Ero curioso di leggere la nuova traduzione in Italiano del mitico The Catcher in the rye di J. D. Salinger. E adesso che finalmente ho trovato il tempo di farlo, non riesco a esimermi dal dire la mia. (Che come sempre sarà un molesto, molestissimo parere)
Avverto subito che quest’analisi non ha nessuna pretesa di scientificità, di pertinenza linguistica né di impeccabile rigore filologico-esegetico. Essa si basa sul raffronto di brandelli di testo da me arbitrariamente considerati significativi, ed è motivata da null’altro che dai miei semplici e personali gusti di lettore, convinto che un traduttore abbia il diritto di prendersi delle libertà e delle licenze, qualora esse si rivelino intelligenti e migliorative, e che ciò che davvero conta, alla fine (proprio come avveniva al liceo con le versioni dal latino) non sia (entro certi limiti, è ovvio) una fedele esattezza, ma una efficace e brillante resa nella lingua “d’arrivo”.
1 Naturalmente, l’incipit.
Devo confessare che partivo un po’ prevenuto contro la vecchia traduzione di Adriana Motti (da molti considerata troppo “edulcorata” e superata dai tempi) e a favore di quella nuova di Matteo Colombo. E invece, da subito, una sorpresa: nelle primissime righe è la traduzione storica (voto 8½) a surclassare quella più recente (voto 6+), non fosse altro che per il raffronto tra “la mia infanzia schifa” (un’invenzione dalla formidabile potenza espressiva) e “la mia schifosa infanzia” (che sarà anche più attuale o più fedele al testo d’origine, ma appare imperdonabilmente moscia). Non solo, ma pur essendo io un noto cultore del “parlare sporco”, trovo anche che “baggianate alla David Copperfield” fosse molto ma molto più azzeccato di “stronzate alla David Copperfield”: qui, o si trovava il coraggio di usare “cagate”, oppure “baggianate” era già perfetto, perché meno banale. Insomma, mi è venuto subito da dire: se “rinfrescare” la traduzione significava questo, tanto valeva non rinfrescarla per niente.
2 Il becchino e la scorreggia
Uno dei miei brani preferiti: la “lezione di vita” impartita agli studenti da un becchino bigotto nella cappella della scuola, e la tremenda scorreggia di Edgar Marsalla che per poco non fa saltare il tetto. Una scena esilarante, ma che contiene magagne in entrambe le versioni. La Motti la rovina coi troppi “eccetera eccetera” (molto meglio la soluzione “e via dicendo” di Colombo) e soprattutto con quell’antiquato “portare la macchina” al posto di “guidare”. Ma il Colombo depotenzia e appiattisce quasi tutte le frasi spassose. Per esempio, l’ottima intuizione della Motti “Mi par di vederlo, quel bastardo d’un pallone gonfiato, che ingrana la prima e chiede a Gesù di mandargli un altro po’ di salme”, viene resa con uno sgraziato e incolore “Me lo vedo, quel bastardo ipocrita, mentre ingrana la prima e intanto chiede a Gesù di farne secco qualcun altro”. Qui, nel complesso, darei un 8- alla Motti e un 7- a Colombo.
3 Molestie sessuali?
Un brano dove Salinger mi aveva molto colpito (stavolta in negativo) e che non vedevo l’ora di vedere ritradotto, era quello in cui il protagonista scambia la tenera carezza fra i capelli di un brillo professor Antolini per una grave molestia sessuale, e se ne esce poi a vomitare insulti su “dannati pederasti”, “storie di invertiti” e sul prendersi “passaggi da finocchio”. Come avrebbe maneggiato, il nuovo traduttore, questo indispettito sproloquio omofobo? Avrebbe saputo attualizzarlo con un coraggioso uso di "froci", “ricchioni”, “culattoni” e quant'altro? Vediamo: un blando e neutro “pervertiti”, un neutro e blando “situazioni da pervertiti” e un insipido e banalissimo “provando con me come un finocchio”. Qui sembra addirittura di aver fatto un salto indietro nel tempo: la tanto attuale e coraggiosa nuova traduzione sembra voler eludere l’argomento, sfiorarlo con evidente imbarazzo, come se fossimo ancora negli anni Cinquanta. Voti: 7½ alla Motti e 5- a Colombo.
