tag:blogger.com,1999:blog-67254898887360902762024-03-19T09:58:02.688+01:00il linkazzo del skritoreZio Scribahttp://www.blogger.com/profile/15216177360258416630noreply@blogger.comBlogger491125tag:blogger.com,1999:blog-6725489888736090276.post-1136929810925023662023-12-19T07:16:00.002+01:002023-12-19T08:37:49.944+01:00ANTROPOCENE AI TITOLI DI CODA<p style="text-align: justify;">Certo è una bella ironia (bella si far per dire) aver chiamato "Età dell'Acquario" l'epoca in cui stiamo plastificando gli oceani.</p><p style="text-align: justify;">Del resto siamo una ben strana specie: in questo pericolosissimo Secolo Cretino definiamo "progresso tecnologico" la demenziale prassi secondo cui ogni cosa tu faccia poi ti piove addosso in automatico la minaccia dell'intervistina per la pagellina cretina (che vorrei avere tra le mani chi l'ha inventata). C'è gente che la prende così sul serio da perseguitarti preventivamente con telefonate, e-mail ed sms: "Vogliamo tutti 10!". "Se ci dài di meno dovrai spiegarne il motivo!". L'altro giorno ho avuto un problema, e l'intervistina per la pagellina cretina mi è arrivata PRIMA che mi ricontattasse il tecnico per risolvere! "Quanto sei soddisfatto del servizio?" "Ti è piaciuto, cara?" "Valuta da 1 a 10..." (Mi sono esibito in una performance di teatro dell'assurdo: voti altissimi, ma inframezzati da imprecazioni irripetibili).</p><p style="text-align: justify;">Cosa resterà di noi e della nostra irresponsabile stupida spocchia? Io credo che ai membri della specie animale, vegetale o aliena che verrà dopo di noi, per ricordarci controvoglia e un po' schifati basterà un solo oggetto simbolico: una bella motosega, di quelle che usiamo per suicidarci assassinando gli alberi.</p><p style="text-align: justify;">"Antropocene ai titoli di coda" è anche il titolino di uno dei capitoli del mio prossimo romanzo. Ma che ve lo dico a fare: tanto non avrete più tempo per leggere, sarete troppo impegnati a compilare pagelline vocali. O a cercare disperatamente in rete informazioni per un biglietto sull'Arca di Noè. </p><p><br /></p>Zio Scribahttp://www.blogger.com/profile/15216177360258416630noreply@blogger.com11tag:blogger.com,1999:blog-6725489888736090276.post-51963468599051684792023-09-04T00:12:00.007+02:002023-09-04T00:12:00.139+02:00IL DODICESIMO RACCONTO<p style="text-align: justify;">Avevo trovato, mesi addietro, un ulteriore raccontino di papà. Stava nella stessa grande busta insieme agli altri, ma era senza titolo e scritto a penna (forse solo una stesura provvisoria), ma soprattutto mi pareva che lo stile e il tono macabro-giocoso stonassero un po' con gli altri undici, ragion per cui decisi di non aggiungerlo al libriccino pubblicato a nome suo. Ciò non toglie che anche questo ultimo racconto (più recente, perché sicuramente scritto quando era già vedovo da un bel pezzo) possa essere un carinissimo ricordo di lui. Quindi, eccovelo. Rigorosamente senza titolo. E con inchiostro blu come quello della penna usata da lui. (Mi scuso sia con l'autore che con i lettori per tutte le inutili spaziature, che non dipendono da me ma dal layout dell'editor di Blogger).</p><p style="text-align: center;"><span style="color: #2b00fe;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="color: #2b00fe;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjqOeeoD2mH0sDdLvQu5Sl8VYxKXMX19g2Q-MkeYUQvaDPgnkMtobBAgqDelr8piZnTLVuhchLqYvumxn39PDaBXDZ02yXZiWfz5B3n_xjq-NUQ-FamdX0tAldkFMctq0hBd-iauhD7UihWuGKC6JLZ4OZ-B_lUTNzCsAGeMiy_Z7I8gvPkBk_WHnLH3zqd/s1934/image3.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1934" data-original-width="1934" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjqOeeoD2mH0sDdLvQu5Sl8VYxKXMX19g2Q-MkeYUQvaDPgnkMtobBAgqDelr8piZnTLVuhchLqYvumxn39PDaBXDZ02yXZiWfz5B3n_xjq-NUQ-FamdX0tAldkFMctq0hBd-iauhD7UihWuGKC6JLZ4OZ-B_lUTNzCsAGeMiy_Z7I8gvPkBk_WHnLH3zqd/s320/image3.JPG" width="320" /></a></span></div><span style="color: #2b00fe;"><b><p style="text-align: center;"><span style="color: #2b00fe;"><b><br /></b></span></p><div style="text-align: center;"><b>SENZA TITOLO</b> (di Pierluigi Pezzoli)</div></b></span><p></p><p style="text-align: justify;"><span style="color: #2b00fe;"><br /></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="color: #2b00fe;">Quando, tornato a Pinarella, arrivai in bici al bagno Oasi, trovai l’amico Gian Carlo.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="color: #2b00fe;">Dopo i soliti convenevoli, mi disse che ero troppo solo. Mi ci voleva una compagna e me l’avrebbe trovata lui.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="color: #2b00fe;">Passato il primo momento di stupore, finii per acconsentire, se pur con riluttanza. Però posi delle condizioni: doveva essere “bella, giovane, dolce, intelligente, disinteressata”. Insomma, data l’età, mi sarei accontentato.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="color: #2b00fe;">Il Gian Carlo non ne parlò più.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="color: #2b00fe;">Circa un mese più tardi, tornato ormai a casa, il Destino bussò alla mia porta sotto le specie di una splendida donna. In lei c’era tutto quel che un uomo possa sognare. Mi chiese un bicchiere d’acqua. Fu un colpo di fulmine: ci trovammo l’uno tra le braccia dell’altra.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="color: #2b00fe;">Purtroppo non avrei mai saputo che era in fuga da una CLINICA PSICHIATRICA (EX MANICOMIO CRIMINALE). Si chiamava Ginevra.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="color: #2b00fe;">Dopo una notte (CALA!), un’ora (CALA!) evabbè dieci minuti d’amore, Ginevra decise che potesse bastare. Strangolò delicatamente il Pierluigi. Poi, trovate in cantina un’ascia e una sega e in cucina un coltello affilato, si mise all’opera diligentemente.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="color: #2b00fe;">Intanto aveva adocchiato in giardino il bel LIRIODENDRON dalle verdi foglie ombrose.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="color: #2b00fe;">Ai suoi piedi, la notte seguente, avrebbe scavato la buca per dare degna sepoltura ai resti del dolce e ingenuo Pierluigi.</span></p><div style="text-align: justify;"><br /></div>Zio Scribahttp://www.blogger.com/profile/15216177360258416630noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-6725489888736090276.post-65536274189204166862023-05-26T05:34:00.003+02:002023-05-26T05:34:00.144+02:00SE UN POMERIGGIO UN PETTIROSSO (Undici racconti brevi scritti da papà) - La mia prefazione.<p> </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhOvnFGVuyyyiIHlStm7NLo7239TgeXPi578iMIOtNfcZ-bnEXub7RhRrALaXpWnQckS2a-XJ_bak2XRlREKDSDLXdIvWA4KkvZ8m8pHiS-uD_VyGxT3B0KNnifycUI3_8OBwpTPr5Z16kBjzCS6jUhEeIR6RGwa6Ps1lyCUd7lxWEjd_otSUaZ9CMtlg/s500/pettirosso4.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="500" data-original-width="314" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhOvnFGVuyyyiIHlStm7NLo7239TgeXPi578iMIOtNfcZ-bnEXub7RhRrALaXpWnQckS2a-XJ_bak2XRlREKDSDLXdIvWA4KkvZ8m8pHiS-uD_VyGxT3B0KNnifycUI3_8OBwpTPr5Z16kBjzCS6jUhEeIR6RGwa6Ps1lyCUd7lxWEjd_otSUaZ9CMtlg/s320/pettirosso4.jpg" width="201" /></a></div><br /><p></p><p style="text-align: center;">Prefazione</p><p style="text-align: center;"><span style="font-size: x-small;">(di Nicola Pezzoli)</span></p><p style="text-align: center;"><br /></p><p style="text-align: center;"><b><i>Il papà inaspettato</i></b></p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Chi mi conosce sa quanto io abbia in odio le prefazioni. Ma in questo caso qualche parola s’imponeva. (Anzi, alla fine troverete pure, e spero ne sarete lieti, una postfazione: il testo che pubblicai sul mio blog il 30 gennaio 2023, giorno del mio primo compleanno senza di lui).</p><p style="text-align: justify;"><i>Quando muore un uomo anziano, è come se bruciasse una biblioteca</i>, dice un proverbio africano.</p><p style="text-align: justify;">Per fortuna da questo immane e disastroso incendio si sono salvati, miracolosamente, undici preziosi brevi racconti rimasti per anni sepolti in cantina, scritti “di nascosto” da papà con la macchina Olivetti regalatami da lui in occasione del mio diciottesimo compleanno. (A sua insaputa ho conservato come una reliquia il primo foglio battuto con quei tasti, una serie casuale di caratteri di prova cui fa seguito un dolcissimo “auguri a Nicola”. A volte, dopo qualche litigata, mi veniva l’impulso di strapparlo, ma una voce interiore e intima mi ha sempre trattenuto.)</p><p style="text-align: justify;">E la ricchezza del tesoro di memoria che abitava mio padre – classe 1934 – è indirettamente dimostrata dal fatto che in questi racconti, ognuno a suo modo speciale, unico, irripetibile (proprio come era lui) non compaia una sola delle storie della sua vita che a voce amava ripetere più spesso: l’epico viaggio solitario da Gemonio a Roma in lambretta, o il giorno in cui conobbe la mamma durante una gita in montagna; la volta che rischiò di annegare nel Lago Maggiore per un crampo allo stomaco che lo prese quando s’era spinto molto al largo, e le persone a bordo di un motoscafo che lo lasciarono lì dopo aver risposto salutando festose, fraintendendo il suo disperato cenno di richiesta d’aiuto (si salvò nuotando lentamente a dorso per non vedere la lontanissima riva, e lì giunto, stremato e dopo un tempo che gli parve infinito, sulla spiaggetta deserta si avvolse in un asciugamano e dormì); il meraviglioso viaggio di nozze insieme alla sua Lidia sulla costiera amalfitana (all’avventura in Cinquecento senza prenotazione alcuna, altro che <i>lastminute</i>: pensavano di pernottare a Sorrento ma furono accolti malissimo, allora per puro caso finirono nella paradisiaca Positano, e in una pensioncina da sogno chiamata Casa Maresca), e poi lo stronzo con la Porsche che lo investì quasi uccidendolo mentre in bicicletta si recava a studiare da un compagno delle scuole superiori (risarcimento dopo interminabile degenza ospedaliera: una bici nuova!) o l’uomo di spettacolo che, colpito dalla gradevolissima voce di questo bancario di mezza età, gli propose di mollare tutto e stabilirsi a Roma per iniziare una (tardiva e molto