1
Il lato interno delle parole
Le parole cadevano una dopo l’altra, i vocabolari smagrivano. Sotto i colpi di leggi e decreti, i cadaveri dei nomi delle cose si ammucchiavano come foglie autunnali al fronte, come soldati appollaiati su rami a tiro di cecchino. Nel giro di pochi giorni erano state espurgate dal catalogo del dicibile “mulatto”, “sordo” e “chiappe”. Poi, giusto in mattinata, era stato diramato il bollettino che mandava in pensione la bellissima parola “straniero”, e l’editore che aveva appena ripubblicato il famoso romanzo di Albert Camus fu obbligato a ristamparlo col titolo Il proveniente da altra nazione di pari dignità, ci mancherebbe, si figuri, grazie.
[ ... ]
E le parole perite non di naturale disuso (come “purchessia” o “costaggiù” o “intelligenza”) ma di censura violenta, non avevano neanche diritto a una lapide commemorativa, perché lì sopra avresti pur sempre dovuto scriverle.
Già conosco, ma riletto volentieri, con la splendida immagine. Un bacio Sandra
RispondiEliminaAncora una volta grazie. Un bacio anche a te!
EliminaOttima scelta questo brano!
RispondiEliminaDanke!
EliminaGià letto, come sai, ma é un bene rilggerlo ;)
RispondiEliminaE tutto il mondo dovrebbe seguire i consigli del saggio e buongustaio Ally... :)
Eliminap.s.
GRAZIE ISLANDA!!!!
A casa le capre antieuropee!
Buona estate!
RispondiElimina