4 Progetti di fuga
E veniamo alla parte che considero più bella e commovente in assoluto: quando Holden fantastica di fuggire lontano da tutto e da tutti, di fingersi sordomuto per essere lasciato in pace, e di tenere nascosti al mondo eventuali figli. Limitiamoci inizialmente a un secco raffronto senza commenti:
Motti: “Pensai che potevo trovar lavoro in qualche stazione di rifornimento a mettere benzina e olio nelle macchine… Quello che dovevo fare, pensai, era far finta d’essere sordomuto. Così mi sarei risparmiato tutte quelle maledette chiacchiere idiote e senza sugo. Se qualcuno voleva dirmi qualche cosa, doveva scrivermelo su un pezzo di carta e ficcarmelo sotto il naso… Tutti avrebbero pensato che ero un povero bastardo d’un sordomuto e mi avrebbero lasciato in pace… Se avessimo avuto dei figli li avremmo nascosti in qualche posto. Potevamo comprargli un sacco di libri e insegnargli a leggere e a scrivere.”
Colombo: “Magari potevo trovare lavoro in qualche stazione di servizio, a mettere la benzina e l’olio nelle macchine… Ho pensato che potevo fingermi sordomuto. Così mi risparmiavo tutte le chiacchiere stupide e inutili. Se qualcuno voleva dirmi qualcosa doveva scriverlo su un foglio e piazzarmelo davanti… Tutti avrebbero pensato che ero solo un poveraccio sordomuto e mi avrebbero lasciato in pace… Avessimo avuto dei figli, li avremmo nascosti da qualche parte. Potevamo comprargli un sacco di libri e insegnargli a leggere e scrivere noi.”
Be’, Colombo spero mi perdonerà, ma qui la sola “rinfrescata” (nemmeno poi così indispensabile) mi par di vederla in quella stazione di rifornimento che diventa di servizio. Per il resto, continuo a trovare la vecchia versione emozionante e grandiosa (voto 10), e la nuova moscia, piatta e senza sugo (voto 4½). Non a caso, le chiacchiere “idiote e senza sugo” sono diventate “stupide e inutili”: l’idea è quella di un avvilente impoverimento (“piazzarmelo davanti” non gli lega neanche i lacci, a “ficcarmelo sotto il naso”!), mentre quel pusillanime “poveraccio sordomuto” al posto di “povero bastardo d’un sordomuto” puzza addirittura di politically correct. Rilevo anche una grave sciatteria: “pezzo di carta” potrebbe diventare “foglietto” (anche se pezzo di carta è perfetto) ma giammai “foglio”. Il lettore deve immaginarsi un bigliettino, non una lettera formato A4!
5 Vaffanculo? Naaaa
Un altro episodio memorabile, ma anche questo in negativo, è quando Holden si straccia le vesti per una stupida parolaccia scritta sul muro di una scuola (vorrebbe addirittura “ammazzare” chi l’ha scritta!), facendo seguire rozze ipotesi da borghesuccio conformista sul presunto colpevole. Chissà perché, incolpa, assurdamente, un “vagabondo” (?!?), e non un ragazzino brufoloso come lui che a parolacce mica scherza.
“Qualche vagabondo pervertito che era sgattaiolato nella scuola la sera tardi per orinare o chi sa che” (Motti)
“Qualche vagabondo pervertito che era entrato a scuola di notte per fare la pipì o non so cosa” (Colombo)
“Entrare” , “far pipì” e “non so cosa” al posto di “sgattaiolare”, “orinare” e “chi sa che”: valeva la pena ritradurre un Romanzo per questo? Ma il punto è un altro. Il punto è la scelta, abbastanza infelice in ambo le versioni, della “parolaccia incriminata”. Chi ha una pur vaga dimestichezza col turpiloquio anglosassone può facilmente immaginare che si trattasse di un banalissimo FUCK. E ci sono andato vicino: il mio ottimo consulente linguistico, un altro Colombo (Mauro), laureato in Lingue con tesi sulla Letteratura Americana, mi informa che era FUCK YOU. La Motti (voto 7 di stima per via dei tempi in cui operava) opta per suggerire un timido “ca…” (ca seguito da puntini puntini). Colombo (voto 5) non può farlo, dal momento che “cazzo” è adesso spesso sulla bocca proprio del protagonista (quel “goddamn” che per la Motti diventava “dannazione” et similia). A mio parere il nuovo traduttore avrebbe avuto due ottime soluzioni a portata di mano: lasciare il Fuck You, in un’epoca in cui l’inglese lo masticano tutti, oppure, volendo proprio italianizzare in modo realistico, metterci un SUCA, che su molti nostri muri la fa da padrone. (O ancora, per una volta, come mi suggerisce Mauro, ripiegare sulla mera traduzione letterale: “Fottiti”). Invece sceglie uno sconcertante “vaffanculo” (che in vita mia ho sentito pronunciare a voce milioni di volte, ma scritto sui muri l’ho visto zero volte, forse perché troppo lungo), che rappresenta anche un palese errore concettuale. Perché lo dico? Perché subito dopo il nostro Holden, in versione puritan-fascistella, si pone il problema della curiosità dei bambini innocenti riguardo l’orribile parolaccia. Ma una cosa è scandalizzare un bambino con la spiegazione di “cazzo”, di “fottersi” o di “sucare”, e ben altra maneggiare l’ormai neutro e sbiadito “vaffanculo”, usato in automatico da chiunque come sinonimo leggermente più volgare di “vaffanbagno” o di “vai a quel paese”, senza mai pensare alla “sodomia” del significato letterale.
