"Meglio Capitano della mia zattera di storie di carta che mozzo sul ponte di Achab"

SITO ANTI COPROFAGIA LETTERARIA: MERDA NON NE SCRIVO, E MENO ANCORA NE LEGGO

lunedì 30 gennaio 2023

Papà

Caro, meraviglioso papà: oggi è il mio compleanno, ma non potevo aspettare che venisse il tuo, il 26 maggio, per parlare di te. E allora voglio farmi questo regalo: ricordarti con qualche pensiero da far leggere agli amici.

"Igi", il mio teppistello 
 all'età di 12 anni

Il 16 novembre 2022, verso le quattro e mezza del pomeriggio, mi succede una cosa che credevo potesse esistere solo tra fratelli gemelli, non tra padre e figlio. Dopo un paio d’ore di passeggiata lacustre sto salendo verso il parcheggio per tornare alla macchina, quando all’improvviso avverto uno strano dolore alla parte superiore della gamba destra, di un’intensità e di un genere mai provati, che mi fa procedere con una certa fatica. Per brevi attimi mi paralizza proprio. Devo fermarmi sul marciapiede, la gamba rigida non mi risponde più. Poi la sensazione svanisce. Penso a un problemino muscolare (ma anche se morde come un crampo non sembra esattamente un crampo, è di natura completamente diversa), e do la colpa alla lunga passeggiata, un’abitudine che avevo perso, e che ho ripreso oggi nella speranza di mettermi a posto con lo stomaco. E invece proprio in quel momento, a pochi chilometri di distanza, mio papà cadeva sull’asfalto nella strada davanti a casa (era uscito in mia assenza per fare una cosa che gli avevo sempre proibito di fare) e si rompeva il femore. Della gamba destra. Ma quando arrivo, ignaro di tutto, devono averlo portato via da poco, e lì ad aspettarmi non c’è nessuno, dando così origine a minuti da incubo. Eravamo d’accordo che con due colpi di clacson sarebbe sceso ad aprirmi lui, ma dopo aver suonato aspetto e aspetto e il portone non si apre, resta chiuso. Scendo dalla macchina. Ho le mie chiavi, e sarebbe stato meglio non averle. Apro la porta sull’incomprensibile e sul terrorizzante. Vedo per terra del cotone insanguinato. Una sdraio sbattuta in mezzo al garage (penso per farmi capire di non entrare con la macchina, in realtà l’avevano usata come barella) e altre cose fuori posto. Sembra la scena di un’aggressione. Corro chiamandolo e già quasi piangendo, prima verso la lavanderia, poi su di sopra, dove a parte il gatto sul cuscino grande in sala non c’è nessuno, proprio nessuno. Sconvolto, ritorno fuori in strada. Vado al cancelletto. Nessuno in giardino. Nessuno nei dintorni. Nella cassetta delle lettere le sue chiavi di casa. Finalmente la voce di un vicino. In breve mi racconta della caduta, dell’ambulanza, del codice verde. Mi precipito al pronto soccorso (l’ospedale di Cittiglio, dove siamo nati io e mio fratello e dove è morta la mamma, dista meno di un chilometro).

Sto un po’ accanto a te. Sei disorientato, e hai paura di venire sgridato per la cavolata che hai fatto, e che mi hai appena confessato subito dopo esserti inventato un’altra panzana. Ma io ti accarezzo la testolina e dico che sei già perdonato. Dalla sala d’attesa affollata in cui m’hanno fatto tornare, tendendo l’orecchio capto le parole “ghiaccio e antinfiammatorio”. Ma non stavano riferendosi a te, sarebbe stato pretendere troppo. Insomma rottura del collo del femore. E dopo tre giorni l’operazione, andata benissimo. Ma poi…

