"Meglio Capitano della mia zattera di storie di carta che mozzo sul ponte di Achab"

SITO ANTI COPROFAGIA LETTERARIA: MERDA NON NE SCRIVO, E MENO ANCORA NE LEGGO

martedì 31 marzo 2015

Corradino segnala...



Ciao cari amici, sono Corradino!
Ho scoperto che anche all’estero c’è chi mi vuole molto bene, e volevo spartire con voi questa gioia. 
Francesco Spinoglio è tornato a scrivere di me sul suo blog ATALAYA DE LA VIDA HUMANA
Lo fa in Spagnolo, ma per fortuna non è una lingua difficile da intuire.
Anche sulla sua pagina Fb, parlando del mio autore-papà-alter ego Nicola Pezzoli, Francesco dice: “Definitivamente, el mejor escritor italiano que hay en este momento”. 
Porcodiaz!
Chissà come si commuoverà, Nicola, quando glielo dirò, lui che vive per scrivere in un paese pieno di tarlocchi del put che si divertono a ignorarlo.
Magari Francesco un po’ esagera – perfino a me viene da pensarlo – e però, che dite, se la scrittura di Nicola può fare un effetto così a persone tutt’altro che illetterate e sprovvedute, tutt'altro che piciorla, sarà il caso che proviamo gentilmente a informare anche qualche giornalista nostro, qualche libraio distratto?
O dite che poi ci restano male per non esserci arrivati da soli?


sabato 28 marzo 2015

Paolo Zardi – XXI SECOLO (candidato al premio Strega 2015)


I pochi anni d’esperienza come scrittore mi stanno insegnando che non c’è niente di più bello del trasformare una presentazione in uno scoppiettante reading. Più si legge e meglio è. A meno che uno non si vergogni di quello che ha scritto e voglia stenderci sopra un peto veloso (in italiA succede anche questo, e anzi, per una questione di decenza dovrebbe forse capitare più spesso!)
Mi vien da pensare che valga pure per le recensioni. Potrei starmene qui mezz’ora a dirvi quanto sia straordinariamente bravo Paolo Zardi (che come tutti i veri purosangue non è spuntato fuori da nessuna sqhuola, che non sia quella della Lettura, della Scrittura e della Vita) o quanto sia stata meravigliosa e geniale la Neo, in questi ultimi anni, a dissociarsi da un andazzo editoriale nazionale che sembra volto a erigere nientemeno che una Barriera Anti Scrittori Talentuosi (BAST) – una barriera che lascia passare solo chi scrive in banalese, in politichese, in sciattese, in troiese, in luogocomunese, o peggio ancora in muffese erudibondo. Gli Scrittori sono tutta un’altra razza (da noi quasi estinta). Ma perché indugiare in chiacchiere, quando c’è da mandare avanti un testo in grado di parlare, di testimoniare, da solo? 

Sulle prime mi sono trovato in difficoltà nella scelta: ci sarebbe stato veramente da ribatterlo tutto. Ho deciso allora di proporvi piccoli brani isolati dandogli dei titolini miei, e accompagnarvi per mano dentro il libro come quando si riceve qualcuno presso un amico che in quel momento è troppo affacendato per fare gli onori di casa, così da farvi venir voglia, dopo questo benvenuto, di andare avanti da soli, ma senza avervi tolto il gusto, senza avervi svelato nulla della storia, se non dirvi che questo XXI SECOLO non è soltanto il fratello maggiore del suo recente Signor Bovary, non è solo la somma di tutti gli spunti e suggestioni dei migliori racconti zardiani, ma è un partire da tutto ciò come fosse il caricamento di una molla, per poi compiere un ulteriore portentoso balzo verso l’alto, e confezionare un Romanzo sontuoso, che ci commuove e al contempo ci spaventa.



XXI SECOLO
Quando tornava a casa, li vedeva al capolinea dell’autobus, coi sacchetti mezzi vuoti, le donne rassegnate come vacche indù e gli uomini con sguardi affamati, pronti ad azzannare. I ricchi erano spariti, tutti insieme. Da anni non ne vedeva passare uno. Rimanevano le loro case enormi e sfitte, mausolei per stupori futuri.