incerta) carriera da doppiatore di film, o episodi di quando andava a lavorare nella vicina Cittiglio in sella alla sua bicicletta verde Radi (ovviamente <i>non </i>da corsa) e i colleghi lo prendevano in giro, perché pedalare non era ancora diventato una moda; non ci sono neppure racconti sui suoi parenti preferiti, come lo zio Enrico, genio degli innesti di alberi da frutto e vigneti (stesso giorno di nascita di mia mamma, il 7 maggio!) e non a caso nonno di un biologo di chiara fama internazionale (questo fratello maggiore di suo padre, che Pierluigi adorava, compare in un paio di racconti ma come discreto e silenzioso comprimario, quasi “di striscio”), o come il buon nonno Ettore che riempiva di gioia il piccolo “Igi” portandolo a vedere “i <i>giupìtt</i>”, il teatro ambulante dei burattini che arrivava dal Piemonte, né ve ne sono sulla bella fabbrica dei fratelli Pezzoli (pentole e altri oggetti in alluminio) messa in ginocchio dai soliti truffatori, che sparirono senza pagare un ordine enorme dopo averne regolarmente pagati diversi più piccoli, così come mancano i ricordi legati alla guerra (di quando un fascista e un tedesco vennero a requisire la batteria dell’auto di mio nonno Abbondio – scomparso prematuramente anni prima della mia venuta al mondo – o del pestaggio subito dagli adulti durante un proibitissimo funerale laico, o di quando il nonno, pur essendo antifascista, impedì ai partigiani di fucilare per vendetta un vicino di casa) o i mille episodi del servizio militare (ufficiale di complemento nel profondo sud), o quello incredibile e sconcertante sull’anziano motociclista svizzerotto del Canton Ticino, sbucato all’improvviso da uno stop, a cui salvò la vita evitandolo per un soffio, e che per tutto ringraziamento gli ringhiò dietro “’Talianàsh bastàrd!”, così come mancano le nascite dei figli, le vicissitudini del trasloco da Laveno a Gemonio del 1974, il viaggio a Parigi coi colleghi e quello a Firenze con la mamma per il decimo anniversario di matrimonio, le felici vacanze al mare con la famiglia, e le sue brevi ferie autunnali per la raccolta delle olive in Toscana presso un piccolo podere di amici carissimi, o ancora le due rapine nella banca in cui lavorava e che non avrebbero potuto essere per lui più diverse, perché in una venne sfiorato da un proiettile partito inavvertitamente dall’arma di un criminale pericolosamente nervoso, mentre nell’altra cominciò tutto mentre era al gabinetto e lì decise con saggezza di rimanere. </p><p style="text-align: justify;">In realtà, la cronaca di almeno una delle due rapine doveva far parte di un secondo corpus di racconti a suo dire misteriosamente smarriti, che diventarono il cruccio dei suoi ultimi anni (al punto che adesso spero quasi di non trovarli mai, perché mi sentirei amareggiato e in colpa per non essere riuscito a trovarli prima). Motivo in più per decidere non solo di pubblicare almeno questi undici racconti, ma soprattutto di farlo con un editing praticamente nullo e limitandomi a correggere eventuali refusi (ma non ce n’erano, ci aveva già pensato lui, con una scrupolosità e una dedizione che devo aver ereditato), per rispettare in modo assoluto, con umiltà e con amore, ogni singola parola scelta da lui. </p><p style="text-align: justify;">E poi, forse, questa assenza di storie “maggiori” vuole essere una lezione anche per me. Per ricordarmi che un racconto non deve essere qualcosa di sensazionale, ma un’estemporanea pennellata dell’anima, sanguinolenta e lieve.</p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj7sZ53gFJyWuA_i0fdodIKgILNHzxWK5e4ckPtoq8Abd1pLbBDc5AQRYGIkq8esJeGplGWaGnxkpq7rwG_Ad_ZgeTLEFpxYc223QnqWNcfNZv1bHfewg1ICyd1LEFPvGCSBxSl1yD_McgDONr2D-dLo34mppCs0petx3DjCWmVEhASaDZz8RzLAQyEEA/s3558/pap%C3%A0%20con%20sigaro.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="3558" data-original-width="2391" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj7sZ53gFJyWuA_i0fdodIKgILNHzxWK5e4ckPtoq8Abd1pLbBDc5AQRYGIkq8esJeGplGWaGnxkpq7rwG_Ad_ZgeTLEFpxYc223QnqWNcfNZv1bHfewg1ICyd1LEFPvGCSBxSl1yD_McgDONr2D-dLo34mppCs0petx3DjCWmVEhASaDZz8RzLAQyEEA/s320/pap%C3%A0%20con%20sigaro.jpg" width="215" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Papà Pierluigi nel 1989</td></tr></tbody></table><br /><p style="text-align: justify;">Dalle storie che non ci sono, veniamo (Finalmente!, dirà qualcuno, Meno male che odiavi le prefazioni!, dirà qualcun altro) a quelle che ci sono.</p><p style="text-align: justify;">Il racconto di apertura, <i>Il Pincìn</i>, dove un bambino perso nelle fantasie della sua battaglia di soldatini viene bruscamente riportato alla realtà dall’intrusione di un rozzo mercante di bestiame che gli calpesta e distrugge le armate senza prestarvi la benché minima attenzione, si conclude con un anatema contro “quelli della sua stirpe”, e mai sapremo se papà intendesse con questo dire tutti i commercianti, o tutti gli energumeni maleducati, o semplicemente tutti quegli adulti incapaci di provare rispetto e considerazione per il mondo dei più piccoli. Gli fa da contraltare <i>Il berretto del Panighini</i>, dove si narra di una visita mille volte più simpatica e divertente (ed è qui che troveremo il magico zio Enrico, nel ruolo di generoso mescitore di vino). Nel riuscitissimo <i>Le scarpe</i>, le querule, insistite e quasi aggressive pretese di un pover’uomo non generano in mio padre ragazzino un senso di fastidio, bensì il dispiacere di non averlo potuto aiutare. <i>Io e il calcio</i> è una chicca che spiega la genesi del cattivo rapporto fra lui e questo sport (solo da molto anziano era diventato interista, per colpa mia e delle partite che guardavamo insieme): come giocatore, da bambino riuscirà a farsi accettare nel gruppo dei compaesani solo nel breve periodo in cui sarà proprietario di un pallone di cuoio, mentre come spettatore di una partita amatoriale verrà redarguito da un giovanotto più grande per aver gridato erroneamente “cornak!” invece di “corner!”, termine a lui del tutto sconosciuto. <i>Una storia di mutande</i> è percorso da una maldestra goffaggine paesana che lo rende vivido e tenerissimo. Nello straniante e struggente <i>La camminata</i>, la poesia e la metafisica della natura diventano consolazione all’angoscia esistenziale di un uomo costretto a fare un lavoro che odia, ma sono anche preparazione di un agghiacciante finale a sorpresa. Nel racconto più vicino a noi nel tempo, <i>Rottamazione</i>, descrive in tono mesto e luttuoso (ma con sviluppi fra l’onirico e il fantastico) il giorno di fine dicembre del Duemila in cui portammo a rottamare la nostra vecchia Fiat Uno, facendo emergere una straziante tristezza nell’anima che io, che condivisi l’esperienza con lui, non fui allora in grado di cogliere, e che anzi ritenni solo mia. Ne abbozzai a mia volta un racconto, intitolato <i>Il portachiavi</i>, di gran lunga meno emozionante del suo. </p><p style="text-align: justify;">(Curioso, però: due separati racconti, l’uno all’insaputa dell’altro, sulla stessa comune esperienza, mentre fra di noi, ancora vent’anni fa, l’abisso d’incomunicabilità spalancatosi nella mia adolescenza continuava a essere quasi totale. Meno male che la vita ci ha concesso tanto tempo per rimediare, e per volerci finalmente bene. Come se solo dopo lunghi anni di attesa si fosse rotto un incantesimo maligno, e noi due ci fossimo alla fine ritrovati e conosciuti. Una sorta di parabola del figliol prodigo raddoppiata, perché valida in egual misura per entrambi: “Bentornato, figlio”. “Bentornato, papà”. Ma peserà sempre in me il rammarico di non essere riusciti a capirci e apprezzarci anche prima. Forse perché – ed è questa la vera, folgorante rivelazione finale – eravamo troppo uguali?)</p><p style="text-align: justify;">Completano la raccolta <i>Il Ricu Bel</i>, <i>Viaggio a Milano</i> e <i>Verme della terra</i>, sui quali non mi soffermo non perché siano meno significativi, ma per non rendere la prefazione più lunga del testo. A voi scoprirli e gustarli in tutta calma.</p><p style="text-align: justify;">Il racconto che ho voluto lasciare per ultimo, <i>Il pettirosso</i>, è talmente bello e toccante da non aver bisogno di una sola sillaba di presentazione.</p><p style="text-align: justify;">Anche visto da fuori, mio padre appariva alle altre persone per quello che era: un uomo buono, dall’indole generosa e sensibile, un ateo più “cristiano” di tanti sedicenti cristiani, insomma quello che si dice un buon diavolo, magari elusivo, riservato e un po’ burbero ma rispettoso di tutti, lavoratore non fanatico ma impeccabile e preciso, capace di ogni sacrificio per il bene di sua moglie e dei suoi due figli. Da lontano però – e ahimè per lungo tempo pure da vicino – tutto questo poteva venire adombrato dal depistante cliché del bancario arido, privo di romanticismo e incapace di esprimere le emozioni, quando invece era, come capita purtroppo a tanti, eroico prigioniero di un lavoro che non c’entrava niente con lui. Immaginatevi il mio sbalordimento allorché, qualche anno fa, emersero dalle polveri della cantina questi inaspettati racconti tutti suoi! Perché invece, in queste pagine, salta fuori la sorpresa di una profonda tenerezza, di un genuino e infantile stupore nei confronti della natura e di tutto ciò che è bello, ma anche una sincera e accorata attenzione per le persone meno fortunate, per i poveri diavoli schiacciati dalla povertà, dalle circostanze o dal lavoro (il Ricu Bel, il Panighini, l’uomo dalle scarpe rotte) e insieme a ciò si rivela un animo fragile, travagliato e sentimentale, spesso malinconico, e un luminoso talento per la narrazione che riesce a farlo essere un tutt’uno col figlio scrittore. Che abbia sacrificato questo scrigno di potenzialità per me (<i>anche </i>per me) è qualcosa di talmente immenso che non mi basterebbero sette vite per ringraziarlo, ripagarlo e rendergli l’omaggio che merita.</p><p style="text-align: justify;">Leggetelo e vogliategli bene, allora, perché il mio adorato vecchiettino, anche se apparentemente schivo e refrattario alle carezze, meritava tutti gli abbracci e tutti i baci del mondo.