Giovane uomo innamoratissimo della sua Lidia

Diciannove anni fa, negli ultimi suoi giorni, la mamma era preoccupata per i nostri caratteracci: “Questi due senza di me si scannano”. E invece, mese dopo mese, anno dopo anno, un crescendo di concordia e di giorni sereni e felici, con tutti gli alti e bassi dell’umana debolezza. Quanto affetto, quanta tenerezza, quanto divertimento (più invecchiavi e più diventavi simpatico e spiritoso, ti adoravano tutti, avevi subito conquistato anche le infermiere dell’ospedale, tranne una su cui stendiamo un velo pietoso), e quanta compagnia ci siamo fatti: eri mio padre e mio amico, mio alleato e mio fratello, ma eri anche il mio bambino, che accudivo e coccolavo e proteggevo (non abbastanza, a quanto pare). Quando stava per iniziare un film e appariva la dicitura “bambini accompagnati” io scherzosamente alzavo la mano e dicevo “Ci sono qua io”, e tu annuivi e sorridevi. Quanti bei momenti insieme: le passeggiate, i film, i documentari e le partite alla tv, i tuoi appassionanti racconti dei tempi lontani, e poi leggere gli stessi libri (lo chiamavi “il pacco libri” quello che ogni anno facevamo arrivare da ibs attorno a San Nicola, stracolmo di romanzi e dvd). E poi la casa da mandare avanti insieme, e il gatto Isidoro che in apparenza ti andava poco a genio, ma poi eri proprio tu a dargli i vizi come i bocconcini di prosciutto cotto durante le nostre frugali e intime cenette. E le indimenticabili vacanze al mare, dove fino a 85 anni, circa tre e mezzo prima della fine, ancora ti facevi le tue nuotate e poi corricchiavi sulla passerella per andare alle docce, il nostro amato stabilimento balneare, sempre lo stesso, dove ogni giorno si pranzava guardando il mare luccicoso e il verde della pineta, e dove eri la mascotte di tutti, benvoluto da tutti, tranne quelle rarissime eccezioni che sempre ci saranno nell’umana varietà. Ricordo un non simpaticissimo cameriere che un giorno sparlò di noi non accorgendosi che io ero seduto lì vicino e gli davo le spalle: “Quelli che sembrano due froci”. Proprio a te, papà, che avevi sposato una delle più belle ragazze di tutta la provincia. Finsi di non aver sentito. Ci rimasi malissimo e provai uno stupido imbarazzo, e invece, ripensandoci adesso, che splendido involontario complimento ci aveva fatto quel piccolo uomo!

Lungi da me dare tutte le colpe ai medici, o diventare una di quelle persone che fanno causa agli ospedali. Ma nitida è in me l’impressione che questi soggetti, pur quasi tutti umanamente ottimi, stessero sempre due o tre passi indietro rispetto all’emergenza. Subito dopo l’operazione mi dicevo preoccupato per tutta quella tosse e tutto quel catarro, e loro mi rassicuravano dicendo che si trattava delle vie respiratorie “alte”. Alte un cazzo. Polmonite. Ma stavi lottando per farcela, contro quella brutta bestia, e stavi per essere trasferito nel centro per la riabilitazione. E poi, la mattina del 29 novembre, quel tampone fatto solo perché prescritto dalla prassi prima di un trasferimento. Positivo. Sia te che il nuovo compagno di stanza. Non si saprà mai chi ha infettato chi. La mazzata finale. Già quasi una sentenza. Diciamo così: se ti avessero mandato un killer, costui non s’è presentato armato di coltello, ma di mitra, bazooka e bombe a mano, mio povero papà. Altri nove giorni…

Quegli ultimi giorni mi hanno fatto far pace con la tecnologia, con quelli che avevo sempre definito “smerdòfoni”. Un’infermiera, più angelica che umana, ha stabilito un contatto tra noi e te attraverso delle videochiamate, che ci hanno permesso di non farti sentire completamente abbandonato in quella che era diventata una camera sigillata dove entrava solo personale medico vestito da astronauta, ci hanno dato modo di coccolarti a distanza, rincuorarti, persino farti sorridere…. Alla fine delle videochiamate ci si mandava i bacini. Mio fratello dice sempre che nelle due fatte con loro (io stavo in autoisolamento a casa nostra) era sempre me che cercavi, sempre di me che chiedevi. Per le chiamate con me veniva qui una delle mie fantastiche nipoti (proteggendosi con la mascherina, ma lei era abbastanza tranquilla perché negativizzata da poche settimane). L’ultimo contatto risale al 6 dicembre. Frammenti di dialogo: “Papà, sai che giorno è oggi? È San Nicola. Come regalo voglio solo che tu guarisca”. “Sei splendido”. “No, sei tu splendido! Ti voglio bene papà!”

