UNA SEDIA AL MARE
Pomeriggio infuocato di luglio, giorno del Signùr e delle Cavallette, in attesa della bella cosa chiamata Lunedì Mattina…
Il vostro Zio preferito arriva in spiaggia all’Oasi e, appena sbucato dal viottolo della pineta, riporta ferite in scontri frontali con: due gormiti di cui uno (il più leggero) di piombo; un frisbee d’acciaio inossidabile; il bambino idiota inossidabile che stava inseguendo il frisbee; il padre scimpanzorla del bambino che inseguiva il pargolo per, se dio vuole, menarlo a sangue, possibilmente col frisbee, di taglio; una vecchia carrarmata con le tette in titanio, in lacrime (lei, non le tette) per aver visto la madonna e averla poi subito persa di vista nell’assai poco mistico bailamme; un vecchio allo stato bradipo appena cascato dal tavolino al cui orlo era appeso per giocare a maraffa scolandosi una caraffa, di grappa; un pallone da beach volley proveniente dal campo del limitrofo Bagno Lux ove il prode Pamparani, unico rimasto su tutto il litorale a preferire il beach volley al beach tennis, gioca contro se stesso (e perde). Il vostro Zio preferito osserva allora perspicace che forse c’è un pochettino troppo casino, e la domenica pomeriggio converrebbe dedicarla tutta a un ristorator pisolino, o a danza della pioggia per originare il Fugone, detto anche Feu Di Bàl.
Intanto, nel bel mezzo della zona pavimentata (tavolini verdi maxiombrelloni crema sedie blu) s’è venuta a creare una strana isola di semideserto: c’è un omino biondo sui 45 seduto tutto solo su una sedia isolata, senza tavolo, come se gliel’avessero portato via, lo sguardo vuoto perso nel vuoto, in mano un boccale di birra, indifferenti lui la sedia e la birra a tutto il caos che li circonda.
Poco dietro di lui, una fila di persone 44 stringe d’assedio la famiglia Bonanza Educanza asserragliata nella cabina della doccia. Nei precedenti 50 minuti i Bonanza Educanza hanno proceduto alle seguenti operazioni: docciaschiuma, shampoo (prima e seconda passata), balsamo, asciugatura, rivestitura, taglio unghie, bigodini al bambino di due anni, ma ancora non si schiodano perché non trovano la presa per la spina del phon. Da più o meno metà fila partono un porcapaletta, un paio di bestemmie silenziate, un vaffanguglia neanche tanto silenzioso. Ma i Bonanza Educanza in buona sostanza se ne sbattono le balle, mica c’è esposto un cartello che fissi tempi massimi per la doccia. È già tanto se il capofamiglia non fa fuoriuscire un dito medio dalla feritoia in alto a sinistra…
Tra i vecchietti e meno vecchietti ai tavoli da maraffa con o senza caraffa c’è anche il sosia dell’attore Carotenuto, incarognito nero perché si ritiene giocatore abile ed esperto ma è dal ‘72 che non vince un trentuno. Il sosia di Carotenuto è famoso per essersi, anni fa, appropinquato non invitato allo spigolo del tavolo ove giocavamo in quattro ragazzi alle prime armi. Restò in muto e comatoso dormiveglia russante per lo svolgersi di varie mani, dopodiché, trascorsi all’incirca ore una e minuti 56, sbottò a tradimento all’indirizzo di un ragazzino alla seconda partita della sua vita: “Il do ad coppi, diobojjèèè!!”, per poi alzarsi e andarsene via disgustato.
L’omino biondo è sempre fermo e zitto sulla sua blusedia in mezzo al delirio, vuoto lo sguardo nel vuoto a perdere del mondo, il terzoquarto boccale di birra quasi vuoto anche lui.
I Bonanza Educanza al gran completo (la figlia femmina nel frattempo ha fatto cacoty, redarguita da mamma che le dice Non potevi farla nel mare? – non al cesso, giustamente, nel mare) tengono duro chiusi a chiave nella doccia. Dal settantesimo posto della fin troppo paziente fila parte ora, fragoroso come un tuono, un Boiadiquelcane, giochiamo a briscola lì dentro o cosa, boiacane?
