Marzo 1942. Sul ghetto di Prokov - città ucraina occupata dalle truppe romene, alleate con i nazisti - è sempre notte.
540 pagine di pugni nello stomaco.
540 crude pagine che ogni persona intelligente dovrebbe trovare il coraggio di leggere. Un libro imperdibile, grandioso, terrificante, quasi intollerabile. E assolutamente necessario. Per capire dove possano arrivare l’abbrutimento e l’orrore. E per riuscire a scovare persino in essi una debolissima scintilla di speranza e umanità. Lo consiglio in particolare a Francesco Spinoglio, il buongustaio scrittore-blogger di Barcellona che apprezza Hilsenrath, Selby junior, Bukowski, Dan Fante, Pollock, Pezzoli (ma quest’ultimo nome fate finta di non averlo visto: è solo un intruso e un fallito), e grazie al quale ho potuto conoscere, qualche anno fa, questo splendido e geniale Scrittore, dalle nostre parti quasi totalmente ignorato (che strano…). “Nacht” è il suo romanzo d’esordio, che in Italiano arriva solo ora, con più di mezzo secolo di ritardo, grazie all’editore Voland, e allo splendido lavoro di traduzione di Roberta Gado.
(E sempre siano lodati gli editori che preferiscono le postfazioni alle prefazioni: quella scritta per questo romanzo da Paola Del Zoppo è molto interessante, e tutt’altro che superflua. Perché se è pur vero che nessuno ti impedisce di leggerla “dopo” anche se è una prefazione, o di leggerla “prima” anche se è una postfazione, a me le prefazioni appaiono sempre come un’invadente mancanza di rispetto, e di gusto, e di amorevole senso estetico nei confronti dell'entità Libro, del Testo e del suo Autore.)
«La vista sul Nistro era idilliaca. Al crepuscolo il colore dell'acqua si sfumava a metà tra il giorno e la notte, grigio e nero e marrone digradanti in un modo speciale; pareva persino che il fiume scorresse più placidamente. Nell'ora in cui il giorno volgeva al termine si aveva la sensazione che il Nistro fosse infinito, non provenisse da nessun luogo e scorresse verso il nulla, quasi fosse solo un fluire indistinto in un paesaggio silente e trasognato.
Due cadaveri galleggiavano pian piano verso valle: un uomo e una donna. La donna precedeva l'uomo. Sembrava un gioco amoroso, con l'uomo che cercava e cercava di raggiungere la compagna senza riuscirci. A un certo punto la donna virò di lato e presentò la faccia all'uomo. Questi ricambiò con la propria. La superò, il suo corpo urtò quello di lei.
I due cadaveri presero a mulinare, rimasero attaccati quasi volessero congiungersi e ripresero infine a galleggiare placidamente. Faceva sempre più buio. I due corpi erano lambiti dal vento che li accarezzava con la stessa dolcezza che riservava all'acqua, alla riva e ai campi di granturco sulla sponda romena.»