Media voti
Traduzione Motti: 8,15 (splendida era e splendida rimane, con tutta la sua patina retró)
Traduzione Colombo: 5,45 (non rovinosa, tutt’altro, ma deludentina e superflua)
La mia impressione finale, al di là del giochino dei voti e con tutto il rispetto per il più che dignitoso lavoro di Colombo, è che, malgrado alcuni singoli passi siano stati davvero migliorati, se io oggi volessi regalare questo Romanzo a qualcuno a cui voglio bene (per esempio una mia nipotina) vorrei accertarmi di potermi ancora procurare… la traduzione vecchia. Perché nella nuova il Romanzo mi appare appiattito, sciapo, depotenziato, quasi disinnescato: si abbassa di livello stilistico-espressivo e perde quasi tutto il suo smalto, quasi tutta la sua magia.
Per me è stato come veder prendere un antico affresco dagli stupendi colori per restaurarlo… in bianco e nero.
Ma a quanto pare i dati di vendita stanno dando ragione a chi ha voluto la versione nuova.
Quindi, come al solito, che parli a fare Nick?
Chissà, forse l’errore sta nel metodo: forse certi classici moderni non andrebbero ritradotti, ma semplicemente affidati alla revisione di un editor o di un bravo scrittore, innamorato di quel testo, che con mano più leggera e rispettosa possibile si limitasse ad aggiornare gli stilemi più obsoleti o a correggere gli errori più pacchiani (per esempio, nell’episodio della scorreggia di Marsalla bastava mettere “guidare” al posto di “portare la macchina”, e nel primo capitolo rimediare all’ingenua assurdità, molto ricorrente nel secolo scorso, di trasformare il “football” in “rugby”).
Mi viene in mente a questo proposito uno dei miei Romanzi preferiti, “Fiaba a New York” di J.P. Donleavy: quel bel Romanzo non avrebbe necessità di nessuna ritraduzione, ma bisognerebbe che qualcuno sostituisse d’urgenza tutti quei penosissimi e ridicoli “sapristi” (sapristi!!) messi al posto di ogni singola esclamazione colorita.
p.s. Per onestà, e senso di giustizia, mi preme segnalare un guizzo di genialità di Matteo Colombo al di fuori dei pezzi esaminati, laddove, per rendere uno strafalcione infantile nel capitolo 25, in cui si parla di mummie, Adriana Motti ci dava in pasto un insipido (e improbabile) “combe” al posto di “tombe”, mentre il nuovo traduttore ci delizia con un gustoso (e carinissimo) “pigiamidi” al posto di “piramidi”. Onore al merito, anche se il mio giudizio complessivo non cambia.
p.s. Per onestà, e senso di giustizia, mi preme segnalare un guizzo di genialità di Matteo Colombo al di fuori dei pezzi esaminati, laddove, per rendere uno strafalcione infantile nel capitolo 25, in cui si parla di mummie, Adriana Motti ci dava in pasto un insipido (e improbabile) “combe” al posto di “tombe”, mentre il nuovo traduttore ci delizia con un gustoso (e carinissimo) “pigiamidi” al posto di “piramidi”. Onore al merito, anche se il mio giudizio complessivo non cambia.
Direi che ho detto tutto.
Voi che ne pensate?