La prima foto con me

Che magnifici anni mi hai regalato, meraviglioso e generoso padre! Tu non sei mai stato tipo da complimenti e smancerie, ma almeno un paio di volte mi hai detto che con l’essere sempre lì con te e per te ti avevo allungato la vita, e che senza di me non avresti saputo come fare. La verità è che sei stato tu ad allungare la mia, e che sono io che senza di te non avrei saputo come fare. 

Il prossimo 26 maggio avresti compiuto 89 anni. E allora com’è che sono straziato come se avessi perso un ragazzino?  Eri così vispo, così arzillo, così lucido. Eri così sicuro di tornare a casa che mi davi istruzioni su questo e su quello. “Oh, per quando torno…”

Per farci soffrire il più possibile, il destino ti ha portato via, di botto, proprio nel momento in cui avevamo ricominciato a sperare, a illuderci. Eravamo stati pronti a perderti sei notti prima. Quella sera, fra il primo e il due dicembre, mi aveva chiamato l’anestesista di guardia dicendo che avevi avuto una crisi, che il livello di saturazione nel sangue era bassissimo, che non tolleravi e rifiutavi il casco per respirare, accettavi solo la maschera dell’ossigeno e pure quella malvolentieri, e che se l’ipossia fosse aumentata avrebbe potuto solo aiutarti con una piccola dose di morfina. Io lo avevo ringraziato (non prima di avergli chiesto un altro vano tentativo per convincerti a mettere quel casco), immaginando che almeno te ne saresti andato facendo dei bei sogni, magari chissà, ritornare in viaggio di nozze a Positano con la mamma, dentro oceani di luce e di amore. Passai la notte con le luci accese, a vegliarti a distanza, senza dormire un solo minuto, appuntandomi l’ora esatta del prodursi di determinati segni, come il canto funereo di un uccello notturno. E invece ce l’avevi fatta, e a partire dal giorno dopo avevi cominciato a riprenderti in maniera prodigiosa. Ogni mattina chiamavo presto in ortopedia per informarmi su come avevi passato la notte. 

Sapevo che a casa tenevi una sorta di diario di bordo in cui segnavi meticolosamente su dei blocchetti, con tanto di orario, le cose che succedevano nelle tue giornate, compreso l’inizio della pioggia o il ritorno di un pallido sole. Ho sempre rispettato la tua privacy e non sono mai andato a curiosare (e per ora continuo a non farlo: lo troverei troppo doloroso). Ho fatto un’eccezione per le ultime righe di quel 16 novembre, in cerca di qualche indizio, di qualche spiegazione. Le ultime parole erano: “Alle 14.30 Nicola parte per Gavirate per fare una bella camminata”. Già, proprio una bella camminata. Potrò mai perdonarmi?

Il mio vecchiettino nei nostri giorni felici al mare

Alla fine ti ha ucciso Sant’Ambrogio. Ero andato a dormire alle dieci e mezza di sera, distrutto, sicuro di farmi una corroborante, lunga dormita, rinfrancato e fiducioso, perché anche se la situazione era grave sembravi davvero potercela fare. Se non tu, mio highlander, chi altri? In corridoio avevo lasciato accesa una plafoniera propiziatoria, perché trovavo magico e protettivo il bianco arco di luce che disegnava, illusoriamente, fuori da una finestra della sala. E invece, nel dormiveglia, il momento più brutto della mia vita: lo squillare di quello stronzo telefono. Il cellulare, che per anni e anni avevo sempre tenuto spento, il cellulare che l’infermiera ha scelto di chiamare perché al numero di casa temeva avrebbe risposto “la moglie”, mentre invece avrei risposto sempre io… “Purtroppo le devo dire che suo padre è deceduto”. Almeno, a quanto pare, ti sei come addormentato, senza accorgerti e senza soffrire. Solo dieci minuti prima le avevi chiesto dei fazzolettini di carta. Tutto questo pochi minuti prima che finisse il 7 dicembre. La maledizione del numero 7 nelle date di morte di tutto il nostro ramo Pezzoli. Nel mio ingenuo ottimismo pensavo che nel tuo caso il 7 sarebbe stato contenuto nel 2027. Una ragionevole dilazione. E invece…