Nel campo da Beach Tennis è in corso fin dall’alba un torneo di racchettoni organizzato da sboroni venuti da fuori. Siamo alle semifinali, e la partita di doppio misto è tutta uno show testosteronico maschile del Semi Professionista De Racchettis Bandanaitis Scurnacchiato Marabù e del Professionista Semo Rogerio Scrofigno Schisciapuleggia di Valpupazza, Terzo. Nessuno di loro è dell’Oasi. Questi tornei di doppio misto per Professionisti Semi sboroni venuti da fuori partono sempre all’insegna della galanteria, della poesia e cavalleria, del fair play e del bon ton (rose rosse a ogni battuta, baciamano al cambio campo), ma poi nelle fasi decisive per la decisiva assegnazione di una borsa sponsorizzata o di una maglietta troppo stretta si arriva molto vicini al fatidico Spostati Troia Che Le Prende Tutte Superman.
Un folto pubblico assiste all’esibizione, metà assiepato sul lato sinistro del campo, metà dietro, nella veranda del bar. Quelli di lato sono amici parenti e amanti dei Professionisti Semi, e ad ogni colpo applaudono in estasi orgasmica. Quelli dietro sono i bagnanti dell’Oasi che li guardano torvi e cagneschi e pensano: Perché i vostri tornei del cazzo non ve li fate ai vostri lidi ravennati del cazzo, dove ci sono sei cazzo di campi per ogni cazzo di bagno mentre qui ce n’è uno solo e vorremmo tanto poterci fare una partitina, cazzo, noi?
Si levano anche, in volo radente, stormi di porcapaletta in assetto di guerra, boiacàn e distinti fanculi.
Rifugiarsi nel mare? Di questi tempi l’acqua dell’Adriatico è pulita, invitante, limpida persino, ricca di cefali e cavallucci marini, ma di domenica non ci sono i cavallucci perché non c’è nemmeno l’acqua: c’è la piscia delle cavallette e i loro stronzi tartufati, e al posto dei cefali i microcefali della tintarella in riva.
L’omino biondo è sempre lì, sempre più insediato sulla sua sedia, sempre più imbirrato nella sua birra, svuotato sempre più il vuoto sguardo disperso nel vuoto che è sempre più vuoto.
Verso le 5 e mezzas de la tardes lo staff dell’Oasi riserva una piacevole sorpresa, fette di cocomero gratis per tutti, bello rosso rinfrescante e succoso, e davvero ce ne sarebbe per tutti i troppotroppi che siamo, ma ecco scattare dai blocchi il capofamiglia dei Bonanza Educanza che arraffa per la famigliola sua fette di cocomero 236, e ne butta pure la metà nella spazzatura lamentandosi pei troppi semini. Partono, in ordine sparso, dei porcapaletta, un dio treporcellini (mio), un boiacane, un vaffanculo generico e uno dedicato. Più, di uno.
I Professionisti Semi escono dal campo con l’aria di voler firmare autografi, le loro donne invece non si schiodano, anzi chiamano dentro le amiche pigolando: “Facciamone qualcuna amichevole fra noi, che fino adesso non ci siamo divertite, con quei cazzoni merdoni sboroni testosteroni”. In veranda e altrove si perde il conto di vaffa, diovincùli e paternòstar.
L’omino biondo della sedia è sempre lì, sperduto e isolato nel blu, circondato da bambini che danzano al ritmo di musiche assordanti, gabbiani che si credono avvoltoi, cavallette che si credono persone, vecchie sguaiate che gridano, culi che parlano e bucce d’anguria che tacciono. Lui sta per avere un abbiocco. Sta per addormentarsi e lasciar cadere a terra il boccale di birra. La piccola catastrofe potrebbe originare un disastro cosmico, il Buco Nero finale. Ma per fortuna (o sfortuna?) gli vibra la mutanda. L’omino si riscuote. Estrae un telefono cellulare dai mutandiferi meandri. Risponde alla chiamata (sa come si fa). Ascolta la voce di qualcuno che da qualche mondo a noi ignoto lo chiama, chiama proprio lui. L’omino biondo della sedia ascolta per un po’. Pare persino capire cosa gli stiano dicendo o chiedendo. Forse la voce all’altro capo dell’onda gli pone un quesito filosofico del tipo Dove cazzo sei?, perché l’omino biondo della sedia, con un misto di quieta disperazione e umorismo esistenziale, come risposta non esclama null’altro che: “Sono nella sedia!”. Poi riattacca. E resta lì.