</p><p style="text-align: justify;">Per lavorare a questo progetto ho posticipato di mesi il mio nuovo romanzo. Felice di dedicarti il mio tempo e le mie energie. Perché era il minimo che potessi fare per Te. E allora accetta, papà mio, questo libriccino come un regalo di compleanno che ancora una volta ci facciamo a vicenda. Mentre lo confezionavo, con le mie mani e le tue parole, il cuore pompava lacrime al posto del sangue. Ma in fondo erano lacrime bellissime, e dolci. Colme d’amore e di riconoscenza. Un distillato di affetto.</p><p style="text-align: justify;">Che altro dirti, se non che il più grande onore, per me, è portare il tuo cognome, insieme al nome, insolito da queste parti, che proprio tu hai voluto darmi? </p><p style="text-align: justify;"><i>Gemonio, 26 maggio 2023</i></p><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: center;"><span style="color: red; font-size: medium;"><b>I link per l'acquisto su <i>Amazon</i></b></span></div><div style="text-align: center;"><br /></div><div style="text-align: center;"><span style="color: #2b00fe; font-family: courier; font-size: medium;"><b><a href="https://www.amazon.it/dp/B0C3M852H2">EBOOK (€ 0,99)</a></b></span></div><div style="text-align: center;"><br /></div><div style="text-align: center;"><span style="color: #2b00fe; font-family: courier; font-size: medium;"><b><a href="https://www.amazon.it/dp/B0C2SFPMMC">CARTACEO (€ 4)</a></b></span></div><div style="text-align: center;"><br /></div>Zio Scribahttp://www.blogger.com/profile/15216177360258416630noreply@blogger.com12tag:blogger.com,1999:blog-6725489888736090276.post-59525404364762328902023-03-21T00:02:00.009+01:002023-03-21T00:02:00.190+01:00Il cinema italiano è vivo e ci emoziona – IL SIGNORE DELLE FORMICHE (con Leonardo Maltese, Luigi Lo Cascio, Elio Germano, regia di Gianni Amelio, 2022)<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiOIKNNBlx9dSnf-Bj0ptsckjJ7Bfown3y4WrFeeyguOHnzxNzRN9Gk9zGIAUKbKzVVNa0lj-W58yg7Spz04Gt2dQr3HPGHt16J0UTaOhputPg_wbPCYvt1UjG4eKpTB_4CCGiD4HVXnD-P7yal5aL-S6EJgKN4Mi7YEbZaIf7grFN-4V0KdVdxeIL8aA/s284/locandina%202.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="177" data-original-width="284" height="199" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiOIKNNBlx9dSnf-Bj0ptsckjJ7Bfown3y4WrFeeyguOHnzxNzRN9Gk9zGIAUKbKzVVNa0lj-W58yg7Spz04Gt2dQr3HPGHt16J0UTaOhputPg_wbPCYvt1UjG4eKpTB_4CCGiD4HVXnD-P7yal5aL-S6EJgKN4Mi7YEbZaIf7grFN-4V0KdVdxeIL8aA/w320-h199/locandina%202.jpg" width="320" /></a></div><span style="text-align: justify;"><p><span style="text-align: justify;"><br /></span></p><i><p><i>L’agnello giace teneramente abbracciato col lupo. L’agnello dorme, e sta facendo un bel sogno. L’agnello non sa che sarà mamma pecora a sbranarlo, annullarlo, distruggerlo.</i></p></i></span><p></p><p style="text-align: justify;">Questa non è una (tardiva) recensione: è la mia dichiarazione d’amore per un film. Un film che mi ha scombussolato, rapito, indignato, intristito, esaltato, commosso, turbato nel profondo. Perché se la brutta notizia è che la narrativa italiana è moribonda (grandi editori che gareggiano nel maramaldeggiare, propinandoci autori ora di settimo ora di ottavo livello) quella buona è che il cinema italiano sembra più vivo che mai, e più che mai capace di regalarci forti emozioni. O almeno è quanto fa Gianni Amelio con questo suo capolavoro.</p><p style="text-align: justify;">La storia fra Aldo Braibanti (un impeccabile Luigi Lo Cascio), scrittore, intellettuale eclettico, studioso della vita delle formiche, e il giovane Ettore Tagliaferri (uno splendido Leonardo Maltese), maggiorenne e innamoratissimo, parrebbe inattaccabile persino nella sordida italietta baciapile (o succhiabalaustre che dir si voglia) degli anni Sessanta (là fuori è già l’epoca dei Beatles, eppur non si direbbe: qui da noi, pur nel fermento di tante nuove idee, si respira un clima lugubre, plumbeo e intimidatorio da inquisizione bifolcoreazionaria). E invece verrà doppiamente distrutta, con vigliacca manovra a tenaglia, dalla famigliola del ragazzo (madre bigotta, fratello braibantiano deluso, padre relitto bellico). Dapprima col vergognoso crimine dell’internamento coatto in istituti infestati di suore e di pseudodottori dall’ingannevole vocetta melliflua, e col debole per pratiche nazistoidi come l’elettroshock, che devasteranno l’anima e la vita di Ettore. Dopodiché l’assassinio (perché di questo nella sostanza si tratta) verrà completato dal sistema giudiziario (che Braibanti definiva non a torto nei suoi scritti “grottesco”) che pur di persegui(ta)re l’omosessualità non esita ad appoggiarsi a un assurdo reato previsto dall’articolo 603 del codice fascista. Infatti, non potendo processare apertamente la “devianza” dei cosiddetti invertiti (che nei codici di allora non veniva mai neppure nominata, poiché si dava per scontato che <i>ogni </i>italiano fosse un machoide sturapassere) Aldo Braibanti, in un procedimento farsa, viene riconosciuto colpevole di “plagio” nel confronti del giovane Ettore, e condannato a nove anni di prigione (il pm, con la bava alla bocca, ne aveva chiesti quattordici, alla fine ne sconterà “soltanto” due per via dei suoi meriti di partigiano, altra ironia per uno che aveva combattuto le dittature e viene castigato e poi parzialmente graziato da una società ancora pervicacemente criptofascista – e lasciatemi dire che il “cripto” l’ho aggiunto per essere magnanimo: come non pensare alla celebre battuta di Ennio Flaiano, secondo cui, in Italia, i fascisti si dividono in fascisti e antifascisti?)</p><p style="text-align: justify;">Gianni Amelio non ha paura (per fortuna!) di prendere posizione, né di caricare troppo i personaggi negativi. E ce ne sono a vagonate, a cominciare dalla Madre, che pur nella sua misera e ignorante mediocrità può ambire a far parte della top ten dei peggiori “cattivi” della storia del cinema. Trucemente impegnata nella missione di soffocamento/castrazione/uccisione del Figlio (ben simboleggiati dall’imposizione degli studi di medicina a un ragazzo che vorrebbe diventare un pittore – a quanti è successo? a quanti ancora continua e continuerà a succedere?), non le sono però secondi il fratello represso e vendicativo, la suora avida e inconsapevolmente anticrista, che brandisce la croce come fosse una scimitarra antiamore, disonestamente ignara, come tanti omofobi sedicenti “cristiani”, del fatto che Gesù amava Giovanni, e poi l’albergatrice infame, il medicastro fulminatore, il giudice viscido e iniquo, il pubblico ministero caricaturalmente razzista, l’avvocato inetto, il direttore di giornale pavido lecchino di cinghiali sovietici…</p><p style="text-align: justify;">Fin dalla sua prima apparizione, lo spettatore più sensibile non può mancare di lanciare improperi alla Madre. Anch’io l’ho insultata da subito a voce alta, incapace di trattenermi. Questo fa di me uno spettatore infantile, sempliciotto e manipolabile? Può darsi. Ma se è vero che per farsi creatore di mondi nuovi l’uomo deve diventare prima cammello, poi leone e infine bambino (le tre metamorfosi di Friedrich Nietzsche, citate dal Braibanti in una delle tante scene in cui l’Amante del Discepolo è anche Maestro dell’Amato) io credo che ciò debba valere a maggior ragione per chi di tali mondi voglia essere fruitore nel modo più totalizzante, più onesto, più generoso, più appassionato e più fecondo. E mi viene da dire che forse il più infantile dei fruitori di arte è proprio lo spettatore ideale di film: stupito ma non stupido, volutamente disarmato ma non sprovveduto, infatuato ma non fottuto, disposto a lasciarsi trasportare da situazioni che sì, sembrano fatte apposta per estorcere emozioni (la meraviglia di un amore clandestino e contrastato, l’amara tragedia del trionfo dei “cattivi” su tale amore, trionfo che però non potrà cancellare quei mesi, o giorni, o attimi che di sicuro contano mille e mille volte più delle intere vite messe assieme dei tanti cessi umani antagonisti). Tutto il resto è critica, nella sua forma più saccente, sterile e ostile.</p><p style="text-align: justify;">Il film comincia come un colpo contundente: se l’esterno notte romano in cui i protagonisti della storia si recitano l’un l’altro poesie d’amore poteva sembrarci l’inizio di un idillio, ne costituiva invece l’apice, un apice quasi coincidente con la fine, perché nella spietata, atroce, irreparabile sequenza successiva l’agnello verrà strappato con violenza dal nido d’amore del lupo. In seguito ci viene restituito piano piano il respiro, mostrandoci il prologo della storia, attorno al laboratorio artistico-culturale messo su dal Braibanti nel bel mezzo della campagna emiliana. Ma quando poi vediamo i due sbarcare nella (in apparenza) più accogliente Roma, a quel punto sappiamo già che trattasi di felicità con countdown incorporato, e siamo quasi avidi e gelosi di ogni attimo che potranno vivere insieme prima di precipitare per mano altrui nella rovina e nel disastro.</p><p style="text-align: justify;">Tra i pochi a interessarsi della vicenda e a prendere a cuore la sorte del Braibanti ci sono un giornalista (Elio Germano), omosessuale nascosto e impaurito ma non represso, e una sua cugina attivista, ben contenta di sacrificare il legame nascente (scampato pericolo?) con un cretino del sud convinto che “per gli invertiti le strade sono due: o si curano o si ammazzano”.</p><p style="text-align: justify;">Scena più struggente (ancor più del fugace reincontro/addio fra Ettore e Aldo subito dopo il funerale della madre di quest’ultimo – altro bel personaggio: sofferente ma serena, dignitosa, coraggiosa) è l’inattesa testimonianza di Ettore verso la fine del processo. Devastato nel corpo e nello spirito, apparizione penosa e quasi spettrale, il ragazzo è però lucidissimo nel difendere Aldo dall’imbecillità delle accuse. Una difesa che il diabolico pm ritorcerà contro l’imputato, facendola apparire come ennesima riprova del pesante e indelebile plagio che il giovane amante avrebbe subito.</p><p style="text-align: justify;">In fin dei conti, un film che ti fa rimanere male. Ma è un male di cui non si può non essere affettuosamente e orgogliosamente grati al regista e agli attori tutti.