Fin troppo prevedibile, fin troppo scontato, ch’io mi metta a parlare della tortura degli oggetti, e dei ricordi da loro veicolati. Ma così è. La tua lente d’ingrandimento, con cui t’aiutavi quando l’occhietto superstite era stanco. Il tuo berretto verde scuro, che ti preoccupavi fosse andato perso sulla scena della caduta e invece avevo recuperato ed era qui che ti aspettava a casa. Il ventaglio viola della mamma, che con gioia usavo, come lo schiavo di un sultano, per darti sollievo dalla calura estiva che soffrivi più di me (l’espressione felice e beata che ti si dipingeva in volto, ma bastavano pochi secondi e poi dicevi “Bene così, grazie”). Le tue pipe, anche se da tanti anni non le fumavi più. Il piccolo gufo di legno che tenevi sul comodino. Il tuo pennello da barba. I guanti gialli con cui a 88 anni e mezzo pretendevi di essere sempre e solo tu a lavare i piatti (io facevo da mangiare, ma tu volevi apparecchiare, lavare i piatti e preparare il rito del caffè per due con la moka grande, così come ci tenevi a occuparti della raccolta differenziata e persino di stendere i panni dopo che io avevo fatto andare la lavatrice, caricata piano piano da te un indumento alla volta, come facendo l’appello).

A renderti unico erano anche i tuoi mantra rassicuranti, come li chiamavo io. Sotto la doccia ti si sentiva chiamare a raccolta i tuoi cugini della Mirabella, tutti scomparsi da tempo perché come età sembravano più zii che cugini (mio nonno era l’ultimo di sette fratelli): “E il Luisìn, e il Giuanìn, e il Pasqualìn, tutti tutti in compagnia…” Dopo un po’ che ripetevi ‘sta cosa entrava improvvisa una voce diversa, simpaticissima, da cartone animato, con la quale dicevi: “Luisìn basta! Basta coi Luisìtt!”, dopodiché smettevi.

Una foto che fa male: il lieto fine pareva certo

Un pensiero che mi consola è il rapporto sereno, tranquillo, disincantato, di piena accettazione che hai sempre avuto con la morte, con l’evidenza del fatto che prima o poi dobbiamo andarcene tutti, da qui. La volta che ci spaventasti con quel malore il giorno di Natale (un fatto di cinque anni fa) con due svenimenti in rapida successione, subito dopo, sdraiato su un divanetto in attesa dell’autolettiga, eri sorridente, quasi lieto, dicevi che se è ora è ora, e poi ti mettesti a intonare filastrocche dialettali, come un vecchio pellerossa che canta la propria nenia funebre, con la differenza che le nenie dei pellerossa sono tristi e lugubri, mentre le tue filastrocche erano briose e divertenti, un Pippirimerlo (se non addirittura un Ciao!) alla signora morte, vista non come interruzione o rottura ma come parte naturale della vita (la parola virte, unione di vita e morte, che io stesso inventai tanti anni fa?) Per non parlare di quando, nei tuoi foglietti promemoria, se ti segnavi un appuntamento per una visita medica da fare di lì a qualche mese aggiungevi sempre sotto, tra parentesi, “se campo” (e non era scaramanzia, ma lucido realismo), o di quando ripetevi, col tuo spirito un po’ macabro, che il tuo prossimo indirizzo sarebbe stato “il loculo 47”, accanto al 46 della mamma – non fosse che nel frattempo la burocrazia ti ha pure fatto lo scherzetto di rinumerarli, e il mitico 47 è diventato 139. Ma è sempre lì, di fianco alla tua Lidia, e lì ti ho deposto il 20 dicembre, dopo aver dato un ultimo bacio all’urna con le tue ceneri, dopo averla cullata stretta stretta fra le braccia per tutta la semplice ma toccante cerimonia privata (da persona specialissima quale eri, non hai voluto un vero e proprio funerale).