DIGA
Su un lato del salotto, una porta a vetri mostrava il giardino sul retro: illuminati da un lampione che si accendeva al primo cenno di oscurità, immobili sotto la pioggia, una bici a terra, un pallone nuovo, l’altalena arrugginita, la spettrale presenza di una vecchia bambola. La grondaia di rame gorgogliava come una rana. Lo spettacolo insignificante di quei dieci metri quadrati sorpresi nella loro quotidiana attività aveva qualcosa di straziante – un’insostenibile normalità. Accese il cellulare, e iniziarono i messaggi: sua figlia, sua sorella, numeri sconosciuti, una diga che cedeva sotto il peso della disperazione.

L’ARMADIO DI CEMENTO
Sua madre abitava ai bordi della città, al sesto piano di un palazzo di dieci che ne dimostrava venti, un armadio di cemento alto e stretto tappezzato di finestre, tapparelle rotte e parabole sulle terrazze.

LA FABBRICA DELLE NUVOLE
«Ho visto una ciminiera che buttava un sacco di fumo, venendo qui, lungo l’autostrada. Sa cosa ci fanno?»
«Era una conceria. Ora l’hanno comprata gli indonesiani e non so cosa ci facciano. Mia figlia, da piccola, credeva che fosse la fabbrica delle nuvole».

BLATTE
I muri erano scavati da mani rapaci lungo tracce che un tempo avevano accolto tubi di rame o fili elettrici; mancavano le porte, gli stipiti, il pavimento, gli interruttori, le finestre, i sanitari. Abbandonato a se stesso, l’uomo non diventava un lupo ma una specie di insaziabile blatta.

DISCARICA
Sembrava un vulcano, o il cratere di un meteorite. Sopra, i gabbiani volavano seguendo strane traiettorie ellittiche.
«Brucia sempre, giorno e notte. Ogni tanto arrivano i camion, e scaricano tutto. L’anno scorso ho visto gettarci un elefante intero – pare che appartenesse a un circo bulgaro che passava da queste parti. Riesci a immaginare un elefante morto? È una montagna di carne. I gabbiani non riuscivano neanche a volare, tanto erano sazi. E ce n’era per tutti. Di sera, c’erano famiglie di saprofagi che si fermavano a cena. Avevo paura di uscire».
Anni prima aveva letto che a Pompei era stata ritrovata la coscia di una giraffa. Chissà com’era spolparsi una coscia lunga tre metri? Loro, invece, ai futuri archeologi lasciavano lo scheletro di un elefante infilato in un buco mefitico; si sarebbero scervellati per anni, ma non sarebbero arrivati a cogliere il profondo mistero del ventunesimo secolo.



POST VENDITA
Il ritorno a casa era pervaso della malinconia che prende gli amanti dopo l’orgasmo, quella che, di norma, precede il sonno. 
La vendita seguiva le stesse regole dei rapporti amorosi: le manovre di avvicinamento, il corteggiamento, l’accerchiamento concentrico, l’assalto, la resa e l’inevitabile tristezza che seguiva il coito. I centri commerciali erano pornografici – zero sentimento, e nessuna conseguenza. Ma vendere di persona, in casa di qualcuno, dosando consigli affettuosi e ragionevoli inganni, quello era un atto d’amore. Non c’erano storie.

DINOSAURI
La notizia del giorno era la scoperta di un paleontologo malese: i dinosauri si erano estinti perché a un certo punto avevano smesso di invecchiare. Ma l’immortalità non gli aveva garantito la sopravvivenza. La teoria del malese aveva a che fare col concetto di sovraffollamento o di emissione di anidride carbonica o entrambe le cose. Tutta quella salute era stata deleteria. Sembrava che la vita, per restare in vita, avesse un disperato bisogno di morire.

CULI
Mariagloria: alta, braccia lunghe, scimmiesche, il viso ossuto, tette come chiappe anteriori, i jeans a vita bassa che lasciavano scoperte le mutande – echi dei primi anni duemila – e un culo abnorme. (Era un problema nazionale, quello dei culi enormi. Nemmeno la crisi era riuscita a smussare quei trofei del passato benessere – non ancora).