</p><div style="text-align: justify;"><br /></div>Zio Scribahttp://www.blogger.com/profile/15216177360258416630noreply@blogger.com10tag:blogger.com,1999:blog-6725489888736090276.post-26238144872679809602023-01-30T00:02:00.024+01:002023-01-30T00:02:00.197+01:00Papà<p style="text-align: justify;">Caro, meraviglioso papà: oggi è il mio compleanno, ma non potevo aspettare che venisse il tuo, il 26 maggio, per parlare di te. E allora voglio farmi questo regalo: ricordarti con qualche pensiero da far leggere agli amici.</p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhpZse5HOiwdKziz8bZgLOlDpN5Wfy1NjMTkzb6DZugll3NTauRhqTwKN6GsCFTuXM--sMdYBpyceRv2nlRAYqgd8fKZgLp0hFqDpKlZxteugiV4O0ftZ5DPeulXteBbAI8VwtWiOfcgJvUqwHce41tyM7ywvAiMaQZX0g1exB9UKPde1Dd0Km62ToQ3A/s1252/Igi12quater.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1252" data-original-width="1022" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhpZse5HOiwdKziz8bZgLOlDpN5Wfy1NjMTkzb6DZugll3NTauRhqTwKN6GsCFTuXM--sMdYBpyceRv2nlRAYqgd8fKZgLp0hFqDpKlZxteugiV4O0ftZ5DPeulXteBbAI8VwtWiOfcgJvUqwHce41tyM7ywvAiMaQZX0g1exB9UKPde1Dd0Km62ToQ3A/w163-h200/Igi12quater.jpg" width="163" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">"Igi", il mio teppistello <br /> all'età di 12 anni</td></tr></tbody></table><p style="text-align: justify;">Il 16 novembre 2022, verso le quattro e mezza del pomeriggio, mi succede una cosa che credevo potesse esistere solo tra fratelli gemelli, non tra padre e figlio. Dopo un paio d’ore di passeggiata lacustre sto salendo verso il parcheggio per tornare alla macchina, quando all’improvviso avverto uno strano dolore alla parte superiore della gamba destra, di un’intensità e di un genere mai provati, che mi fa procedere con una certa fatica. Per brevi attimi mi paralizza proprio. Devo fermarmi sul marciapiede, la gamba rigida non mi risponde più. Poi la sensazione svanisce. Penso a un problemino muscolare (ma anche se morde come un crampo non sembra esattamente un crampo, è di natura completamente diversa), e do la colpa alla lunga passeggiata, un’abitudine che avevo perso, e che ho ripreso oggi nella speranza di mettermi a posto con lo stomaco. E invece proprio in quel momento, a pochi chilometri di distanza, mio papà cadeva sull’asfalto nella strada davanti a casa (era uscito in mia assenza per fare una cosa che gli avevo sempre proibito di fare) e si rompeva il femore. Della gamba destra. Ma quando arrivo, ignaro di tutto, devono averlo portato via da poco, e lì ad aspettarmi non c’è nessuno, dando così origine a minuti da incubo. Eravamo d’accordo che con due colpi di clacson sarebbe sceso ad aprirmi lui, ma dopo aver suonato aspetto e aspetto e il portone non si apre, resta chiuso. Scendo dalla macchina. Ho le mie chiavi, e sarebbe stato meglio non averle. Apro la porta sull’incomprensibile e sul terrorizzante. Vedo per terra del cotone insanguinato. Una sdraio sbattuta in mezzo al garage (penso per farmi capire di non entrare con la macchina, in realtà l’avevano usata come barella) e altre cose fuori posto. Sembra la scena di un’aggressione. Corro chiamandolo e già quasi piangendo, prima verso la lavanderia, poi su di sopra, dove a parte il gatto sul cuscino grande in sala non c’è nessuno, proprio nessuno. Sconvolto, ritorno fuori in strada. Vado al cancelletto. Nessuno in giardino. Nessuno nei dintorni. Nella cassetta delle lettere le sue chiavi di casa. Finalmente la voce di un vicino. In breve mi racconta della caduta, dell’ambulanza, del codice verde. Mi precipito al pronto soccorso (l’ospedale di Cittiglio, dove siamo nati io e mio fratello e dove è morta la mamma, dista meno di un chilometro).</p><p style="text-align: justify;">Sto un po’ accanto a te. Sei disorientato, e hai paura di venire sgridato per la cavolata che hai fatto, e che mi hai appena confessato subito dopo esserti inventato un’altra panzana. Ma io ti accarezzo la testolina e dico che sei già perdonato. Dalla sala d’attesa affollata in cui m’hanno fatto tornare, tendendo l’orecchio capto le parole “ghiaccio e antinfiammatorio”. Ma non stavano riferendosi a te, sarebbe stato pretendere troppo. Insomma rottura del collo del femore. E dopo tre giorni l’operazione, andata benissimo. Ma poi…</p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEglRFbRdqLYtaXVepcRDB0mo-Rfh1DwmpZF_R-TNe9XV9oQg1HHIyLlfmjdFKvbcpGzbo20AZkvjaQvwNGqeOZnANXpMKnUehgK2jHm1jzGhrM-gxajItmlqb56Q6yhcKUZOSzbN07qW-e_qMGtyXwMY5_Ts4uG6Qw4cqih--TYG0lfgXQvXh-iNMBcPA/s505/Cuore.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="505" data-original-width="401" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEglRFbRdqLYtaXVepcRDB0mo-Rfh1DwmpZF_R-TNe9XV9oQg1HHIyLlfmjdFKvbcpGzbo20AZkvjaQvwNGqeOZnANXpMKnUehgK2jHm1jzGhrM-gxajItmlqb56Q6yhcKUZOSzbN07qW-e_qMGtyXwMY5_Ts4uG6Qw4cqih--TYG0lfgXQvXh-iNMBcPA/w159-h200/Cuore.jpg" width="159" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Giovane uomo innamoratissimo della sua Lidia</td></tr></tbody></table><br /><p style="text-align: justify;">Diciannove anni fa, negli ultimi suoi giorni, la mamma era preoccupata per i nostri caratteracci: “Questi due senza di me si scannano”. E invece, mese dopo mese, anno dopo anno, un crescendo di concordia e di giorni sereni e felici, con tutti gli alti e bassi dell’umana debolezza. Quanto affetto, quanta tenerezza, quanto divertimento (più invecchiavi e più diventavi simpatico e spiritoso, ti adoravano tutti, avevi subito conquistato anche le infermiere dell’ospedale, tranne una su cui stendiamo un velo pietoso), e quanta compagnia ci siamo fatti: eri mio padre e mio amico, mio alleato e mio fratello, ma eri anche il mio bambino, che accudivo e coccolavo e proteggevo (non abbastanza, a quanto pare). Quando stava per iniziare un film e appariva la dicitura “bambini accompagnati” io scherzosamente alzavo la mano e dicevo “Ci sono qua io”, e tu annuivi e sorridevi. Quanti bei momenti insieme: le passeggiate, i film, i documentari e le partite alla tv, i tuoi appassionanti racconti dei tempi lontani, e poi leggere gli stessi libri (lo chiamavi “il pacco libri” quello che ogni anno facevamo arrivare da ibs attorno a San Nicola, stracolmo di romanzi e dvd). E poi la casa da mandare avanti insieme, e il gatto Isidoro che in apparenza ti andava poco a genio, ma poi eri proprio tu a dargli i vizi come i bocconcini di prosciutto cotto durante le nostre frugali e intime cenette. E le indimenticabili vacanze al mare, dove fino a 85 anni, circa tre e mezzo prima della fine, ancora ti facevi le tue nuotate e poi corricchiavi sulla passerella per andare alle docce, il nostro amato stabilimento balneare, sempre lo stesso, dove ogni giorno si pranzava guardando il mare luccicoso e il verde della pineta, e dove eri la mascotte di tutti, benvoluto da tutti, tranne quelle rarissime eccezioni che sempre ci saranno nell’umana varietà. Ricordo un non simpaticissimo cameriere che un giorno sparlò di noi non accorgendosi che io ero seduto lì vicino e gli davo le spalle: “Quelli che sembrano due froci”. Proprio a te, papà, che avevi sposato una delle più belle ragazze di tutta la provincia. Finsi di non aver sentito. Ci rimasi malissimo e provai uno stupido imbarazzo, e invece, ripensandoci adesso, che splendido involontario complimento ci aveva fatto quel piccolo uomo!</p><p style="text-align: justify;">Lungi da me dare tutte le colpe ai medici, o diventare una di quelle persone che fanno causa agli ospedali. Ma nitida è in me l’impressione che questi soggetti, pur <i>quasi </i>tutti umanamente ottimi, stessero sempre due o tre passi indietro rispetto all’emergenza. Subito dopo l’operazione mi dicevo preoccupato per tutta quella tosse e tutto quel catarro, e loro mi rassicuravano dicendo che si trattava delle vie respiratorie “alte”. Alte un cazzo. Polmonite. Ma stavi lottando per farcela, contro quella brutta bestia, e stavi per essere trasferito nel centro per la riabilitazione. E poi, la mattina del 29 novembre, quel tampone fatto solo perché prescritto dalla prassi prima di un trasferimento. Positivo. Sia te che il nuovo compagno di stanza. Non si saprà mai chi ha infettato chi. La mazzata finale. Già quasi una sentenza. Diciamo così: se ti avessero mandato un killer, costui non s’è presentato armato di coltello, ma di mitra, bazooka e bombe a mano, mio povero papà. Altri nove giorni…</p><p style="text-align: justify;">Quegli ultimi giorni mi hanno fatto far pace con la tecnologia, con quelli che avevo sempre definito “smerdòfoni”. Un’infermiera, più angelica che umana, ha stabilito un contatto tra noi e te attraverso delle videochiamate, che ci hanno permesso di non farti sentire completamente abbandonato in quella che era diventata una camera sigillata dove entrava solo personale medico vestito da astronauta, ci hanno dato modo di coccolarti a distanza, rincuorarti, persino farti sorridere…. Alla fine delle videochiamate ci si mandava i bacini. Mio fratello dice sempre che nelle due fatte con loro (io stavo in autoisolamento a casa nostra) era sempre me che cercavi, sempre di me che chiedevi. Per le chiamate con me veniva qui una delle mie fantastiche nipoti (proteggendosi con la mascherina, ma lei era abbastanza tranquilla perché negativizzata da poche settimane). L’ultimo contatto risale al 6 dicembre. Frammenti di dialogo: “Papà, sai che giorno è oggi? È San Nicola. Come regalo voglio solo che tu guarisca”. “Sei splendido”. “No, sei tu splendido! Ti voglio bene papà!”</p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh-FAQMBNjsaXnaVCmpu_rYylECfqBFSLkNHVhPN_QxPMFgXs2gAxk4MfxmzEYWFrEXoLRU_6agEBH_JlPH2jHMOzIVJF1vdmmDaR5V-2vMIotlRZTpjeUhutQNQR7KDIZ6lEdubYFvcSOI6ab4yf_kuHwiJXZta2Zs0_sUnG-ouUNYVLZu8AIluDIJJw/s774/Lidia%206%20-%20Copia.