Col fatto che per via dello spietato protocollo covid non ti abbiamo potuto vedere dopo morto, neppure da lontano, è come se tu fossi solo misteriosamente svanito, partito per un lungo viaggio senza avvertire. E così, alla struggente tristezza della perdita, si aggiunge la struggente e torturante speranza di una permanenza (che nel mio cuore comunque sarà tale finché avrò a mia volta respiro), di un dolcissimo ritorno. Come cantavano gli Alphaville in “A victory of love”: Hoping for your/sweet, sweet/return (rintocco di campana su “return”).

Mi manchi, papà.

Tutte le sere, prima di ritirarti nella camera matrimoniale, dopo la buonanotte aggiungevi quell’altra tua parolina, “Nucét” (la traducevi con “nottina”, anzi “nottino”, al maschile, nel senso di una dolce confortante notte di sonno profondo e ricolmo di bei sogni). Probabilmente andrò avanti a sussurrare “Nucét”, ogni sera prima di addormentarmi, finché non sarà giunto il momento di seguirti.

Pierluigi Pezzoli 
26 maggio 1934 - 7 dicembre 2022


40 commenti:

  1. Nicola caro,
    Quanta commozione, quanta tenerezza mi suscitano le tue parole. Hai avuto un padre meraviglioso e sei stato un figlio non da meno. Sicuro, un meraviglioso figlio! E questo deve consolarti, rasserenarti nel ricordare tuo padre, che sarà sempre con te. Come lo è la tua mamma.
    Un caro abbraccio e cari auguri di Buon compleanno.
    Giovanna

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    1. Grazie per questo tuo dolce pensiero, carissima Giovanna. Perché in questo periodo anche le parole affettuose delle amiche e degli amici mi consolano e mi rasserenano. Ti abbraccio forte anch'io.

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  2. Nicola ho pianto e ricordato in ogni riga quanto amore ha sempre descritto parlando dei tuoi genitori. Ho rivissuto miei momenti dolci e tristi in questo tuo scritto. Probabilmente la tenerezza degli affetti cari ha, seppur nella diversità, delle somiglianze toccanti. Ti abbraccio, e ti assicuro che loro sono con noi, in ogni ricordo,in ogni momento ... Te ne starai già accorgendo che ci parlano , ci sono vicini ... Sono nel nostro cuore e da lì il dialogo non si spegnerà.

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    1. Tutto verissimo quello che dici. Io poi con lui ci sto parlando fin troppo. Avevamo un numero infinito di tormentoni divertenti, dialettali e non, e molto spesso mi sorprendo a ripeterli ad alta voce come se lui fosse accanto a me. Forse il motivo è che lui c'è davvero. Non c'è spunto che non mi faccia andare col pensiero a cosa ci saremmo detti su quella particolare cosa. (Dalle nostre parti c'è una storiella sugli abitanti di Ghirla, di cui, per banali motivi di rima, si dice che il più intelligente sia un pirla. L'altro giorno, trovandomi davanti agli occhi, su un giornale online, il titolo "Battesimo ortodosso nelle acque gelide del lago di Ghirla", non ho potuto non pensare a tutte le risate che ci saremmo fatti su 'sta cosa).
      Grazie per la tua meravigliosa vicinanza, amica mia!

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  3. Caro Nicola, come è tuo stle riesci sempre a trasmettermi emozioni. Sono certa che il tuo papà, abbracciato alla sua Lidia, ti stia guardando e proteggendo. Ti abbraccio forte e ti faccio i migliori auguri di buon compleanno. 🌹💜

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    1. Anche se non fossero abbracciati in un luogo reale, lo saranno per sempre dentro il mio cuore, e in fondo questo così forte sentimento è più reale di ogni possibile reale. Ricambio il tuo abbraccio e ti ringrazio dal più profondo del cuore.

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  4. Buon Compleanno Nicola!! Davvero meraviglioso omaggio.. e la capacità di trasferire l'emozione di ogni parola al mio rapporto con papà oggi, quasi novantenne, lucido, sorridente ma anche capriccioso come capita ai vecchietti che si sentono soverchiati dalle eccessive attenzioni dei figli.. quel dolore che hai sentito alla gamba mi ha emozionato.. comprendere quanto legame può esserci tra genitori e figli.. quanta pazienza e quanta bellezza.. quanta necessità di ringraziare sempre per quello che siamo diventati.. grazie Nicola!

