"Meglio Capitano della mia zattera di storie di carta che mozzo sul ponte di Achab"

SITO ANTI COPROFAGIA LETTERARIA: MERDA NON NE SCRIVO, E MENO ANCORA NE LEGGO

venerdì 14 giugno 2024

KEVIN E L'ILLUSIONE DI ESISTERE: come assaggio gratuito per ritardatari e indecisi, la parte finale del capitolo 6

 

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Ma l’arrotondamento infingardo dei mondi a pera non mi sarebbe parso che una sciocchezzuola in confronto allo sgomento che avrebbe prodotto in me il diventare consapevole della prevalenza del vuoto, dell’immensa, inconcepibile quantità di vuoto che mi circondava e che mi prendeva per così dire per il culo, sempre sensorialmente parlando, travestendosi da pieno.
La Prevalenza del Vacuo, detto anche vuoto, ci insegna che tutte le cose che ci sembrano piene, siano esse muri, marmi, vetri, rinoceronti corazzati, strade asfaltate bene cioè non italiane, piatti, scaldabagni, frigoriferi, mazze ferrate, lamiere, incudini, profilattici metallici, sassate, roncolate, badilate o cazzinculo sono in realtà vuote al 99,99% per via degli atomi (però fanno male lo stesso, perché non siamo stati progettati per sperimentare la vita a livello atomico, tranne nel caso toccaferro che arrivi la bomba).
Per darmi anche solo una vaga idea di quanto sia straripante e per noi quasi inconcepibile l’effettiva prevalenza del vuoto (per via della micropiccolezza dei protoni, dei neutroni e soprattutto di quegli stronzi degli elettroni, e dell’enormità oceanica degli spazi in cui essi per così dire galleggiano) il professor Malthus mi fece un paio di esempi. È come scoprire, mi disse, che il Duomo di Milano non solo è fatto coi mattoncini del Lego, ma che questi mattoncini, anziché essere a milioni fitti fitti come uno si immaginerebbe siano solo poche decine e stiano lontanissimi l’uno dall’altro, come se si schifassero a vicenda. Poche decine di minuscoli mattoncini del Lego a dare l’illusione di una cattedrale, perché tutto il mastodontico insieme che crediamo di vedere è un’immagine virtuale e fittizia realizzata con la complicità della nostra mente, che completa in automatico i disegni unendo i puntini come nelle piste cifrate della Settimana Enigmistica. Ed è come se poche centinaia di granelli di sabbia, disposti a distanze che da uno fai fatica a vedere dove stanno gli altri – anche duecento, quattrocento, settecento metri di separazione – riuscissero a fornirci l’impressione non solo ottica ma anche tattile di una chilometrica spiaggia soffice e compatta. Sembra qualcosa di impossibile, camminare sospesi su un infinito scheletro di vuoto mentre si pensa di fare una lunga passeggiata in riva al mare calpestando coi piedi la solida e umida battigia. E invece è un’esatta anche se approssimativa immagine della nostra realtà.
Questo vuoto è qualcosa che dovrebbe farci morire di vertigini al solo pensarci, ma per fortuna non ce ne possiamo accorgere, un po’ come la storia del pianeta Terra che sfreccia nella Galassia a velocità da paura, ma a noi che ci stiamo sopra a fare le nostre cazzate sembra ferma, perché abbiamo il culo della relatività di essere insulsi e limitati come cacche di moscerino, anche se ci crediamo chissà chi.

«Ma tutto questo non è ancora niente in confronto a ciò che sto per dirti».



domenica 26 maggio 2024

OGGI SAREBBERO STATI NOVANTA


E mi piace tanto tanto, e mi riscalda il cuore, ricordarti così. Orgoglioso di aver avuto un papà che, ultraottantenne, riusciva ancora a essere un ragazzino, felice di dondolarsi in altalena su una spiaggia semideserta in un mattino nuvoloso e ventoso. Oggi ne avresti compiuti 90, e li avremmo festeggiati come si deve, magari con una grigliata all'aperto come facemmo due anni fa per i tuoi magici 88 (ma quest'anno piove sempre...), oppure tornando in quel bel ristorantino, il Concordia, in cui ti portammo otto anni prima. (Ti ho ancora davanti agli occhi mentre soffi sulla candelina della buonissima torta di mele fatta preparare apposta per te, e mentre confidi al titolare-cameriere: "Se mi avessero detto che arrivavo a 80 anni non ci avrei mai creduto", e in questa tua frase c'era tanto sincero stupore, ma sotto sotto il retrogusto d'amarezza di esserci arrivato da vedovo). E mi viene da piangere per quest'altro giorno gioioso rimasto solo nei miei sogni. Ma poi capisco che la vera festa è stata averti accanto per tutti gli stupendi anni che hai potuto regalarci. Grazie, papà, per tutto l'amore che ancora agiti dentro di me.


lunedì 1 aprile 2024

KEVIN E L'ILLUSIONE DI ESISTERE - dopo quasi tre anni di silenzio, il nuovo strepitoso romanzo di Nicola Pezzoli

 

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«Ti farò letteralmente mancare la terra sotto i piedi. Sei pronto a camminare sull’orlo del nulla insieme a me?»


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In un futuro minacciosamente vicino, l’umanità è alle prese con la settima mutazione di una pandemia così pestifera da far rimpiangere il vecchio Covid-19. La città di Varese è diventata Zona Nera, le strade pattugliate da robot T91 incaricati di abbattere chi viola il coprifuoco, lo stadio prigione per negazionisti e untori. Il dodicenne Kevin, che deve il nome a un vecchio film natalizio ma non ha perso nessun aereo, anzi, ha di recente perso i genitori a causa di un incidente di volo, approfitta della situazione per schivare scuola e didattica a distanza, nonché due solerti tizi dei servizi sociali che non vedono di buon occhio il suo vivere da solo. Le sue giornate, in un palazzo spettrale e sigillato dall’esterno, sono dedite a fughe nel metaverso, ma ciò non gli impedirà di stringere amicizia con incredibili personaggi: in primis il vecchio professor Malthus del piano di sotto, con le sue strampalate teorie, il suo jogging da salotto con kimono e scarp del tennis e una sconvolgente scoperta che ricodifica l’intera realtà (o irrealtà) dell’esistere; e poi Ewa, la bambina figlia d’uno stupro bellico e divenuta “madre di sua nonna”; e infine Giàngiu, il ragazzone inceppato ginnico, superbocciato e sindromato di Tourette, che nasconde abilità da idiot savant e manovra il più avveniristico e miniaturizzato dei droni spia. Uno scenario in cui quasi nulla è quello che sembra ma in cui, come nel mondo che ci attornia, a essere veri sono proprio gli aspetti più terrificanti. L’autore, con la voce impertinente e dolcissima di Kevin, ci racconta tutto questo senza rinunciare a farci sorridere, perché da sempre convinto che la migliore narrativa non possa che essere frizzante e tragicomica, o forse perché questo è l’unico modo che conosce per scrivere, e per vivere senza pensare di spararsi un colpo in testa un giorno sì e l’altro pure.


«Se digitalizzi un pirla non ottieni per forza qualcosa o qualcuno di intelligente: il più delle volte ottieni solo un e-pirla».