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="521" data-original-width="774" height="214" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh-FAQMBNjsaXnaVCmpu_rYylECfqBFSLkNHVhPN_QxPMFgXs2gAxk4MfxmzEYWFrEXoLRU_6agEBH_JlPH2jHMOzIVJF1vdmmDaR5V-2vMIotlRZTpjeUhutQNQR7KDIZ6lEdubYFvcSOI6ab4yf_kuHwiJXZta2Zs0_sUnG-ouUNYVLZu8AIluDIJJw/w320-h214/Lidia%206%20-%20Copia.jpg" width="320" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">La prima foto con me</td></tr></tbody></table><p style="text-align: justify;">Che magnifici anni mi hai regalato, meraviglioso e generoso padre! Tu non sei mai stato tipo da complimenti e smancerie, ma almeno un paio di volte mi hai detto che con l’essere sempre lì con te e per te ti avevo allungato la vita, e che senza di me non avresti saputo come fare. La verità è che sei stato tu ad allungare la mia, e che sono io che senza di te non avrei saputo come fare. </p><p style="text-align: justify;">Il prossimo 26 maggio avresti compiuto 89 anni. E allora com’è che sono straziato come se avessi perso un ragazzino? Eri così vispo, così arzillo, così lucido. Eri così sicuro di tornare a casa che mi davi istruzioni su questo e su quello. “Oh, per quando torno…”</p><p style="text-align: justify;">Per farci soffrire il più possibile, il destino ti ha portato via, di botto, proprio nel momento in cui avevamo ricominciato a sperare, a illuderci. Eravamo stati pronti a perderti sei notti prima. Quella sera, fra il primo e il due dicembre, mi aveva chiamato l’anestesista di guardia dicendo che avevi avuto una crisi, che il livello di saturazione nel sangue era bassissimo, che non tolleravi e rifiutavi il casco per respirare, accettavi solo la maschera dell’ossigeno e pure quella malvolentieri, e che se l’ipossia fosse aumentata avrebbe potuto solo aiutarti con una piccola dose di morfina. Io lo avevo ringraziato (non prima di avergli chiesto un altro vano tentativo per convincerti a mettere quel casco), immaginando che almeno te ne saresti andato facendo dei bei sogni, magari chissà, ritornare in viaggio di nozze a Positano con la mamma, dentro oceani di luce e di amore. Passai la notte con le luci accese, a vegliarti a distanza, senza dormire un solo minuto, appuntandomi l’ora esatta del prodursi di determinati segni, come il canto funereo di un uccello notturno. E invece ce l’avevi fatta, e a partire dal giorno dopo avevi cominciato a riprenderti in maniera prodigiosa. Ogni mattina chiamavo presto in ortopedia per informarmi su come avevi passato la notte. </p><p style="text-align: justify;">Sapevo che a casa tenevi una sorta di diario di bordo in cui segnavi meticolosamente su dei blocchetti, con tanto di orario, le cose che succedevano nelle tue giornate, compreso l’inizio della pioggia o il ritorno di un pallido sole. Ho sempre rispettato la tua privacy e non sono mai andato a curiosare (e per ora continuo a non farlo: lo troverei troppo doloroso). Ho fatto un’eccezione per le ultime righe di quel 16 novembre, in cerca di qualche indizio, di qualche spiegazione. Le ultime parole erano: “Alle 14.30 Nicola parte per Gavirate per fare una bella camminata”. Già, proprio una bella camminata. Potrò mai perdonarmi?</p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhv4A7VxcIXW2FJPPjFQQ-B60QYYgVWUs8cTvsd4oZamK0OCmcrwRG9LIm3fGLuMPf81GQVSGqN6o7it58HDKV_xWZQwz2gpRqPwpHjeV5XjfWYFBdG9qoBC6XJbmMqI4Hg_uA7oOKUHwry3170Ci9uhWVHwSSJSaYFwS-Oi1Qwp2G9DKXlYqFMFDo7tA/s1280/image1.JPG" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1280" data-original-width="960" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhv4A7VxcIXW2FJPPjFQQ-B60QYYgVWUs8cTvsd4oZamK0OCmcrwRG9LIm3fGLuMPf81GQVSGqN6o7it58HDKV_xWZQwz2gpRqPwpHjeV5XjfWYFBdG9qoBC6XJbmMqI4Hg_uA7oOKUHwry3170Ci9uhWVHwSSJSaYFwS-Oi1Qwp2G9DKXlYqFMFDo7tA/w240-h320/image1.JPG" width="240" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Il mio vecchiettino nei nostri giorni felici al mare</td></tr></tbody></table><p style="text-align: justify;">Alla fine ti ha ucciso Sant’Ambrogio. Ero andato a dormire alle dieci e mezza di sera, distrutto, sicuro di farmi una corroborante, lunga dormita, rinfrancato e fiducioso, perché anche se la situazione era grave sembravi davvero potercela fare. Se non tu, mio highlander, chi altri? In corridoio avevo lasciato accesa una plafoniera propiziatoria, perché trovavo magico e protettivo il bianco arco di luce che disegnava, illusoriamente, fuori da una finestra della sala. E invece, nel dormiveglia, il momento più brutto della mia vita: lo squillare di quello stronzo telefono. Il cellulare, che per anni e anni avevo sempre tenuto spento, il cellulare che l’infermiera ha scelto di chiamare perché al numero di casa temeva avrebbe risposto “la moglie”, mentre invece avrei risposto sempre io… “Purtroppo le devo dire che suo padre è deceduto”. Almeno, a quanto pare, ti sei come addormentato, senza accorgerti e senza soffrire. Solo dieci minuti prima le avevi chiesto dei fazzolettini di carta. Tutto questo pochi minuti prima che finisse il 7 dicembre. La maledizione del numero 7 nelle date di morte di tutto il nostro ramo Pezzoli. Nel mio ingenuo ottimismo pensavo che nel tuo caso il 7 sarebbe stato contenuto nel 2027. Una ragionevole dilazione. E invece…</p><p style="text-align: justify;">Fin troppo prevedibile, fin troppo scontato, ch’io mi metta a parlare della tortura degli oggetti, e dei ricordi da loro veicolati. Ma così è. La tua lente d’ingrandimento, con cui t’aiutavi quando l’occhietto superstite era stanco. Il tuo berretto verde scuro, che ti preoccupavi fosse andato perso sulla scena della caduta e invece avevo recuperato ed era qui che ti aspettava a casa. Il ventaglio viola della mamma, che con gioia usavo, come lo schiavo di un sultano, per darti sollievo dalla calura estiva che soffrivi più di me (l’espressione felice e beata che ti si dipingeva in volto, ma bastavano pochi secondi e poi dicevi “Bene così, grazie”). Le tue pipe, anche se da tanti anni non le fumavi più. Il piccolo gufo di legno che tenevi sul comodino. Il tuo pennello da barba. I guanti gialli con cui a 88 anni e mezzo pretendevi di essere sempre e solo tu a lavare i piatti (io facevo da mangiare, ma tu volevi apparecchiare, lavare i piatti e preparare il rito del caffè per due con la moka grande, così come ci tenevi a occuparti della raccolta differenziata e persino di stendere i panni dopo che io avevo fatto andare la lavatrice, caricata piano piano da te un indumento alla volta, come facendo l’appello).</p><p style="text-align: justify;">A renderti unico erano anche i tuoi mantra rassicuranti, come li chiamavo io. Sotto la doccia ti si sentiva chiamare a raccolta i tuoi cugini della Mirabella, tutti scomparsi da tempo perché come età sembravano più zii che cugini (mio nonno era l’ultimo di sette fratelli): “E il Luisìn, e il Giuanìn, e il Pasqualìn, tutti tutti in compagnia…” Dopo un po’ che ripetevi ‘sta cosa entrava improvvisa una voce diversa, simpaticissima, da cartone animato, con la quale dicevi: “Luisìn basta! Basta coi Luisìtt!”, dopodiché smettevi.</p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjxXS0lF2XETTlCmcajT0tCtzCP9T8ruhD8G8CJwpUjdc4ZImebNKy7KIEaTmyc-dcjiOWwm9JrB5r93L5bgHYWNWwG4xE4VOd2zcQwfVIDtcj9FWKn6AV-lm43-8pBCEZLtL6OnrrVolP32OTKnR_VHYoqW0JItsDjFeFVyEEggIFMYqA0l_xH3o9MbA/s1952/IMG-20221117-WA0020.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1952" data-original-width="1464" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjxXS0lF2XETTlCmcajT0tCtzCP9T8ruhD8G8CJwpUjdc4ZImebNKy7KIEaTmyc-dcjiOWwm9JrB5r93L5bgHYWNWwG4xE4VOd2zcQwfVIDtcj9FWKn6AV-lm43-8pBCEZLtL6OnrrVolP32OTKnR_VHYoqW0JItsDjFeFVyEEggIFMYqA0l_xH3o9MbA/s320/IMG-20221117-WA0020.jpg" width="240" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Una foto che fa male: il lieto fine pareva certo</td></tr></tbody></table><p style="text-align: justify;">Un pensiero che mi consola è il rapporto sereno, tranquillo, disincantato, di piena accettazione che hai sempre avuto con la morte, con l’evidenza del fatto che prima o poi dobbiamo andarcene tutti, da qui. La volta che ci spaventasti con quel malore il giorno di Natale (un fatto di cinque anni fa) con due svenimenti in rapida successione, subito dopo, sdraiato su un divanetto in attesa dell’autolettiga, eri sorridente, quasi lieto, dicevi che se è ora è ora, e poi ti mettesti a intonare filastrocche dialettali, come un vecchio pellerossa che canta la propria nenia funebre, con la differenza che le nenie dei pellerossa sono tristi e lugubri, mentre le tue filastrocche erano briose e divertenti, un Pippirimerlo (se non addirittura un Ciao!) alla signora morte, vista non come interruzione o rottura ma come parte naturale della vita (la parola <i>virte</i>, unione di vita e morte, che io stesso inventai tanti anni fa?) Per non parlare di quando, nei tuoi foglietti promemoria, se ti segnavi un appuntamento per una visita medica da fare di lì a qualche mese aggiungevi sempre sotto, tra parentesi, “se campo” (e non era scaramanzia, ma lucido realismo), o di quando ripetevi, col tuo spirito un po’ macabro, che il tuo prossimo indirizzo sarebbe stato “il loculo 47”, accanto al 46 della mamma – non fosse che nel frattempo la burocrazia ti ha pure fatto lo scherzetto di rinumerarli, e il mitico 47 è diventato 139. Ma è sempre lì, di fianco alla tua Lidia, e lì ti ho deposto il 20 dicembre, dopo aver dato un ultimo bacio all’urna con le tue ceneri, dopo averla cullata stretta stretta fra le braccia per tutta la semplice ma toccante cerimonia privata (da persona specialissima quale eri, non hai voluto un vero e proprio funerale).</p><p style="text-align: justify;">Col fatto che per via dello spietato protocollo covid non ti abbiamo potuto vedere dopo morto, neppure da lontano, è come se tu fossi solo misteriosamente svanito, partito per un lungo viaggio senza avvertire. E così, alla struggente tristezza della perdita, si aggiunge la struggente e torturante speranza di una permanenza (che nel mio cuore comunque sarà tale finché avrò a mia volta respiro), di un dolcissimo ritorno. Come cantavano gli Alphaville in “A victory of love”: <i>Hoping for your/sweet, sweet/return (rintocco di campana su “return”</i>).</p><p style="text-align: justify;">Mi manchi, papà.</p><p style="text-align: justify;">Tutte le sere, prima di ritirarti nella camera matrimoniale, dopo la buonanotte aggiungevi quell’altra tua parolina, “Nucét” (la traducevi con “nottina”, anzi “nottino”, al maschile, nel senso di una dolce confortante notte di sonno profondo e ricolmo di bei sogni). Probabilmente andrò avanti a sussurrare “Nucét”, ogni sera prima di addormentarmi, finché non sarà giunto il momento di seguirti.