dal racconto L'INUTILIFICIO
Intanto io cerco di andare bene a scuola per non rischiare di rimanere senza il mio bel posto di operaio o addirittura impiegato all’inutilificio, mentre mio fratello, che è molto più intelligente, vuole laurearsi in Scienze dell’Inutilità, per diventare dirigente all’inutilificio, così entrambi potremo sposarci con lavoratrici dell’inutilificio e fare tanti figli da mandare a lavorare all’inutilificio, nel rispetto delle Tradizioni. Quando non studio o prendo brutti voti, i miei genitori e mio fratello un po’ per minaccia un po’ per scherzo mi dicono che se vado troppo male a scuola finirò a spalare la merda dei robot che cagano, o peggio ancora finirò come quel loro amico matto che è scappato a fare il pittore di paesaggi su un’isola greca e non ha mai lavorato in vita sua, poveraccio. Ma io lo so che scherzano. Io sono molto ottimista, e vedo sempre le cose e il futuro in modo roseo e positivo, e so che un bel posto all’inutilificio, alla fine, non me lo leverà nessuno!
dal racconto DOTTORESSINA
Ma poi, a che vita mi avrebbe costretto? Piena di soldi, ma non mi avrebbe certo mantenuto. Lei a far miliardi coi ponti e le dentiere e io a casa a scrivere poesie? Sì, domani. Scòrdatelo. Funziona mica così. E comunque non certo a Varese. Qui i soldi ce li hanno per farli pesare. Non per alleggerirsi l’esistenza. Figurarsi alleggerirtela a te, poeta da strapazzo. In ogni caso dovevo difendere con le unghie la mia libertà. Difendere la mia povertà. La mia dignitosa balordaggine. Buttar via la vita ma senza il concorso di altri. Me la sarei cavata benissimo da solo, come fallito.
dal racconto PULCE E IL TERZO COLPO
Io ultimamente ero più o meno innamorato di questa Karin. Mi innamoro sempre di quelle già felicemente sposate. Così non ci sono pericoli né sofferenze né rotture di cazzo. Non si può fare punto e basta. Sono un pigro e un codardo. E mi piace starmene sul dondolo a leggere. Al massimo lavorarmi una tortilla e una lattina di birra mentre leggo. Ma più che altro leggere. Persone ammesse al mio cospetto mentre leggo: uccellini, grilli, la mia gatta Ciopy. Ammetterei volentieri anche la dolce Karin. Magari solo per coccolarmi e riscaldarmi un po’ in giornate come oggi quando il sole non è di ruolo, e con la felpa fa freschino. Ma è felicemente sposata con uno che vende barche di lusso in Florida. Ne vende tante e fa un mucchio di soldi. Non posso competere. E poi l’ha sposata prima lui e tutte quelle balle lì.
dal racconto DEDIZIONE
Nel parlato infilava qua e là tranci di dialetto friulano. Avevi l’impressione che lo facesse per sentirsi meno lontano da casa, senonché otteneva l’effetto contrario di immalinconire pure te. Guardavi quei suoi occhi spaesati e chissà come ti mancava Gorizia, dove non eri mai stato.
dal racconto NOI, POPPANTI COL FUCILE
Mi vede incerto, pericolose operazioni di ricarica al mio posto by caporale Mastinone (coi Garand c’è chi ci ha lasciato le dita) senza nemmeno sgridarmi. E dice nulla quando sparacchio dove capita, nessuna voglia di rovinare i bersagli o avvicinare troppo il visino ventiduenne al mirino (coi Garand c’è chi ci ha lasciato un occhio). Lo consideravo un cane istruttore e un gran pezzo di merda, oggi così paterno e dolce quasi quasi gli voglio bene. Ma come cola il sudore bollente sotto l’elmetto maledetto.
Che cosa vogliono da me, porcaccia naja? Un anno di vita per un cromosoma sbagliato, per esser nato col pìrulo? Una rabbia che mi viene da piangere.