MANI
Lei rituffò la faccia tra le mani – trovava conforto, in quei badili rosa. Avrebbe voluto averne anche lui, di mani così efficaci: appoggiarci il viso dentro, sospirare, o sparire, e per un attimo sentirsi in pace.

STALATTITI
Si chiese cosa fossero quelle luci – ricordi, congetture, barlumi di coscienza – e cosa significasse essere dentro quel cervello. Immaginava una grotta, buia, umida, dove ogni tanto una stalattite lasciava cadere una goccia. Plic. Ploc. Sul fondo, gechi trasparenti, e minuscoli insetti neri che scappavano alla vista della luce. Plic. Ci doveva essere l’eco, là dentro. Le parole, invece, erano state bandite. Un mistero ben custodito. Ploc.

GEMELLI
Quando era bambino, due suoi compagni di scuola si distinguevano solo per una cicatrice sulla guancia sinistra. In classe, li avevano fatti sedere uno accanto all’altro e quando la maestra raccontava una storia divertente, la loro risata partiva contemporaneamente, s’impennava con la stessa velocità, si spegneva seguendo la stessa curva d’intensità. Sembravano macchine infernali costruite per confutare la teoria del libero arbitrio: dimostravano che i corpi reagivano meccanicamente alle sollecitazioni esterne. La fisica, la chimica, lo strapotere del DNA. Lui, seduto dietro di loro, li guardava inorridito, sgomento, pieno di terrore.

Non so se il libro vincerà lo Strega, ma in compenso le ultime pagine, da quelle che narrano la trasferta austriaca del protagonista a certe annotazioni splendidamente lucide e ultrapoetiche sull’amore coniugale, fino a comprendere tutto il finale (pagine che lascio alla vostra personale e solitaria scoperta, com’è giusto che sia), mi sembrano, semplicemente, da Nobel: non che il resto sia inferiore, intendiamoci, ma capita spesso in un libro di imbattersi in una densità particolarmente strepitosa di scrittura buona, ispirata, felice, perfetta, e io l’ho riscontrata nei capitoli finali. E di solito questo, guarda caso, accade solamente coi Grandissimi Scrittori, mentre le mezze calzette furbette lustrano e rilustrano l’incipit con effetti speciali e cappelli da pagliaccio per poi sbavar via in calando: quanti romanzetti abbiamo letto che partono con ambiziosi squilli di tromba per poi affievolirsi in una misera, silente scorreggia? Be’, qui Zardi-Mozart è una sinfonia tragica che ci accompagna fino all’ultimo punto, senza mai tradirci, senza mai imbrogliarci, senza mai abbandonarci con la scusa che ormai il biglietto lo abbiamo pagato. Perché Zardi scrive della vita, e la vita, come la buona scrittura, è un flusso sanguigno continuo e torrenziale. Perché questo fa la grande Narrativa: dice la vita, più e meglio di tutti i saggi socioantropologici di questo mondo.

Per lungo tempo ho provato a capire a quali e quanti libri contemporanei si addicesse la formidabile invettiva bukowskiana “storia morta su storia morta, giochi schifosi su giochi schifosi, bugie schifose su bugie schifose... altri sbadigli e merda di cane morto sulla povera anima già in frantumi”. Per poi infine realizzare che si fa prima a dire a quanti NON si addice: sei o sette all’anno, non di più. Negli anni buoni. Ecco, questo Romanzo è uno di quei sei o sette. E io direi che sarebbe il caso di non lasciarselo scappare.
Non fatemi incazzare.
Parola di Scriba.

sabato 21 marzo 2015

CHIUDI GLI OCCHI E GUARDA: colonna sonora sulle ali dell'incipit






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voyage voyage




Il gatto reputa di cagarsi addosso quando è troppo tardi per tornare indietro, e tragicamente presto per arrivare a destinazione.
Trauma da automobile, piccola Ciopy, ma quanto a trasporti felini su gomma è la prima volta anche per noi, e a lasciarti digiuna non ci abbiamo pensato. Dall’espressione del casellante è chiaro che all’abbassarsi del finestrino ha usmato l’afrore ma non ne individua la fonte. Con quella faccia da piciorla ammaestrato sarà dura intuirla. Sarebbe il caso di indicargli la gabbietta con la micia imboscata giù al buio fra il sedile anteriore e il cruscotto, di modo che quello, mentre conta le lire di resto da porgere alla mamma, la smetta di fissare con disgusto il sedile di dietro della 127, la smetta di guardare me.
Andar via da Cuviago è come spezzare un assedio invisibile. Vorrei fosse per sempre. Sarà per tre settimane. Speriamo che non corrano via, che stiano ferme per un po’. Con meno puzza, però.