</p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjuXFEFkuob-UkhqdwKY_V1nAyLNvFpiGTl1Iq5r2f44xDuIUHOqrg_0eNfg-2BPgTmyRhKhJtAeL9-F2KslPJ7xAcIwWfnaEjn-y7eJ30y1tFbAvDU7fDOYzyGrhvpah5PaizObezgLmttRjY_K73ynh1yMopLEnFGMrtD-Q7Zdvoy4QUzvChxM2BdJg/s2048/pap%C3%A0.JPG" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1536" data-original-width="2048" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjuXFEFkuob-UkhqdwKY_V1nAyLNvFpiGTl1Iq5r2f44xDuIUHOqrg_0eNfg-2BPgTmyRhKhJtAeL9-F2KslPJ7xAcIwWfnaEjn-y7eJ30y1tFbAvDU7fDOYzyGrhvpah5PaizObezgLmttRjY_K73ynh1yMopLEnFGMrtD-Q7Zdvoy4QUzvChxM2BdJg/w320-h240/pap%C3%A0.JPG" width="320" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><b>Pierluigi Pezzoli <br />26 maggio 1934 - 7 dicembre 2022</b></td></tr></tbody></table><br /><p><br /></p>Zio Scribahttp://www.blogger.com/profile/15216177360258416630noreply@blogger.com40tag:blogger.com,1999:blog-6725489888736090276.post-44441022308283038232022-11-04T14:41:00.001+01:002022-11-04T14:41:00.181+01:00Chi ha amato Corradino amerà Kevin<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><span style="background-color: white; color: #050505; white-space: pre-wrap;">Per chi temeva (e per chi si augurava?) il contrario, vengo in punta di piedi a sussurrarlo: da un po' di tempo mi sono rimesso a scrivere. Con più voglia, entusiasmo, ispirazione, piacere e passione di prima. Perché il sistema cultural-mediatico italioso sarà pure un canadair spegnitutto, ma nel mio cuore arde una scintilla inestinguibile. Perché scrivere è per me qualcosa più di un mestiere, di un discutibile talento, di una velleità, o d'una coazione a ripetere: scrivere è </span><span style="animation-name: none !important; background-color: white; color: #050505; transition-property: none !important; white-space: pre-wrap;"><a style="animation-name: none !important; color: #385898; cursor: pointer; transition-property: none !important;" tabindex="-1"></a></span><span style="background-color: white; color: #050505; white-space: pre-wrap;">la mia religione vitale, il mio modo di venerare e di rendere grazie, la mia grazia ricevuta, il mio atto d'amore e di guerra, la mia pernacchia all'esagerata energia dei buchi neri, il respiro più profondo e segreto, la chiamata monacale a cui si deve rispondere "Sì", il mio ancoraggio (forse anche involontario e controvoglia) all'esistenza. Ecco. L'ho detto. Ora torno al mio lavoro silenzioso e febbrile. Ci risentiamo fra qualche mese. O giù di lì.</span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><span style="background-color: white; color: #050505; white-space: pre-wrap;"><br /></span></span></p>Zio Scribahttp://www.blogger.com/profile/15216177360258416630noreply@blogger.com14tag:blogger.com,1999:blog-6725489888736090276.post-42543338166561385922022-09-04T09:14:00.003+02:002022-09-04T09:14:00.201+02:00La soluzione del mio RHINO QUIZ era:<p> <table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgKd4TX26PYYLwot5bGahlLKY1FywAUStLCOM2m1oPtRNKZUSAXLWbmNIBPJ7qA8ieBZ-VLOsvs2g4XKgWU9NhPNuzT0HDeEesuYZr3eLr8UHffUwsDGjtNolMwkdAwXa02ELXeiMKaZA0khz8WPoYv4AD06fwi-mjid78557r1TKuQ1_LqLJexL-l0tA/s564/RhynoQuiz2.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="271" data-original-width="564" height="193" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgKd4TX26PYYLwot5bGahlLKY1FywAUStLCOM2m1oPtRNKZUSAXLWbmNIBPJ7qA8ieBZ-VLOsvs2g4XKgWU9NhPNuzT0HDeEesuYZr3eLr8UHffUwsDGjtNolMwkdAwXa02ELXeiMKaZA0khz8WPoYv4AD06fwi-mjid78557r1TKuQ1_LqLJexL-l0tA/w400-h193/RhynoQuiz2.JPG" width="400" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><b><span style="color: #cc0000; font-size: medium;">2-1-4</span></b></td></tr></tbody></table><br /></p><p style="text-align: center;"><span style="font-family: georgia; font-size: x-large;"><b><br /></b></span></p><p style="text-align: center;"><span style="font-family: georgia; font-size: x-large;"><b>Io n'esco</b></span></p>Zio Scribahttp://www.blogger.com/profile/15216177360258416630noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-6725489888736090276.post-53020908038674750502022-07-16T02:14:00.003+02:002022-07-16T02:14:00.201+02:00La chiave per risolvere il mio RHINO QUIZ* è: 214<p> <table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgCu9uvCtRUWtVZTpjQWsJesUGxeRcjrD0K7nmcH54xbxrsGEwrQuSEKQ6W-y-Nv8OPGELg_2VAKgNgGT43FRsV4GaXzdYAXbGroPYOVQww0-U2vFJxNuqXhB4AeGGzbLuB98r3mEV54UiO5q3c8GgCRFyPnZq2qS85_U8fmIIQ604R42ifwDPR1quOWA/s920/RhynoQuiz.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="834" data-original-width="920" height="363" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgCu9uvCtRUWtVZTpjQWsJesUGxeRcjrD0K7nmcH54xbxrsGEwrQuSEKQ6W-y-Nv8OPGELg_2VAKgNgGT43FRsV4GaXzdYAXbGroPYOVQww0-U2vFJxNuqXhB4AeGGzbLuB98r3mEV54UiO5q3c8GgCRFyPnZq2qS85_U8fmIIQ604R42ifwDPR1quOWA/w400-h363/RhynoQuiz.JPG" width="400" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-family: georgia; font-size: x-large;"><b>214</b></span></td></tr></tbody></table><br /></p><p><br /></p><p><br /></p><p><br /></p><p><br /></p><p><br /></p><p><br /></p><p><br /></p><p><b><span style="font-size: medium;">*</span></b> <span style="font-size: x-small;">non si vince un cazzo</span></p>Zio Scribahttp://www.blogger.com/profile/15216177360258416630noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-6725489888736090276.post-51373822275351290272022-04-25T03:07:00.010+02:002022-04-25T03:07:00.220+02:00PAUSA/SILENZIO<p style="text-align: center;"><br /></p><p style="text-align: center;"><span style="color: #a64d79; font-family: georgia; font-size: medium;">"C'è un tempo per tacere e un tempo per parlare"</span></p><p style="text-align: right;"><span style="font-family: georgia;">(Libro di Qoelet)</span></p><p style="text-align: right;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>Zio Scribahttp://www.blogger.com/profile/15216177360258416630noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-6725489888736090276.post-7704690879510604382022-01-30T00:55:00.002+01:002022-01-30T00:55:00.238+01:00Scusate<p> </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEg0bHMhTS--1m8__N8fH0G30kozz5UnOnNVV4AxwP9j5HWn9hQBdnvBm1-sP_ibDvdqZDVgIM4YP4jTpSMDvjKGOZHlWWXkndSIcRYkCFk8sT8WLWQhlN5QgCSa7UPl7zF68Dy6eJ3ZRz_3bQPEf5Oixf8HaCZzIRaVuC3QwWQxM2EhqYIkVfxKxlGBvw=s1224" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1224" data-original-width="920" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEg0bHMhTS--1m8__N8fH0G30kozz5UnOnNVV4AxwP9j5HWn9hQBdnvBm1-sP_ibDvdqZDVgIM4YP4jTpSMDvjKGOZHlWWXkndSIcRYkCFk8sT8WLWQhlN5QgCSa7UPl7zF68Dy6eJ3ZRz_3bQPEf5Oixf8HaCZzIRaVuC3QwWQxM2EhqYIkVfxKxlGBvw=w301-h400" width="301" /></a></div><br /><p></p><p style="text-align: center;">Scusate se sono troppi.</p><p style="text-align: center;">Scusate se sono belli.</p><p style="text-align: center;">Scusate se sono troppo belli.</p><p><br /></p>Zio Scribahttp://www.blogger.com/profile/15216177360258416630noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-6725489888736090276.post-29530863978682470782021-12-06T06:12:00.006+01:002021-12-06T06:12:00.216+01:00GLI ORIZZONTALI E I VERTICALI (NON È UN CRUCIVERBA)<p style="text-align: justify;">Esiste una modalità d’espansione dell’arte e della letteratura che è orizzontale, piana, di superficie: essa progredisce (si fa per dire) per aggiunte successive a macchia d’olio, a puzzolente puzzle, per accumulo e saturazione di tessere tutte uguali, che ingigantiscono e ingrigiscono, che affollano e asfissiano senza portare nulla di veramente nuovo, ad opera di gente limitatella e avara di idee (ma furba), di un opaco esercito di epigoni, mestieranti, imitatori e copisti i cui balbettii danno forma a un vocìo indistinto che puzza di noia e nulla dice, perenne sterile replica di un dejà vu che però rassicura fruitori abitudinari, critici imbalsamati e operatori mediocri, e stende sui pavimenti dell’anima un unico tappeto ipertrofico, brutto, peloso, polveroso e odoroso di muffe (ma assai costoso e redditizio). E poi esiste una modalità verticale e fiammeggiante, innescata e fatta divampare dai pochi veri autori di genio capaci di creare qualcosa di emozionante e originale, grazie al fuoco che si portano dentro (non per merito ma per destino) fin dalla nascita.</p><p style="text-align: justify;">Spesso gli “orizzontali”, numerosi come locuste e gerarchizzati come iene, si organizzano in sindacati del (loro) comune interesse, corporazioni dell’andar di corpo, accademie dove nulla accade, club del pompino strategico, movimenti paralitici, botteghe oscure, scuderie di ronzini, e se spunta in lontananza l’inquietante profilo di un “verticale” fanno di tutto per tenerlo alla larga (ed essendo lui, sempre, un cavaliere solitario avranno facilmente buon gioco): diranno che è un miraggio, un minaccioso inganno, qualcosa di inconsistente e privo di valore, un valore che soltanto loro hanno il potere, e l’arroganza, di attribuire o negare, in quanto branco cinosuino di intercambiabili e interpremiabili. (Il loro allarmarsi è comprensibile: quel fuoco potrebbe bruciare il tappeto di merda). A volte, tutti presi dallo stabilire a priori come dovrebbero scrivere gli altri per conformarsi alle loro cazzate (meno sanno scrivere e più defecano teoremi sulla scrittura, molti addirittura la <i>insegnano</i>!) gli “orizzontali” si spingono persino a elaborare contorti meteorismi intellettualoidi contro l’originalità, la forza innata e sovrannaturale, la brillantezza, il talento, qualità che considerano pericolose e “nemiche”, perché loro non le hanno mai avute e mai le avranno.</p><p style="text-align: justify;">Insomma c’è chi compone nuove sinfonie e chi recita risapute filastrocche, con l’aggravante di spacciarle per nuove. </p><p style="text-align: justify;">Di questi tempi e da queste parti, vengono chiamati scrittori non i primi, ma i secondi.</p><p style="text-align: justify;">Se uno scrittore talentuoso è un incendio vivente, il sistema editorial-mediatico italiano è, con ogni evidenza, un Canadair.