Nel parlare di sessismi si dà per scontato che vittime siano sempre e solo le femmine, ma vogliamo parlare di questa cosa che capitava a noi? Nel 1989 cadeva il Muro di Berlino (espressione del cazzo, non è caduto da solo, era mica un appalto italiano) ma ancora si riteneva normale che esseri umani nati col pene regalassero un anno di vita (e uno dei più belli) alla cagna patria, mentre quelli nati con la vagina ne erano dispensati.
E mai che se ne trovasse uno con una vagina da prestarti.
dal racconto I CANGURETTI DEL MARESCIALLO BUKOWSKI
Del resto, non si può sguarnire una caserma operativa solo perché è domenica. E se ci attaccano i groenlandesi, o la Sampdoria, o Iva Zanicchi?
dal racconto MASSAGGIATRICE ORIENTALE
L’annuncio non era mai esplicito. La telefonata fin troppo.
«Signorina, quanto costa il massaggio?»
«Qualanta di bocca sessanta scovata» risponde la cinese a mio nonno Artemio sclerotico, che ha chiamato per l’artrosi.
dal racconto SOFFITTO A QUADRETTONI
Qualcuno mi ha detto che i preti sono extraterritoriali. O almeno, quando sono loro ad ammazzare qualcuno succede così, che non gli fanno niente a patto che spariscano in un convento e non si facciano più rivedere. Ma se sei tu a fare secco uno di loro, mi sa che non ti mandano in un convento. Ridiventano subito territoriali, mi sa. Mi sa che te la prendi nel culo.
dal racconto STOP!
Ci fu una pausa, poi alle cinque del pomeriggio la Cocorita ci chiamò per mandarci alla premiazione. La bagnina del Bagno Spuma si chiama Moira ma noi la chiamiamo Cocorita perché ha una voce da cocorita e le erre arrotolate da cocorita. E anche il cervello non è che si discosti molto da quello di una cocorita. Io la chiamo anche Cavallo Degli Scacchi, perché ha la faccia magra e un collo lungo lungo, ma poi sotto prende a modificarsi a tradimento e s’allarga fuori a botticella.
dal racconto I CARABINIERI A PEDALI
Sto parlando delle vecchie di vedetta. Dovete sapere che ci sono sempre queste vecchie di vedetta, in quei quartieri nuovi con le villette nuove della gente arricchita. Di norma questa gente arricchita le villette non se le gode mai, perché è sempre in giro ad arricchirsi ulteriormente, come avesse fatto male i conti con la durata della vita, e nelle villette ci stanno i rottweiler, e in alcune, ma non in tutte, ci stanno le vecchie di vedetta, che vivono dietro le tendine di una finestra al secondo piano in attesa di morire.
dal racconto FRASEGGIO
Il giornale radio locale stava parlando di una tizia che era entrata in ascensore al decimo piano di un palazzo. La porta si era aperta e lei era entrata. Ma l’ascensore non c’era. Sfracellata. Una fine orrenda. La donna usciva dallo studio di una cartomante che predice il futuro.
dal racconto MILANO E ALESSANDRO
Alla buon’ora fecero una pausa spuntino in un bar. Seduti in un separé mangiavano tramezzini e bevevano vino bianco. Una bionda da urlo, ma con la faccia simpatica e le rughette del sorriso, cosa ra-ris-si-ma, entrò, andò a piazzarsi davanti al bancone e ordinò una birra alla spina.
Fu servita e se la scolò d’un fiato, con assatanata avidità.
«Vorrei essere quel bicchiere» confessò Davide.
«Ma… è femmina!» lo redarguì Alessandro, con occhiataccia da Vade retro.
Culattone integralista, pensò Davide senza dir nulla. Se una è bella è bella, e poi chessò, sarò bisex, che cazzo vuoi ne sappia, e che cazzo vuoi tu da me, gallinello modajolo, per quel che ne so si viene attratti da persone, non da cliché cazzofigacei.
dal racconto AGGIORNAMENTI DI MECCANICA POPOLARE
«Siccome che… Cioè», attaccò lei.
