscidi sudaticci mercanti o muffoidi accademici che siate, è una ben robusta, e piacevole, consolazione. Meravigliosa, direi. E però smettetela di frignare se i ragazzi non leggono, perché la colpa è soprattutto vostra, e delle palate di squame di pelle di vecchio (ma spesso si tratta di vecchi trentenni!) che gli gettate sul faccino. 
AD MALORA, balanzoni caganoia!

N.B. Naturalmente, per “muffa” qui non si intendono i Classici, ma il vuoto chiacchiericcio accademico-sclerotico su di essi. I Classici, così come i Contemporanei di talento, bisogna LEGGERLI, e non sbausciarci sopra.


martedì 1 settembre 2015

SIGNORA CON MAGLIA A STRISCE

Il particolare ingrandito per la lapide

Qui non vengo a trovarti quasi mai. Non sono un amante di questi posti, e tu lo sai. Già mi mette stupidamente a disagio il sapere che se qualcuno mi vedesse NON compiere certi gesti meccanici tradizionali nell’entrare e nell’uscire mi sentirei addosso il peso di una riprovazione conformista e piccina. Sai che ripeto sempre che in realtà tu vivi ancora in me, dentro il mio cuore, anche se a volte, a furia di ripeterlo, mi suona come una scusa per la mia pigrizia, per il non venire in un posto così vicino da poterlo intravedere dalla finestra della cucina. Eppure, le poche volte in cui vengo al cospetto delle tue ceneri, non posso non rallegrarmi per il folto e quieto giardino che hai davanti in questa tua dimora, per quanto per me soltanto simbolica (eppure non fu così fin da subito: quanti lumini ti ho portato, ricordi? Ma sappiamo entrambi che quei passi dolenti e quelle flebili fiamme servivano come cura per me, per asciugare le lacrime: a te affumicavano solo la piccola lapide…) Non posso non rallegrarmi per il canto degli uccellini che sembrano poterti fare davvero compagnia. E non posso evitare di chiederti scusa per le mie lunghe assenze. Ma la cosa bella, veramente bella, che mi fa venire qui, che continuerà a farmici venire, che dovrebbe farmici venire di più, è questo tuo radioso sorriso di bambina. Come sono contento di aver fatto questa scelta per il tuo ultimo ritratto, di averlo voluto ricavare dal particolare ingrandito di una foto felice scattata al Mare, sulla spiaggia della nostra Pinarella. Era uno di quei giorni in cui ci si va vestiti perché c’è stata la pioggia, e fa freschino. E tu sei in posa a braccetto con la tua cara amica Roberta.
(Mamma mia che stretta al cuore riprendere adesso la foto per fare la scansione, e trovarci sul retro l’appunto del signore delle lapidi: “SIGNORA CON MAGLIA A STRISCE, ½ BUSTO, 7x9 OVALE COLORI”, e ripensare a come potevo sentirmi in quei momenti.)
Il brivido più meraviglioso, più tenero, più commovente, più magico, mi è dato dal fatto che tu in questa immagine non stai semplicemente sorridendo a qualcuno. Perché quella foto l’avevo scattata io, dietro la mia Fujica c’ero io. E così quando io vengo qui, e ti saluto, e ti chiedo scusa, e sussurro una parolaccetta per le zanzare, e ti racconto qualcosa di me, e non dico preghiere, e bacio la punta delle mie dita con cui poi sfioro le guance del tuo viso, e ti dico Ciao senza mettermi a piangere, e prima di andarmene guardo ancora il tuo sorriso, so che tu stai davvero sorridendo A ME.

La fotografia originale


venerdì 28 agosto 2015

Paolo Zardi a FAHRENHEIT!



Per chi è curioso delle cose belle, per chi magari sarà chiuso in macchina e vorrà passare qualche minuto diverso e intelligente, invece di ascoltare la solita merda che raglia, oggi, dalle ore 17 in poi, lo Scrittore Paolo Zardi sarà ospite di Fahreinheit, “i libri e le idee”, su Radiotre. 
Anche in streaming sul vostro pc.
E dal 1 settembre, chi lo vorrà potrà votare il suo Romanzo “XXI SECOLO” come libro del mese sul sito radio3.rai.it
Chi ha orecchie, accenda!
Chi ha cervello, non lo spenga!

p.s. In realtà s'è scoperto che erano le 17.25, poi diventate 17.36: 11 minuti di ritardo per lo strabordare di un'altra noiosa intervista e di una lagnosa lettura, e lui maldestramente stoppato con 2 minuti d'anticipo mentre si accingeva a leggere un brano di Céline... C'est l'italie... Grandissimo Paolo!!!! (Ma io sono disponibile solo per la tv Tedesca...) :D