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    1. Sì, hai ragione: per loro Amore e Gratitudine sopra ogni altra cosa. Oggi sulla nostra lavagnetta in cucina avrei trovato scritto AUGURI, e sotto ci avrei scritto GRAZIE, un dialogo in apparenza convenzionale ma invece ricco di tenerezza. Ma il GRAZIE lo scrivo lo stesso. E Grazie anche a te per essermi stato vicino con questo mattutino pensiero. Un abbraccio forte, anzi, delicatissimo, anche per il tuo splendido vecchietto.

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  5. Carissimo Nicola, mi piace pensare a tuo padre mentre legge il tuo delicato scritto e trova un motivo in più per continuare a starti vicino e a proteggerti dalla tua sofferenza. Spero che, come è successo a me dopo la morte dei miei genitori, il tuo dolore lasci spazio a un sentimento piu' chiaro e dolce. In realtà niente finisce davvero, se non lo vogliamo, e tu hai sensibilità e risorse necessarie per affrontare nel modo migliore cio' che è stato e che verra'. Auguri Nick! Ti abbraccio

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    1. Ti ringrazio per queste tue dolci e belle parole, Giacinta carissima. Mi piace immaginare i nostri genitori che si incontrano e fanno conoscenza, e si mettono a parlare di una bravissima ragazza e di uno scrittore un po' pazzo e molto pigro, raccontandosi aneddoti su quando eravamo piccoli, col sorriso sulle labbra e una splendente luce negli occhi. Ti abbraccio forte anch'io!

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  6. Nicola, l'emozione che provo mi toglie un po' di parole o meglio le sento tutte aggrovigliate confusamente.
    Sabato sera ho incontrato la famiglia a cena. Arrivati al dessert che io e un figlio degustiamo, seduti vicini, sul divano mentre gli altri rimangono seduti a tavola mi bisbiglia all'orecchio per sapere se sto veramente bene e che non gli faccio lo scherzetto di morire senza avvisarlo, perché gli farei fare un colpo!
    È preoccupato per le mie patologie croniche.
    L'ho rassicurato dicendogli che anche se fosse non morirei veramente del tutto e che con la mia energia gli sarei sempre vicina anche dopo...
    È confortante l'atteggiamento. Di serenità verso la morte o meglio di accettazione, anche se più lei si avvicina, più la vita sembra bella e importante.
    Buon compleanno Nicola con tanto affetto, Nou.

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    1. Trovo meravigliosi questi pensieri sull'essere vicini anche "dopo". Anche con mia mamma ci dicevamo cose simili: io che temevo il momento in cui avrei avuto una cosa bella da dirle mentre lei non c'era più, e lei che mi rispondeva "Me lo potrai dire lo stesso". Ti meriti tutto l'affetto che ricevi, mia cara amica, e ti assicuro che tanto, anche se da lontano, ne ricevi anche da me. Ti abbraccio forte forte.

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  7. Mi hai commosso sino alle lacrime: che rapporto meraviglioso hai avuto col tuo papà così unico e speciale. Ti abbraccio forte forte, con tanto affetto 💗

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    1. Questo commuoversi è un bellissimo scambio multiplo: devono essere belli il racconto e la persona raccontata, ma deve essere una bella persona anche quella che legge, e io devo dirmi fortunato per voi che mi leggete, per te che leggi e ti commuovi con me. Grazie!

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  8. Grazie, grazie di averci raccontato del tuo papà, come si fa con gli amici, quelli intimi e veri. Un ritratto tenero e meraviglioso. Ti abbraccio forte. Mìgola

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    1. Sono felicissimo di ritrovarti da queste parti, amica carissima e mai dimenticata. Ti abbraccio a mia volta, fortemente e teneramente al tempo stesso. Ciao!

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  9. Spero di riuscire davvero a renderli fieri di me: di sicuro io sono fiero di loro, e grato per il loro amore e il loro esempio. Ti ringrazio, e ti abbraccio forte forte.

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    1. Misteriosamente sparito un commento qui sopra. Giuro che non sono stato io a cancellarlo.

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    2. Ciao Nick,era il mio il commento sparito ,non ho idea cosa sia accaduto e non hai bisogno di giurare perchè ti credo.

