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(Pessima, meravigliosa idea) |
ITALIANS DO IT WORSE
Il ragionamento sul bacino d’utenza anglofono, che sento ripetere da più parti, l’ho spesso fatto anch’io.
Ritornassi all’adolescenza, non studierei altro che l’Inglese, fino a diventarne così padrone da saperlo usare per iscritto come fosse la mia lingua madre, e poi VIA DI QUI. (Con la morte nel cuore, certo, perché l’Italiano è davvero meraviglioso, ma purtroppo ben pochi di coloro che lo parlano ne sono degni…)
Perché c’è poi un’altra acre verità: gli italiani leggono pochissimo (in compenso sono i primi al mondo per protesi cerebrali, cioè smerdofoni pro capite, e se ne vantano pure) e leggono male: di nostrano mandano in classifica quasi esclusivamente la sottopupù che viene smarchettata in tv, ma anche i grandi autori stranieri non è che vengano comprati all’ingrosso: quando esce un nuovo Auster o un nuovo Vargas Llosa subito schizza ai primi posti in Paesi come la Danimarca o la Svezia o la Francia; da noi schizzano in alto solo le famigerate (1)50 flatulenze vaginali.
Mi torna in mente il fenomeno “Stoner”: capolavoro o no che fosse (comunque un buonissimo Romanzo) l’editore italico considerava un trionfo averne vendute ottantamila copie, mentre nella sola Olanda, che supera di poco gli abitanti delle nostre Gallarate e Busto Arsizio messe assieme, se n’erano vendute più di duecentomila.
E non stiamo parlando di un autore olandese.
Oso aggiungere al volo un altro punto dolente: la massa di professorini spocchiosi e baroncini barbosi, spesso ideologizzati e spessissimo incapaci, che ha preso in ostaggio la nostra pietosa e paralitica "grande editoria", installandovisi pervicacemente e diffondendosi come un cancro, e che sembra avere come principale scopo mortificare i veri talenti e sfornare a getto continuo soldatini mediocri e senza idee (a cominciare da loro stessi, ogni giorno meno propensi a resistere alla tentazione di giocare a fare gli autori), che (ri)scrivono (maluccio) sempre le stesse cose.
Probabilmente all’estero (con ovvie eccezioni, perché di merdseller ce ne rifilano tanti, troppi, anche da lì) si lavora con più onestà e più intelligenza, e soprattutto con più serenità, e rispetto per gli Scrittori. (Non che ci voglia molto, ad avere più Rispetto per noi di quanto non se ne abbia in questo paese mafioso e misalfabeta). Ma queste sono solo impressioni, perché io non lo posso sapere: posso solo constatare le lampanti differenze in libreria (dove sempre più spesso avrei bisogno di un sacchettino per il vomito) e sul mio divano di lettura.
Un’ultima cosa. Fin da giovanissimo, molto prima di arrivare anche solo a sperare di pubblicare alcunché, feci mettere – con l’orgoglio, l’ingenuità e la passione che mi hanno sempre contraddistinto – “professione SCRITTORE” sulla carta d’identità, perché tale sapevo, e so tuttora, di ESSERE, e ogni giorno che passo senza scrivere emozioni in HD mi fa sentire in disarmonia col cosmo, disallineato dalla mia anima e dal mio stesso respiro. Ma adesso mi rendo conto che sentirsi Scrittore in italiA non è che una tragica autopresa per il culo: al prossimo rinnovo ci farò mettere “NULLAFACENTE”. Che è poi ciò che pensa del sottoscritto il 99% delle belle personcine che mi circondano.
Che abbiano ragione loro?
(p.s. E comunque, giusto sabato scorso, su Fb, uno dei migliori scrittori italiani, Paolo Zardi, ha compilato un elenco molto ristretto di grandi autori di tutti i tempi e di tutto il mondo. Ho quasi pudore a trascriverlo, anche per via dell’assenza di tanti altri scrittori che io adoro al limite dell’idolatria, ma in ogni caso l’elenco è questo: Philip Roth, Martin Amis, Vladimir Nabokov, Nicola Pezzoli, Gustave Flaubert, Franz Kafka, Anton Cechov, Milan Kundera, Saul Bellow. Forse lui è impazzito, ed io in quell’elenco sono un clamoroso intruso. O forse, invece, in questo cazzo di paese lanciatore di stronzi e sponsor di schiappe assolute, c’è un sacco di gente che prima o poi mi dovrà delle scuse. Magari postume: a noi artisti succede molto spesso. Troppo spesso.)