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><div><br /></div>Zio Scribahttp://www.blogger.com/profile/15216177360258416630noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-6725489888736090276.post-25081230299460751042021-11-02T04:22:00.004+01:002021-11-02T04:22:00.197+01:00Poche piccole perle (o, per chi le preferisce, ghiande) dal mio ultimo lavoro “No Anthropos 365” <p style="text-align: justify;"> [15 marzo 2020]</p><p style="text-align: justify;">Tutta ‘sta gente su ‘sti cazzo di balconi, a cantare l’inno di mameli, a suonare il piffero, a esporre arcobaleni con scritto CE LA FAREMO, a dedicare applausi (giusti, per carità) al personale medico. Immagino di dover rispettare il bisogno dei “normali” di non sentirsi soli, di farsi coraggio a vicenda sentendosi massa omologata e fratella e mal comune tarallucci e gaudio ecc, e quindi non ironizzerò mai troppo apertamente su tutto ciò. Ma non posso non dirmi, in totale sincerità, che io sul balcone potrei al massimo uscire a fare una bella scorreggia offline, o a esporre uno striscione che dice GNAFFÒ!, oppure potrei cantare un’unica, lunghissima, accoratissima e accordatissima bestemmia.</p><p style="text-align: justify;">[18 marzo]</p><p style="text-align: justify;">Cerco di rilassarmi con un metodo di meditazione autoipnotica imparato grazie a un documentario: ripetersi ossessivamente “Pace pace pace pace pace pace pace…” Pace un cazzo.</p><p style="text-align: justify;">[4 aprile]</p><p style="text-align: justify;">Penso a quelle due povere persone accoltellate a morte in Francia: convinte come tutti che in questo periodo l’unica sciagura da temere fosse il virus, sono state ammazzate da qualcosa di ancora più piccolo e meno intelligente: un fanatico religioide.</p><p style="text-align: justify;">[6 aprile]</p><p style="text-align: justify;">Qualcuno dovrà pur avvertire i miei signori colleghi scrittori: “la luce che bagna”, “il sole che bagna”, “il chiarore che bagna”, a causa dell’uso e dell’abuso non sono ormai più poesia descrittiva, ma irritanti cliché.</p><p style="text-align: justify;">[8 aprile]</p><p style="text-align: justify;">Vedo per me un futuro simile a quello del soldato giapponese rimasto a presidiare l’isola deserta vent’anni dopo che la seconda guerra mondiale era finita. <i>Iorestoacasa </i>è uno slogan che potrebbe continuare a calzarmi benissimo. Mi avete rotto il cazzo, fondamentalmente.</p><p style="text-align: justify;">Se fossi una mossa degli scacchi, sarei l’arrocco.</p><p style="text-align: justify;">[19 aprile]</p><p style="text-align: justify;">Idea balzana del solito balzano Franceschini: “Una Netflix della cultura… cultura a pagamento su una piattaforma collegata a raitre…” Ora, a parte che coi soldi che ci fregate col canone per vedere un beato caspio (nel nostro caso proprio zero, letteralmente zero, si paga da sempre ma da un paio di decenni abbondanti non si guarda <i>mai niente</i> – fosse per noi Vespa e Fazio sarebbero dei disoccupati, per dirne solo due) la cultura potreste pure avere il buongusto di divulgarla gratis, mi pare abbastanza ovvio che chi di arte e cultura già si nutre non sente nessun bisogno di una nuova piattaforma televisiva dedicata, mentre il popolino bue mangiawrestling la eviterà come fosse la peste (a pagamento, poi…) A quale record di abbonati contate di arrivare? Dodici persone? Quattordici? Valuterei almeno la possibilità di dargli un bel nome autoironico: Netflop.</p><p style="text-align: justify;">[21 aprile]</p><p style="text-align: justify;">I tedeschi annullano fin da ora l’Oktoberfest. Gli italiani strepitano per andare al mare in agosto, in discoteca a luglio e a farsi inculare entro giugno. (Ma alcuni anche per festeggiare in piazza il 25 aprile e il primo maggio, per non parlare di tutti quelli già in giro, più o meno illegalmente, a <i>fa' dané</i>, magari con carichi traboccanti di tronchi massacrati). Poi dice che i popoli sono tutti uguali. Io invece dico che intelligere e (saper) discriminare sono praticamente sinonimi.</p><p style="text-align: justify;">[25 aprile]</p><p style="text-align: justify;">“Alle 15 flash mob nazionale, <i>si </i>canta Bella Ciao alla finestra o sul balcone”? Io, antifascista, ovviamente diserterò. Odio gli imperativi, e il pronome greggesco “si”. Non farei parte di un coro istigato da altri neppure se cantasse “Gloria a Nick”, e mi pagassero un tanto al secondo. I fuoriclasse sono tali anche perché non obbediranno mai ai capoclasse.</p><p style="text-align: justify;">[10 maggio]</p><p style="text-align: justify;">Fra le tante iniziative-minchiata che attecchiscono di questi tempi, c’è quella denominata “scrittori a domicilio”. Ma per me gli scrittori sono <i>sempre </i>stati a domicilio. Sotto forma di libri, ovviamente. Gli scrittori in carne e ossa (o peggio ancora in video) non servono a nulla, annoiano a morte e rompono i coglioni. E lo dico da scrittore.</p><p style="text-align: justify;">[11 maggio]</p><p style="text-align: justify;">Certo che sono un tipo ben strano. Uno scrittore italiano <i>ma </i>originale, che vuole, pretende di pensare con la propria testa, formatosi su modelli americani (ma che si rifiuta di scrivere “si strinse nelle spalle”), e con idee da persona semplice. Uno scrittore italiano che non dice “paradigma”, “in qualche modo” e “nella misura in cui”, ma soprattutto che, pur sentendosi cittadino di un unico mondo (o forse proprio per questo) non si schiera per partito preso dalla parte di africani, islamici, palestinesi e cosiddetti “migranti”. </p><p style="text-align: justify;">[14 maggio]</p><p style="text-align: justify;">Quando a qualcuno, sorpreso dalla mia avversione per il salone del libro, spiego che “<i>non è il mio ambiente</i>”, costui, o costei, magari pensa ch’io intenda dire che non mi sento più uno scrittore. E invece è esattamente l’opposto.</p><p style="text-align: justify;">[17 maggio]</p><p style="text-align: justify;">Giuro che non l’ho inventata io: c’è un pretozzo a Detroit che in guanti e mascherina benedice i fedeli usando una pistola ad acqua. Li attende sul sagrato, loro arrivano in macchina, accostano senza scendere e lui gli spara un getto. “Una sorta di drive-in spirituale” si legge nella notizia. Il drive-in lo vedo, ma lo spirituale <i>unnè</i>? Dopo una simile grottesca buffoneria (dove per non rinunciare al potere magico-stregonesco dell’acqua santa si finisce col ridurla a barzelletta demenziale, cancellandone per sempre ogni vestigia di dignità morale), sarà inutile continuare a dire che la religione rischia di venir uccisa dagli eretici, dagli atei, dai bestemmiatori, dai relativisti, dai gay, dagli agnostici, dai consumisti o dai materialisti: la religione (e intendo quella brutta roba istituzionalizzata, non il sentimento dei singoli, per il quale avrò sempre rispetto, e che con vostra grande sorpresa potrebbe abitare persino in me) sa benissimo come fare a suicidarsi. Si può provare venerazione per una fogliolina verde appena germogliata, non certo per una pistola di plastica che sputacchia acqua benedetta: non lo insegnano ai corsi di teologia? (Come aveva visto lungo il lucido e incompreso Andres Serrano con la sua “scandalosa” opera <i>Piss Christ</i>!)</p><p style="text-align: justify;">[2 giugno]</p><p style="text-align: justify;">Tra i diciannove e i ventisei anni, la mia full immersion nella società umana, come universitario, militare, piazzista porta a porta, informatore scientifico e impiegato in prova in un posto assurdo. Bastò a decidere che c’era una sola contromossa intelligente, per quanto folle, rinunciataria e temeraria: STARNE FUORI. Come un arrocco, ma fuori scacchiera.</p><p style="text-align: justify;">Un vorticoso stormo di uccelli neri in modalità battaglia aerea, e una coppia di alianti così traslucidi da sembrare fatti di sogno, di vecchi e dimenticati sogni diluiti in un blu a sua volta scolorito, mentre ascolto <i>Secret messages</i> degli Electric Light Orchestra, uno dei miei album preferiti quando avevo quindici anni. E per qualche magico istante mi sento come se fossi ancora quel ragazzino, ma <i>esattamente </i>lui in tutto e per tutto. Forse, a parte un po’ di barba e di disavventure in più, e un po’ di capelli e d’illusioni in meno, non ho mai smesso di esserlo. E comunque, almeno ancora per oggi, io ci sono. Sono qua. Che guardo e ascolto. Che mi commuovo e amo e chiedo spiegazioni al mio sangue. Che però ha promesso di serbare il segreto.</p><p style="text-align: justify;">[9 giugno]</p><p style="text-align: justify;">Sindaca trans in Francia: “Io simbolo di normalità”. Mannò! Mannò! Mannò! La normalità è merda! Se non lo capiscono più nemmeno i trans…</p><p style="text-align: justify;">[quasi un anno dopo]</p><p style="text-align: justify;">Lunedì 3 maggio 2021. All’ennesimo ritorno (momentaneo?) della zona gialla mi regalo una piacevole passeggiata in Valcuvia. L’essere più intelligente e più bello che incontro è un meraviglioso cavallo bianco in mezzo a un prato fiorito. Lo fotografo, sperando di non disturbarlo. Il più cretino e brutto è un sottocoglione a pedali che mi fa il verso della pecora perché mi vede alzare la mascherina per proteggermi da lui. (…) Il verso della pecora. A me. Che da una vita vado più controcorrente di un salmone in Alaska. Non essendo un collezionista di ritratti di stronzi, non lo fotografo.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">“Una creatura elusiva, che spesso fugge via alla vista degli umani”.</p><p style="text-align: justify;">Di chi parlavano?</p><p style="text-align: justify;">Di alcuni magnifici bisonti, a rischio di estinzione, che vivono in Polonia.</p><p style="text-align: justify;">Ma avrebbero potuto benissimo parlare di me.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><div style="text-align: justify;"><br /></div>Zio Scribahttp://www.blogger.com/profile/15216177360258416630noreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-6725489888736090276.post-30489886805200045832021-10-24T11:45:00.001+02:002021-10-24T11:52:21.848+02:00Intermezzo zioscribesco scemidemenziale: qualche recente cazzatina leggera, direttamente dal mio file "Frammenti"<p>2422 E siccome di "movimenti" ce n'erano pochi, alcune vergini puritane hanno fondato i No Caz.</p><p>2425 La chiacchieratissima moglie di Plinio il Becco.