      Ricordo di averti scritto più o meno questo che i tuoi genitori si sono ricongiunti e che si è sempre percepito il senso di amore per loro dai tuoi profondi scritti che gli hai dedicatio.Non possono che essere fieri di te da lassù .

      Volevo sapere solo se stavi bene ed ho visto il post successivo e il tuo blog aggiornato...Ti lascio un mio silenzioso e sincero abbraccio:)

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    3. Misteri della tecnologia, che a volte sembra divertirsi spietatamente alle spalle di noi umani. (Forse per invidia delle nostre emozioni, dolorose o gioiose che siano?) Ti riabbraccio anch'io!

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  10. Caro Nick, amico mio, come ti dicevo oggi lo so che oggi è per te un compleanno un po' diverso (cito Guccini qui, mi conosci 😍), ma questo bellissimo post induce ancora di più a farti gli auguri, che sono auguri di gioia e serenità. Infatti come scrissi io per mio papà quasi 14 anni fa nell'agosto del 2009, anche tu non hai né rimpiati né rimorsi con lui, perché non c'è nulla che tu non gli abbia detto o fatto, nulla che tu avresti voluto dirgli e non gli hai detto. Te lo sei vissuto totalmente e lo hai fatto andare via sereno. Io nel mio piccolo ti devo un piccolo grazie, proprio parlando dello smerdofono 😂, perché chiedendomi aiuto su come configurarlo e come evitare truffe mi hai reso un po' parte della vita di te e tuo papà, visto che quei consigli erano anche per lui. Ti voglio bene e ti abbraccio forte 🤗

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    1. L'aver vissuto così tanti anni in perfetta simbiosi non dovrebbe lasciar spazio a nessun rimpianto, solo a gratitudine. Ma io sono così intransigente con me stesso, e così severo, che non riesco a non pensare a quella cosa che avrei potuto fare e non ho fatto, a quell'altra che avrei potuto chiedergli e non gli ho chiesto mai, a quando avrei potuto rispondergli con più gentilezza, pazienza o dolcezza e non l'ho saputo fare. Però sono pensieri che se voglio andare avanti devo scrollarmi di dosso, perché hai ragione tu: io e papà ci siamo regalati a vicenda degli anni stupendi, una storia rara e irripetibile, per merito suo e per merito anche mio.
      Ti abbraccio forte forte anch'io, mio Amico carissimo.

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  11. Caro, torno a leggerti dopo un periodo di silenzio e piango. Credevo di avere esaurito le lacrime ed invece... Periodo nefasto e triste.
    Chissà se il tuo papà leggerà questo tuo post? Io voglio pensare di sì, debbo pensarlo. La morte fisica non può terminare quella spirituale. Sarebbe davvero la fine, almeno per me.
    Scusami se non mi prolungo ma non ci riesco, davvero non ci riesco. Abbraccio fortissimo con un a presto.<3

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    1. Bentornata, mia cara amica, anche se il momento è triste. Credo che papà lo abbia potuto leggere nel momento in cui lo pensavo e lo scrivevo, perché lui è davvero dentro il mio cuore. Non è una frase fatta, ed è anzi proprio il poter concepire simili pensieri a rendere (potenzialmente? occasionalmente?) magici noi esseri umani. Possiamo chiamarla, se vogliamo, spiritualità. Ti abbraccio fortissimo anch'io.

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  12. Caro Nicola, sono passata per augurarti seppur in ritardo buon compleanno e trovo questa dichiarazione d'amore. Un abbraccio altro non aggiungo

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    1. Ti sono grato, cara Amanda, per aver saputo usare un'espressione coraggiosa ma assolutamente perfetta e azzeccata: dichiarazione d'amore. Abbraccio ricambiatissimo.

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  13. Ciao, caro Nicola. I genitori, pietre miliari delle nostre vite, non dovrebbero andarsene mai. Li ho persi entrambi da decenni e ho sofferto terribilmente. Penso di intuire empaticamente queello che stai provando. Non ci sono parole bastevoli...Spero ti arrivi il calore del mio abbraccio affettuoso, quasi da sorellina.

