Tarzan aveva mangiato pesante (ippopotamo fritto) ed ebbe un bruttissimo incubo.
Il Reddito di Cheeta Dinanzi gli aveva permesso di sposare Jane. Ma quella, trasformatasi da amante selvaggia in mogliettina-tipo, aveva preso subito a scassare: e perché non si vestiva come diceva lei, e perché non aiutava a pulire bene la casa sull’albero, e perché i soldi non bastavano mai, e perché non riusciva a metterla incinta malgrado lo stesse obbligando a copulare diciotto volte al giorno, distruggendolo. Ma questa era solo la più piccola delle seccature arrecategli dal meccanismo del Reddito di Cheeta Dinanzi, che gli stava sconvolgendo la vita e anche corrodendo un pochettino la minchia. Ogni santo giorno il sindaco della Giungla lo convocava per un’oretta di lavoro volontario per la pulizia del sottobosco della medesima, e quasi sempre l’oretta diventava due ore e tre quarti. Ogni porca mattina doveva presentarsi al Collocamento Forestale per dei noiosissimi corsi obbligatori, in cui tentavano di insegnargli cose che non gli interessavano, e per le quali non era portato: tenere la contabilità in un ufficio, vendere aspirafoglie di ramo in ramo, protocollo dei call center. Ogni tanto riceveva le visite a domicilio di un fastidioso ispettore incaricato di accertare, con minuziose misurazioni, che la metratura della casa sull’albero non comportasse decurtazioni dell’assegno del Reddito di Cheeta Dinanzi, e già che c’era ficcava il naso nelle sue scorte di frutta e di crodino. Tarzan cominciava a non poterne più. Era esasperato e anche parecchio incazzato. Non ci capiva più niente: se il reddito era di Cheeta, perché non se lo teneva quella dannata scimmia, e non se la faceva sconvolgere lei, la vita?
Nel rispetto del meccanismo del Reddito di Cheeta Dinanzi cominciarono ad arrivargli le proposte di lavoro. La prima proposta prevedeva che andasse a vendere assicurazioni ai gorilla a novanta chilometri di distanza. Tarzan rifiutò la prima proposta. La seconda proposta prevedeva che andasse ad abbattere piante e a liberare la foresta dalle liane a duecento chilometri di distanza, nell’ambito del nuovo piano di Crescita “asfaltiamo la giungla, che bello”. Tarzan rifiutò la seconda proposta. La terza proposta prevedeva che se ne andasse a mille chilometri di distanza a fare il minatore moribondo. Tarzan rifiutò anche la terza proposta e finalmente l’incubo finì. Si svegliò, e tutto era come prima: Jane lo deliziava del suo amore ma non scassava mai, nessuno veniva a dirgli cosa dovesse fare o non fare, lo stomaco aveva ripreso a funzionare, e Cheeta, com’era giusto che fosse, non percepiva nessunissimo assegno ricattatorio. Tarzan sorrise, mollò una piccola scorreggia d’assestamento e sospirò di sollievo. Era di nuovo libero, com’era sempre stato.