SENZA PIÙ PAROLE
Se alla quarta volta che uno non capisce cosa gli sto dicendo gli domando (con un sorriso) “Ma sei sordo?”, non ho ovviamente nessuna intenzione, così facendo, di “offendere” i non udenti o di prendere in giro il loro dramma. E di fatto i sordi intelligenti, ne sono sicuro, non si offendono. (Anche perché non mi sentirebbero). Al contrario di quei tafaneschi e autoeletti capoclasse sempre pronti a offendersi per conto terzi.
Se definisco una prosa “zoppicante”, uso un’espressione dotata della forza di rendere perfettamente l’idea, e che non può in nessun modo “offendere” i veri zoppi. Che non oso pensare come verranno chiamati da certa gente: non linearmente ambulanti? diversamente stabili? claudicanti cronici strutturali? discruralici?
Ed è inutile che inarchiate le sopracciglia per questa mia impertinente “inzenzibbilità”: avendo dalla nascita una gamba più lunga di qualche millimetro, sono potenzialmente zoppo io stesso!
Il politically stronzett non è solo un’arrogante e odiosa e petulante forma di censura fascista (di sinistra!). Il politically stronzett, portato alle estreme conseguenze, è la pura e semplice MORTE per imbavagliamento e asfissia del Linguaggio. L’incipit del mio incompreso romanzo “Mailand” recita: «Le parole cadevano una dopo l’altra, i vocabolari smagrivano». Ecco, io temo che neppure le persone intelligenti abbiano ancora capito QUANTO i vocabolari imploderebbero e smagrirebbero (come se già non bastasse l’azione inferiorizzante del mondo televisivo-smerdofonico che sta creando una nuova sottoclasse di ominidi gutturali e misalfabeti che di parole non ne usano più di cento, e tutte brutte), temo che non siano riuscite ad avere una giusta percezione della catastrofe in arrivo, così come politici somari ed economisti coi paraocchi non hanno voluto accorgersi dell’incombente catastrofe climatica. Forse per l’ingenuità manicheista di pensare che “da sinistra” non possa MAI venire, neppure per sbaglio, il Male? Forse perché i nostri “fascistometri” sono anacronisticamente (o poco onestamente) tarati da una parte sola, cioè ZOPPI?
Eppure lo scempio è sotto gli occhi di tutti. Faccio solo tre esempi fra mille:
i fanatici religioidi vorrebbero abolire qualsiasi parola che “offenda” qualsiasi religione, ma soprattutto, inutile dirlo, quella attualmente più aggressiva e minacciosa (a cominciare dall’eliminazione di TUTTI i nomi di salumi e insaccati vari, e i loro derivati!) e pare ci siano incredibilmente già riusciti con alcuni testi scolastici inglesi, da cui sono state bandite parole come “suino”, “prosciutto” e “salame” (e per fortuna quella religione non è vegana, o non si potrebbe più scrivere neppure “latte” o “mozzarella”, per non offendere lorsignori);
gli animalisti oltranzisti vorrebbero proibire qualsiasi espressione ritenuta lesiva o sminuente della dignità degli animali, persino quando usate “in positivo”: mai più vigliacchi come struzzi o pavidi come conigli o sudici come maiali o stupidi come galline o muti come pesci (infrazione doppia?) o ignoranti come capre o matti come cavalli (o quel “politici somari” da me usato a bella posta poc’anzi), ma neppure coraggiosi come tigri o laboriosi come api, e addio all’occhio di lince (o di falco) e agli specchietti per le allodole e alla memoria d’elefante, e chi più ne ha più la smetta.
Ma se siamo così tanto antispecisti, perché dare così tanto peso e valore alle stupide parole della nostra stupida specie? Lo sciacallo non si offende mica, se noi diciamo “sciacallaggio”! Non gliene potrebbe fregare di meno!
Il nostro Linguaggio è nato e si è evoluto a partire dalla natura che ci circonda: persino i simboli dei geroglifici egizi erano quasi tutti bestioline;
e il gruppo più nutrito e più raccoglitore di facili consensi demagogico-emotivi, cioè i fissati dell’“offesa” a chi soffre, darà (ha già dato) un bel colpo di cancellino squadrista sulla lavagna a ogni qualsivoglia parola o espressione più o meno colorita collegata (in modo quasi sempre indiretto e figurato) a malattie, menomazioni o semplici difetti fisici. (Se inizi a non poter usare “sordo”, alla fine non potrai più usare nemmeno “febbrile”: perché mai dovremmo avere il diritto di “offendere” chi sta avendo una crisi di malaria con la febbre a 40? Suvvia! E perché mai permettere di usare impunemente l’espressione “avere fegato”, che potrebbe urtare la suscettibilità di chi soffre di cirrosi o di epatite? O che dire dell’ingiusta sofferenza provocata ai mutilati dicendo o scrivendo “essere in gamba”, “darsela a gambe”, “avere una buona mano”, o parlando di “braccino corto” per esprimere l’avarizia?)
Ed ecco i pelati diventare dapprima “scarsocriniti”, per poi, essendo anche la parola “scarso” vagamente denigratoria e discriminatoria, ripiegare (ipotizzo) su “crinoevanescenti”. (Crinoevanescente è talmente bella che già mi vedo persone che si spargono acidi sulla chioma per poterlo diventare…)
So di gente conciata intellettivamente così male da considerare denigratoria persino l’espressione “sindrome di Down”: costoro credono derivi dalla parola inglese che significa “giù”, e non dal nome del medico John Langdon Down!!!!
Naturalmente, c’è modo e modo. In tutti i casi, saranno sempre e soltanto bontà e cattiveria, gentilezza e stronzaggine, a fare la differenza, e le parole di per se stesse saranno sempre neutre, e cattivo (e pieno di coscienza sporca e code di paglia) è chi le vuole sopprimere. Oltre che, va da sé, chi le usa con violenza, e VOLUTAMENTE per far male. Mi pare ovvio che un Lucio Dalla, che prestava assistenza con amore, tenerezza e dedizione a persone che poi chiamava “i miei mongolini” fosse un uomo buono, mentre uno che dicesse “Non sopporto di avere fra i piedi questi con la sindrome di Down, mi danno fastidio!” sarebbe un uomo ignorante e cattivo, pur dicendo “sindrome di Down” in modo korretto e “appropriato”. (Mi torna in mente il poliziotto violento e razzista del film “Tre manifesti a Ebbing, Missouri”, che si vanta nel professarsi torturatore di persone di colore, perché “torturatore di negri non si dice”).
Per concludere, anche se ci sarebbe da scriverci un libro (sperando poi che non venga censurato fin dal titolo):
se io facessi parte di queste odiose persone permalose e arroganti (o con seri problemi psicologici), che stanno al mondo per controllare, proibire, bacchettare e castigare, probabilmente mi scaglierei contro tutti coloro che mi “offendono” usando nei loro scritti parole come spilungone, lungagnone, pirlunga, pampaluga, giraffa, anima lunga, altoalto fessofesso, allampanato, dinoccolato, brindellone, manico di scopa… Ma per fortuna sono intelligentino, e quindi voglio che siano tutti liberi di usarle. Perché un po’, lo ammetto, mi danno fastidio. Ma MAI quanto me ne darebbe la FINE del Linguaggio per mano di quei bulli fascisti e prepotenti che vorrebbero sterilizzarlo per legge.
E comunque, il giorno in cui chiamerete “leona” la leonessa, spero tanto che vi sbrani. Quella sì che sarebbe un’azione corretta.
(Fine)