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mercoledì 30 novembre 2016

Ma che bravo questo! Però cheppalle! Però che bravo! Però cheppalle...


A volte, nel mio prezioso e affollato file di schede di lettura, mi trovo a comporre note in cui le parole positive e quelle negative sull’autore e sul libro continuano a confondersi e alternarsi. Mi capita di stilare microrecensioni in cui le più irriverenti critiche superano gli elogi, eppure alla fine il voto non può essere che alto, per via dello stupore e della gratitudine che ho provato davanti alla magica potenza di certe singole pagine e alle emozioni che mi sono state regalate. E non riesco mai a capire se tutto ciò faccia di me un lettore ingenuo, confuso, poco “preparato” e un po’ schizoide, o al contrario un lettore eccelso, esigente, non rincoglionito da troppa erudizione e attento a ogni minimo particolare.
Per farvi capire cosa intendo, e per chiedere un vostro parere, vi copincollo la scheda del romanzo che ho letto di recente, “Il guardiano del frutteto” di Cormac McCarthy, tradotto dalla bravissima Silvia Pareschi.

Cormac McCarthy
Il guardiano del frutteto. Il potente romanzo d’esordio di Cormac ne rivelava già tutti i pregi di grande scrittore accanto a tutti i suoi difetti, fra i quali spiccano la ridondanza delle descrizioni, l’eccessivo gusto per i particolari più minuziosi e un sovraccarico a volte davvero estenuante di aggettivi. Un maestro visionario che quando scrive riesce al tempo stesso a poetare, intagliare e dipingere, ma che avrebbe dovuto imparare a difendersi dal pericolo chiamato saturazione. Strana lettura, quasi schizoide, con alternanze di goduria e di noia suprema: all’editor che sonnecchia in me prudevano spessissimo le dita sulle forbici. Davvero imperdonabile, poi, la sciatteria di usare in due capitoletti consecutivi (pag 65 e pag 69) le similitudini “come file di pecore assonnate” e “come branchi di pecore sonnolente”. Va a finire che il lettore si addormenta, con tutte queste pecore! 
E comunque: che personaggi indimenticabili, che atmosfere magiche, che paesaggi in cui perdersi!

E a voi, è mai capitato un libro che vi facesse dire, più o meno a pagine alterne «Ma che bravo questo! Però cheppalle! Però che bravo! Però cheppalle! Però che bravo! Però cheppalle…»?



19 commenti:

  1. Hai presente Mailand? :p
    Scherzo, ho detto sempre e solo "che bravo questo (anche se...)" leggerai presto la mia rece :)

    Moz-

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  2. Più volte di quante sia riuscito a contarle. Ho parecchi romanzi dove s'alternano sequenze narrative rapide e lunghe pagine descrittive; a volte anche lo stile narrativo ti fa dire "che palle" anche nelle sequenze rapide. Ho letto alcune pagine di "Meridiano di sangue", sempre di McCarthy, e ho trovato la stessa tendenza a sovraccaricare i suoi scritti di descrizioni e di aggettivi. Dopo il quarto sbadiglio ho posato il libro; magari mi deciderò a riprenderlo in mano.

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    1. Io, per restare a Cormac, ho avuto problemi con "Oltre il confine": storia meravigliosa e affascinante con protagonisti un ragazzino e un lupo. Ma non puoi impiegarci novemila pagine per spiegarmi con estenuante minuziosità, centesimo di secondo per centesimo di secondo, il modo in cui il ragazzo tiene legato il lupo! Dove cazzo stava l'editor?! :D

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    2. S'era addormentato a pagina 10, ovviamente... :D

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    1. E per fortuna è tradotto da dio... :-))
      Ciao carissima!!

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  4. Sì, con Franzen. Grandissimo scrittore, ma ogni tanto mi è scappato, magari non a pagine alterne.

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    1. Idem. È un grandissimo, e "Le correzioni" è uno dei migliori romanzi degli ultimi anni, ma in altri testi sa diventare pesantuccio.

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  5. Mi è capitato con Saramago. Ma dovrei approfondire di più.

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    1. Idem come sopra. Lo adoro e lo considero un Nobel strameritato, ha scritto capolavori assoluti ("Tutti i nomi" e "Cecità" sono i miei preferiti, ma l'elenco sarebbe lunghissimo) però usa sempre la stessa cadenza, che per alcuni romanzi è perfetta mentre in altri diventa quasi autosabotante. Non so, per esempio a mio parere una storia come "L'uomo duplicato" esigeva un ritmo diverso. Ma sia chiaro che sono solo ingenue annotazioni da lettore: come scrittore ho soltanto da imparare.

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  6. Ah ah interessante domanda. A me non è mai capitato. In genere o penso in continuazione che bravo, straordinario ecc, oppure penso solo che palle

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    1. Che poi i pallosi non bravi sono il 99%: bisognerebbe avere il potere di individuarli già dalla copertina. Anche se devo dire che dopo anni e anni di letture ci sono molto vicino, e le bufale che mi infliggo sempre meno... :)

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  7. Subito la tua domanda mi ha messo in difficoltà, poi ho letto il commento di Lucien e ho trovato il mio: Franzen. Sì, a tratti nun lo regg più. Ho letto solo Le correzioni (gran libro, ma che palle), e Purity, dove secondo me alla fin fine prevalgono "le palle", capisco perché è ritenuto un gran scrittore, però che palle. Ho un suo altro libro da leggere, già preso perchè me l'hanno consigliato, ma credo che, dopo quello non ne prenderò altri. Le palle sono dannose, alla fin fine, anche per i grandi scrittori.

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    1. Ti dirò che io ho trovato la scrittura delle Correzioni talmente perfetta da non arrivare mai nemmeno una volta al "cheppalle". Però in compenso ho rimediato con "Libertà". :)
      Però sono convinto che siano valutazioni non solo soggettive, ma a volte legate persino al diverso stato d'animo del medesimo lettore, o al dove e come sta leggendo il libro ecc. Magari un libro che non mi ha mai annoiato mi avrebbe annoiato se l'avessi affrontato con poco tempo a disposizione e in troppe sessioni di lettura, e uno che mi ha fatto dire "cheppalle" l'avrei apprezzato di più se fossi stato chiuso in casa mentre fuori nevicava e desideroso della compagnia di un bel corposo romanzo.
      Ma sulla sostanza restiamo d'accordo: il cielo ci scampi dai pallosi. Anche perché poi di palle ci vanno di mezzo le nostre. :-))

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    2. Concordo su tutto, e ti dirò, giusto per dovere di cronaca, che il libro che ho preso e devo ancora leggere di Franzen è proprio Libertà ... vediamo, se e quando lo leggerò, avrà quel brutto effetto anche di me.

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  8. ho appena finito "The Road". in effetti McCarthy pare a volte voler far notare la vastità del suo vocabolario, ma l'idea di base è ottima, e le perle si trovano. erano anni che non andavo sul vocabolario a cercare una parola che non riuscivo a tradurre :)

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    1. The Road è uno dei più bei romanzi che abbia mai letto, e devo dire che l'ultimo McCarthy (vedasi anche "Non è un Paese per vecchi") ha saputo evolversi nel senso di asciugare il testo ed eliminare il superfluo. Un autore che metterei nella mia quaterna Nobel 2017 (insieme a Roth, Hilsenrath e Auster). Sperando non lo diano... a Jovanotti. :-))))

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    2. quando il vecchietto in The Road dice "There is no God, and we are his prophets", mi sei venuto in mente :)

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