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    1. Grazie, dal più profondo, per questo abbraccio da sorellina che affettuosamente, e fraternamente, ricambio. Ciao, carissima Maria!

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  14. Ciao Nicola,ho letto il tuo post con attenzione e rispetto:rispetto per i tuoi sentimenti così dolci,così carichi di amore,di tenerezza verso il tuo genitore,come lo erano state quelle lette in precedenza.I genitori,con i quali quasi tutti e quasi sempre entriamo in conflitto,per poco o tanto,ma con i quali finiamo col confrontarci da pari,crescendo,o meglio maturando,lasciano vuoti non colmabili.Esprimo, e spero tu possa accettare, i miei sentimenti di sincero affetto e di vicinanza.

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    1. Ma sicuro che li accetto, amica mia, e li ricambio con un affettuoso abbraccio. Grazie!

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    1. Grazie di cuore. Questo è un post senza tempo. L'amore, al contrario di noi singoli esseri, è qualcosa di misteriosamente eterno. Abbraccio ricambiato!

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  16. oh mi dispiace, pensa che poco fa leggendo un vecchio scambio di commenti tra te e cavaliere errante mi sono chiesta: ma zio scriba saprà che cavaliere errante è morto? e così sono venuta a cercarti per informarti, e trovo che è morto il tuo adorato papà. non sapevo che non si potesse tuttora accudire i malati di covid in ospedale, a novembre mia mamma era stata in camera con una positiva e tuttavia ci facevano entrare, pur bardati. quella credo sia la cosa più difficile da accettare per voi, non averlo potuto assistere fino alla fine. un grande abbraccio.

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  17. Oggi ho letto un libro che mi permetto di consigliarti: appunti sul dolore, di una scrittrice nigeriana. In poche ma intense pagine parla del dolore causato dall'improvvisa morte dell'altissimo padre.

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    1. Ti ringrazio doppiamente, cara Silvia, sia per la tua vicinanza che per il consiglio di lettura. Un grande abbraccio anche da parte mia.

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  18. Ciao Nicola, avevo già letto allora questo scritto su facebook, ma ora che sono tornata tra i blogger, mi sono voluta prendere un momento anche per commentarlo. E rileggerlo...che racconto meraviglioso è questo dedicato al tuo papà! Mi ha fatto commuovere molto, ciò che descrivi in modo così profondo ha risvegliato emozioni comuni, emozioni che anch'io ho provato. E poi...la tortura degli oggetti, eh sì. Dopo quasi sei anni dalla morte di mio babbo ho ancora i suoi pennelli da barba nel suo bagno, le pipe in mansarda... Scusami se ho permesso anche ai miei ricordi di venire allo scoperto, abbraccio forte te e col pensier quel ragazzino del tuo papà. Ninfa

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    1. Ciao cara amica. Dei tuoi ricordi personali ti ringrazio con affetto, altro che "scusarti"... Perché quei ricordi sono un dolcissimo dono che mi conforta, rammentandomi che il mio dolore e il mio amore sono anche quelli di tanti altri che come me sono nati in forma umana in questo mondo. Grazie per questo tuo bellissimo pensiero: ti riabbracciamo forte entrambi, io e il mio papà-ragazzino, di cui è rimasta una parte (qualcuno lo chiamerà dna, qualcuno lo chiamerà anima) sempre viva dentro di me.

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  19. E così oggi sarebbero stati 89. Chissà, magari un'altra bella grigliata dall'Alberto, come in quella giornata felice e piena di sole di un anno fa.
    Buon compleanno papà!

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  20. Ciao, hai scritto un post bellissimo, pieno d'amore e non riesco a trattenere le lacrime. Con molto ritardo, un abbraccio ❤

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    1. Le commozioni sono al di fuori del tempo e gli abbracci non sono mai in ritardo. Ricambio con affetto. Ciao!

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Benvenuti a bordo!!
Questo blog è Nemico dichiarato di ogni censura. Ma sono costretto mio malgrado a ricordare che rimuovere insulti gratuiti, scorregge occulte o minacce vigliacche non è censura: è nettezza urbana. Voglio che qui da me vi sentiate esattamente come a casa vostra: quindi Liberi, ma non di pisciare sul pavimento, o mi toccherà pulire. :)