"Meglio Capitano della mia zattera di storie di carta che mozzo sul ponte di Achab"

SITO ANTI COPROFAGIA LETTERARIA: MERDA NON NE SCRIVO, E MENO ANCORA NE LEGGO

lunedì 4 settembre 2023

IL DODICESIMO RACCONTO

Avevo trovato, mesi addietro, un ulteriore raccontino di papà. Stava nella stessa grande busta insieme agli altri, ma era senza titolo e scritto a penna (forse solo una stesura provvisoria), ma soprattutto mi pareva che lo stile e il tono macabro-giocoso stonassero un po' con gli altri undici, ragion per cui decisi di non aggiungerlo al libriccino pubblicato a nome suo. Ciò non toglie che anche questo ultimo racconto (più recente, perché sicuramente scritto quando era già vedovo da un bel pezzo) possa essere un carinissimo ricordo di lui. Quindi, eccovelo. Rigorosamente senza titolo. E con inchiostro blu come quello della penna usata da lui. (Mi scuso sia con l'autore che con i lettori per tutte le inutili spaziature, che non dipendono da me ma dal layout dell'editor di Blogger).


SENZA TITOLO (di Pierluigi Pezzoli)


Quando, tornato a Pinarella, arrivai in bici al bagno Oasi, trovai l’amico Gian Carlo.

Dopo i soliti convenevoli, mi disse che ero troppo solo. Mi ci voleva una compagna e me l’avrebbe trovata lui.

Passato il primo momento di stupore, finii per acconsentire, se pur con riluttanza. Però posi delle condizioni: doveva essere “bella, giovane, dolce, intelligente, disinteressata”. Insomma, data l’età, mi sarei accontentato.

Il Gian Carlo non ne parlò più.

Circa un mese più tardi, tornato ormai a casa, il Destino bussò alla mia porta sotto le specie di una splendida donna. In lei c’era tutto quel che un uomo possa sognare. Mi chiese un bicchiere d’acqua. Fu un colpo di fulmine: ci trovammo l’uno tra le braccia dell’altra.

Purtroppo non avrei mai saputo che era in fuga da una CLINICA PSICHIATRICA (EX MANICOMIO CRIMINALE). Si chiamava Ginevra.

Dopo una notte (CALA!), un’ora (CALA!) evabbè dieci minuti d’amore, Ginevra decise che potesse bastare. Strangolò delicatamente il Pierluigi. Poi, trovate in cantina un’ascia e una sega e in cucina un coltello affilato, si mise all’opera diligentemente.

Intanto aveva adocchiato in giardino il bel LIRIODENDRON dalle verdi foglie ombrose.

Ai suoi piedi, la notte seguente, avrebbe scavato la buca per dare degna sepoltura ai resti del dolce e ingenuo Pierluigi.