GIÙ LE ZAMPE DAI DWEM
Miniquiz. Sapete cosa sono Isaac Newton, Albert Einstein, Enrico Fermi, Stephen Hawking agli occhi dei razzistelli alla rovescia del politically stronzett? Null’altro che DWEM (maschi bianchi europei defunti). Ora, se nelle facoltà statunitensi di Fisica si pretendesse, con una smorfia sprezzante, di condannarli, liquidarli e accantonarli in quanto tali, e di studiare esclusivamente teorie enunciate da “femmine nere americane vive”, la cosa apparirebbe a chiunque una paradossale ridicolaggine (il che non significa che quell’ultima categoria non possa annoverare a sua volta nuove menti geniali, intendiamoci). Ebbene, nelle facoltà umanistico-letterarie sta già succedendo qualcosa di molto simile, e non solo nell’aberrante America.
All’università di Manchester c’era una poesia di Kipling (la famosissima “If”) scritta su un muro. È stata cancellata, e sostituita coi versi di un’autrice cosiddetta “di colore” (espressione, questa sì, fra le più brutte e più stupide che siano mai state concepite: quale cazzo di colore? E gli altri cosa sono, trasparenti?). Il motivo? Kipling è accusato dallo studentame iconoclasta e burino di essere stato “colonialista e razzista”. Come se non fosse altrettanto (o anche più) razzista decidere che la nuova poesia debba PROPRIO essere, guarda caso, opera di un’autrice “di colore”… Ma così, ai loro occhi miopi e imbecilli, giustizia è stata fatta. E mai come in questo caso io trovo sublime il fatto che nella mia Lingua “giustizia sommaria” e “giustizia SOMARA” siano espressioni spietatamente contigue…
Forse il Politically Stronzett non è che una delle tante facce di quel triste fenomeno dei nostri tempi che potremmo definire come virulento revanchismo degli zucconi, degli ultimi della classe, dei bocciati, dei somarelli infingardi, dei velleitari semianalfabeti e misalfabeti.
Già, perché studiare (dalla tastiera m’era uscito “stupidiare”) i testi di un manipolo di agguerriti bulletti contemporanei (la cui smania di correggere tutto e tutti potrebbe fargli meritare l’appellativo di “correggioni”, con o senza “s” davanti) in fin dei conti, SARÀ ANCHE MOLTO PIÙ FACILE che sgobbare sui polverosi testi di tutti quegli altri cattivoni imperialisti e patriarcali.
Come quasi tutti sanno (o dovrebbero sapere), per i parametri odierni risulterebbe PROFONDAMENTE razzista persino l’illuminato presidente Abraham Lincoln. E allora cosa facciamo, lo sbattiamo nel girone degli infami criminali dell’umanità equiparandolo a Hitler? Oppure, tanto per fare una cosina davvero nuova e un po’ diversa, proviamo a usare il cervelletto?
Niente è più stupido e sciagurato di un’interpretazione troppo estensiva, permalosa, arrogante, maniacale e totalitaria dell’idea di “Rispetto”.
Certi malati di mente sarebbero capaci di costringerci ad abolire il sostantivo “destrezza” e gli aggettivi “sinistro” e “maldestro” nel nome del “Rispetto” dovuto ai mancini!!
E se uno si chiama Ammazzalorso di cognome? Lo obblighiamo a chiamarsi Rispettalorso?
Il giorno in cui capirete che “RISPETTARE SEMPRE TUTTO E TUTTI” equivale, se portato alle estreme conseguenze, a NON POTER DIRE PIÙ UN CAZZO DI NIENTE, sarà sempre troppo tardi.
E per chiudere in bellezza questa prima parte, direi di divertirci a sparare a un bersaglio grosso, cioè nienteippopotamodimeno che a sua maestà “l’insulto sessista”.
Nessuno sembra rendersi conto di come l’espressione “insulto sessista” sia spesso un pleonasmo, una ridondanza, una menata stucchevole, un meme automatico e non pensato, caratteristico di quest’epoca petulante che ha sostituito ai pensieri una social sarabanda di riflessi condizionati burattineschi, di etichettine accusatorie da applicare con la bava alla bocca e il cervello in stand by. (Come tutto ciò che è politically stronzett, del resto). Un insulto è un insulto. È qualcosa di violento, greve, gratuito, volgare, infamante, cattivo, che dovremmo far di tutto per evitare, sempre. Ma è anche qualcosa a cui ti lasci andare quando sei fuori dalla cosiddetta graziadidio. E, quando ci vuole (ammesso che qualche volta ci voglia) dev’essere il più duro e sporco e “liberatorio” possibile. Se saltasse fuori che la maestra d’asilo del vostro adorato bambino è un’aguzzina violenta e una sadica torturatrice, voi, sinceramente, la chiamereste “scemotta” o ci andreste giù (tutti, maschi e femmine) un po’ più pesantelli, scomodando omonimie zoologiche con l’antica città di Ilio?
(Fine prima parte – continua)