Cominciamo bene, pensò lui.
«Aspetto un bambino» disse lei.
«Bene!» disse lui.
«Non è tuo» disse lei.
«Ah» disse lui.
Pareva già calmissimo, e ciò le infuse ulteriore coraggio: «Ma non era questa la cosa peggiore».
«Cazzo», protestò lui. «Mi stai dicendo che mi hai cornificato. E che ti avrò di fianco sull’altare con un figlio non mio nella panza. Cosa può esserci di peggio, a parte il fatto che mi hanno chiamato Maicol?»
dal racconto DARE UNA MANO
Quando accennò al famoso manoscritto, Leonello Stanfredini Smith si illuminò in un modo che Eugenio trovò commovente. Disse che doveva esserci ancora, da qualche parte. Ma quando poi si mise a cercare non dentro cassetti o su scaffali di libri, ma in posti come il frigorifero, la credenza di cucina, il bauletto della biancheria sporca, Eugenio cominciò a pensare che fosse pazzo, e che non ci fosse mai stato nessun romanzo.
dal racconto NATALÌ MORTALÀ
(Questa fa orrori di grammatica anche quando scorreggia). Ma andiamo avanti: letture preferite?
Tropo inperniata a scrivere per, pure l’eggere. Come tute i genio, l’ho dico sempre. Pèro savasandì o letto i capponlavori virgolette clasici inperscindibili, tutti e i 3, savasandì
Tutti e tre cosa?
Ma le 50 sfummature no? Che; scherzi o sì gnoranto? Macche legete voi vekki, siamo anc’ora 1.0 a Scespir o Dante Alberghieri, o coso li, Mero? Legerai micca a Pezòlli! Sveliaa!
Senti stronza, ma perché non ti spari?
Consilio di sostituire stà domanda co una sula mia poettica. Risposta da incullare soto grazzie: “la gentge e stanco di, inutili lucubbrazzione sopratuto,: scritte da maschi bianchi caucazzi o virgolette ropei che anno skiatato. Le copie voliono aiutto pe scoppare. Eppoi adeso e 2.0, siamo nel 2.0 lovolete, capì!”
dal racconto BURATÌN PUPÀZ
E poi, i pinguini, come fanno a non star sul culo pure a lei? Ma lo sa che in base a uno studio di Purulenko, Dollarovgin, Sukamoto, Zokolmayer e Vavangulu l’effetto serra è causato esclusivamente dalle scorregge dei pinguini?
Non conosco questi Professori Emeriti. Dove scor… ehm… dove insegnano?
Sono avvocati. Della Karbonpromm.
dal racconto OMISSIONE
«Era una sera caldissima di luglio» attaccò il Ghirotto. «Mi trovavo a passare presso gli argini del Po. Entro in un bar per mangiare un cetriolo, che è veramente molto dissetante, e lì, nel vano d’ingresso, assisto a una scena incredibile: c’è una gatta che sta allattando i suoi gattini. Ma insieme ai gattini ci sono anche dei cuccioli di cane! Il padrone del bar mi dice che i cagnolini sono rimasti orfani, la madre investita da un’auto, e allora la gatta, guardate com’è incredibile la natura, l’istinto materno, la gatta li aveva accettati e gli permetteva…»
«Non era una cagna?» interruppe, caustico, il Pelagatta.
«Come?» fece il Ghiro, infastidito non poco.
«Non era una cagna che allattava dei gattini?» insistette il Pelagatta.
«Orcamartina» fece Tumiati.
«No, ti dico che in questo bar c’era questa gatta…»
«Beh, avevi detto che era una cagna. Le altre ottocento volte che l’hai raccontata era così. Tu andavi a scolarti un cetriolo. E c’era una cagna che allattava i gattini».
«Allora non racconto più niente»
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