I preparativi per andare al Mare sono più belli dell’essere al Mare. La prima volta a Marina Ligure con la mamma, in quel luglio del ’79, è stata indimenticabile: da allora “Mare” lo scrivo sempre maiuscolo, e i professori precisini ci s’incazzino pure. Ma il meglio è prima: sognare, immaginare, contare i giorni, fare i bagagli. La dolcezza del radunare tutte quelle cose leggere e colorate sul letto, mentre fuori la pioggerella estiva accarezza le foglie dei ciliegi, il crogiolarsi nell’incanto di tutte le vigilie, trattenere le gocce dei momenti, non lasciarle evaporare via. 



domenica 15 marzo 2015

Corradino genovese onorario! :)

Insieme al mitico Grande Marziano!

Bella gente alla libreria Falso Demetrio

Grizzly, divinità protettrice dell'evento

E il libro è andato a ruba: 
sopravvissuta una sola copia per la vetrina.
Grazie Genova!

martedì 10 marzo 2015

Prime recensioni del mio nuovo romanzo: spezzoni e link



"Parlare di emozioni e sentimenti sembra non essere mai stato così semplice".
TESTUALI PAROLE (Rebecca Romanò)

"Leggere questo libro è stata una goduria"... 
"La scrittura di Nicola Pezzoli è una delle più divertenti che abbia letto ultimamente, non solo nel contenuto ma anche, e soprattutto, nel gioco appassionato in cui trasforma l’uso della lingua".
40 SECONDI (Sara Cappai)

"I libri di Nicola non hanno limiti se non quello di aspettare che ne scriva un altro per poter riaccendere la magia di Corradino".
LETTURE SCONCLUSIONATE (Simona Scravaglieri)

"E intanto lo zio Nick si candida a essere il mio scrittore italiano contemporaneo preferito."
MOZ O' CLOCK (MikiMoz)

"Chiudi gli occhi e guarda punta lo sguardo sulla memoria di estati lontane in cui ci si svegliava bambini e si andava a letto un po' più ragazzini. Per scoprire, poi, a fine stagione di esser diventati grandi..."
ELLE


Chiudi gli occhi e guarda di Nicola Pezzoli rientra in quella categoria di libri a cui ripenserai con affetto anche tra qualche anno. Quei libri che non avranno mai la notorietà che meritano (anche se lo dico per scaramanzia e non posso che augurarglielo), ma che ti porti dentro come piccole medaglie al merito di lettore (fortunato)".
SENZAUDIO (Gianluigi Bodi)

"Nicola Pezzoli ha saputo cogliere con molta sensibilità un momento di passaggio nella vita di un dodicenne. Corradino viene intercettato sul limitare di un’età in cui si smette si essere bimbi e ci si avvia all’adolescenza. Il suo carattere è poliedrico, si intravedono i prodromi dell’adulto che diventerà. Intelligente, dolce, sensibile, mosso da una sessualità confusa ma esuberante, sprizzante di desideri “sporchi”, e tante cattive parole sulla punta della lingua da sussurrare in mente, senza dirle. Un buono che vorrebbe fingersi “duro” senza convincere nessuno".
SCENE CONTEMPORANEE (Mariangela Sapere)


Approfitto per ricordare la presentazione di GENOVA (Prima Nazionale Assoluta) presso la libreria "Falso Demetrio", il prossimo sabato, 14 marzo, alle ore 18, dove avrò il piacere e l'onore di essere affiancato dal Grande Marziano, al secolo Alessandro Vietti. Vi aspettiamo!