</p><p>2431 «Cosa pensi del tale scrittore/scrittrice?» «Preferisco lassativi più blandi».</p><p>2433 Nemo profeta inter pirlas.</p><p>2434 "Pincopallo vuole aggiungerti a Link Cretyn. Accetta/Ignora/Fanculizza Pincopallo".</p><p>2436 Contrarre il sacro virus (il sarcovirus) del matrimonio.</p><p>2437 Giornalistozzi: "Rapina un distributore di benzina e fugge". Sì, perché dovete sapere che di solito, i rapinatori, dopo la rapina, stanno lì. A prendere un caffè e a fare due chiacchiere.</p><p>2438 Ieri ho provato per scherzo a mettermi a parlare come certi telecronisti mongolini: «In qualche modo ha tra virgolette pagato dazio». Giuro, mi ha guardato male anche il gatto!</p><p>2439 La precipitosa fuga da Mantova a Venezia di Speedy Gonzaga.</p><p>2443 Ho sempre dimostrato come minimo dieci anni meno. Quando ne avevo nove venivo spesso scambiato per uno spermatozoo.</p><p>2445 Di cognome faceva Del Cesso. Pensarono bene di chiamarla Catena.</p><p>2447 «Era un porco!» «Non si parla male dei morti». «Hai ragione: pace all'anima su... ina».</p><p><br /></p>Zio Scribahttp://www.blogger.com/profile/15216177360258416630noreply@blogger.com10tag:blogger.com,1999:blog-6725489888736090276.post-86429714024925044352021-09-04T04:09:00.003+02:002021-09-04T04:09:00.371+02:00Fuori programma. Per chi avesse ancora voglia di leggermi.<p> </p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiUC4iMzhN1HsNrfgT-VsvMCHQIkZ2_Ycg4wcYx4tR8aWbTgOxnok7ZamWhFTz5sK0uR0wDa38Q21KaoiHc0cZxx9dDjySVkuJjL7UZLhat9WtRQsIs1Dn_v7OvujtwXM-MLrau43oMUpzE/" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img alt="" data-original-height="2048" data-original-width="1536" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiUC4iMzhN1HsNrfgT-VsvMCHQIkZ2_Ycg4wcYx4tR8aWbTgOxnok7ZamWhFTz5sK0uR0wDa38Q21KaoiHc0cZxx9dDjySVkuJjL7UZLhat9WtRQsIs1Dn_v7OvujtwXM-MLrau43oMUpzE/w300-h400/NO+ANTHROPOS+COVER.JPG" width="300" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">HOMO HOMINI VIRUS</td></tr></tbody></table><br /><div style="text-align: center;">«Se fossi una mossa degli scacchi sarei l'arrocco»<p></p></div><div style="text-align: center;"><b>Una finestra d'autore sul pandemonio pandemico</b></div><div style="text-align: center;"><b> lucidata col vetriolo anziché col vetril.</b></div><div style="text-align: center;"><b><br /></b></div><div style="text-align: justify;">(Marzo 2020) «Demenziale il balletto del “chissà se sarà pandemia” e “non è ancora pandemia”. Ovvio che era già da un bel pezzo pandemia. Ma il mondo in generale e quello della finanza in particolare hanno avuto bisogno di un tizio con la faccia da fesso (lo stesso portavoce dell’OMS che continuava a blaterare “Bene l’Italia, bene l’Italia”… Bene l’Italia un beato cazzo!) che annunciasse ufficialmente: “Ok, è pandemia”. Mi ha ricordato <i>L’aereo più pazzo del mondo</i>, quando la scritta “No panic” diventa “Ok, panico”.»</div><div style="text-align: center;"><span style="color: red;"><br /></span></div><div style="text-align: center;"><span style="color: red;">ebook o cartaceo SOLO su <b><i>Amazon</i></b></span></div><div style="text-align: center;"><span style="color: red;"><b><i><br /></i></b></span></div><div style="text-align: center;"><span style="font-family: courier;"><b><a href="https://www.amazon.it/dp/B09DYZTZD4">LINK EBOOK FORMATO KINDLE € 6,99</a></b></span></div><div style="text-align: center;"><br /></div><div style="text-align: center;"><span style="font-family: courier;"><b><a href="https://www.amazon.it/dp/B09F1FRKPS">LINK BROSSURA(280 PAGINE) € 14</a></b></span></div><div style="text-align: center;"><span style="font-family: courier;"><b><br /></b></span></div><div style="text-align: center;"><br /></div>Zio Scribahttp://www.blogger.com/profile/15216177360258416630noreply@blogger.com23tag:blogger.com,1999:blog-6725489888736090276.post-62999795551571436752021-08-11T08:11:00.001+02:002021-08-11T08:11:00.368+02:00Tre libri per l'estate. (Per palati fini).<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiI_4O6zU39iEXoc17G9fWTxRWpUHOzgktmjP9wMQ0ee4UhWecrNOHEJS-bg4kWF5gfbVAbpTKgzFQNnCqFP-0UlYnAgRZKGtimDjBOld6qDm73ZBHjFPsO7zld7DnVnePNKh-kqumbhrga/s2048/SAM_2320.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1536" data-original-width="2048" height="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiI_4O6zU39iEXoc17G9fWTxRWpUHOzgktmjP9wMQ0ee4UhWecrNOHEJS-bg4kWF5gfbVAbpTKgzFQNnCqFP-0UlYnAgRZKGtimDjBOld6qDm73ZBHjFPsO7zld7DnVnePNKh-kqumbhrga/w400-h300/SAM_2320.JPG" width="400" /></a></div><br /><b><span style="font-size: medium;">Peter Cameron</span></b><p></p><p><b><span style="color: #741b47; font-size: medium;">Cose che succedono la notte </span></b></p><p>Adelphi</p><p>(Traduzione di Giuseppina Oneto)</p><p>Voto 9</p><p style="text-align: justify;">Il contatto con un così delizioso narratore non significa solo godimento, compagnia, consolazione e conforto, ma può costituire un salutare bagno di umiltà. Perché anche se ti chiami Nicola Pezzoli, e credi (probabilmente a ragione) di essere uno dei più originali scrittori europei, anche se ritieni (sicuramente a ragione) che certi stronzetti tuoi connazionali ti abbiano sottovalutato, per non dire ignorato, in maniera clamorosa e imperdonabile, leggendo uno come Peter Cameron ti sorprendi a pensare che scrivere <span style="font-size: x-small;">COSÌ TANTO BENE</span> potrebbe risultare difficile persino per te.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p><b><span style="font-size: medium;">Edgar Hilsenrath</span></b></p><p><b><span style="color: #741b47; font-size: medium;">Jossel Wassermann torna a casa</span></b></p><p>Marsilio</p><p>(Traduzione di Lorenza Cancian) </p><p>Voto 9-</p><p style="text-align: justify;">Che quest’uomo non abbia mai vinto il Nobel per la Letteratura non fa che dimostrare quanto poco, o nulla, valgano i premiozzi conferiti agli scrittori. L’anno in cui premiarono Bob Dylan, io fui tra quelli che, a denti stretti e dopo vari ripensamenti, finirono col dire: massì, forse può starci, in fondo certi suoi testi possono essere considerati poesia… Ma più passa il tempo e più cambio idea. Nobel per la Letteratura a Dylan (e a Dario Fo) e non a Edgar Hilsenrath, a Philip Roth, a Milan Kundera, a Paul Auster, a Cormac McCarthy, a Peter Cameron, a Martin Amis? Allora abolitelo, e premiate il miglior centrino lavorato con l’uncinetto!</p><p>Romanzo meraviglioso, pungente, divertentissimo, tremendo. </p><p><br /></p><p><b><span style="font-size: medium;">Richard Ford</span></b></p><p><b><span style="color: #741b47; font-size: medium;">Rock Springs </span></b></p><p>Feltrinelli</p><p>(Traduzione di Vincenzo Mantovani)</p><p>Voto 8</p><p style="text-align: justify;">Dieci buonissimi racconti americani, ambientati in un Montana freddo, cupissimo e selvaggio, che mi hanno fatto riscoprire e apprezzare Ford. Chissà perché, in seguito a svagati assaggi lontani nel tempo, lo ritenevo inferiore a Cheever e persino a Carver, mentre probabilmente è migliore di entrambi. Anche se forse sono un po’ sopravvalutati tutti e tre. Peccato per le solita, immancabile incuria e sciattoneria editoriale italiana: addirittura, in un racconto, gli indiani Assiniboin diventano, assurdamente, “abissiniboin”! Che cazzo sarebbero, gli abissiniboin, pellerossa neri?</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><div style="text-align: justify;"><br /></div>Zio Scribahttp://www.blogger.com/profile/15216177360258416630noreply@blogger.com9tag:blogger.com,1999:blog-6725489888736090276.post-1470987246313331182021-07-31T10:26:00.003+02:002021-07-31T10:26:46.727+02:00La scuola in assenza prefigurata nel 1986 da uno studente monello<p>35 anni fa, con la “strissia” n°34 (la seconda di quest’accoppiata) anticipai senza saperlo la scuola in assenza. (E devo ammettere che più che un incubo mi pareva un sogno).</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh-Z5o-bYf8WYFl-aK8bfyoTCfFGYuvfUMpQInbJW-6MssuXJ1U0PB-JCQzxAuHu06hlAw-BwG7Epymi4Cl0CfX1wC2KNqpXbhNGezslC8f5xBCUUa-zCAmMEkZyRNk88hOuRbAqhRZpzlq/s2048/Copia+di+SCAN+30+STRS+33+34.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1303" data-original-width="2048" height="255" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh-Z5o-bYf8WYFl-aK8bfyoTCfFGYuvfUMpQInbJW-6MssuXJ1U0PB-JCQzxAuHu06hlAw-BwG7Epymi4Cl0CfX1wC2KNqpXbhNGezslC8f5xBCUUa-zCAmMEkZyRNk88hOuRbAqhRZpzlq/w400-h255/Copia+di+SCAN+30+STRS+33+34.jpg" width="400" /></a></div><br /><p>(cliccare sull'immagine per ingrandire)</p><p><br /></p>Zio Scribahttp://www.blogger.com/profile/15216177360258416630noreply@blogger.com6tag:blogger.com,1999:blog-6725489888736090276.post-87524168323299220972021-07-08T09:27:00.001+02:002021-07-08T09:27:50.425+02:00JEG ELSKER DIG DANMARK!<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgrmTy6i171yan8CFCbJLY0Ti3Sv7kgDVn21faadaZ4XQYbwUP5FR4SKhW_jOwCWfBeF5qKZ_d5ImFkbgOKVuNRJ4dJ01-7ZtSUMf3_fmFDn05wuSKflPJCVdMs63tMestoPfsLDAOyRYgz/s300/dk1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="168" data-original-width="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgrmTy6i171yan8CFCbJLY0Ti3Sv7kgDVn21faadaZ4XQYbwUP5FR4SKhW_jOwCWfBeF5qKZ_d5ImFkbgOKVuNRJ4dJ01-7ZtSUMf3_fmFDn05wuSKflPJCVdMs63tMestoPfsLDAOyRYgz/s0/dk1.jpg" /></a></div><span style="text-align: justify;"><p><span style="color: red;">Jeg elsker dig Danmark. I love you Denmark.</span></p></span><p></p><p style="text-align: justify;"><span style="color: red;">Grazie lo stesso, ragazzi. Siete stati semplicemente favolosi.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="color: red;">Per poco non ripetevate il miracolo del ’92. E ancora una volta portandovi dietro una toccante storia umana: allora fu la tragedia della povera bambina di Vilfort, stavolta è stato Christian Eriksen, strappato alla morte dentro il suo stadio annichilito e commosso (e per fortuna è successo a Copenaghen e non fra le steppe eurasiatiche, tanto per ringraziare monsieur Platini e la sua, speriamo ultima, idea balzana: l’Europeo itinerante ad cazzum).</span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi4i_6Iyo6M2NaO2w7byPV85I3GMbYY64UXAhnEv0iFAdGFyY5pSkkns3hyT6m2rOEVQjRQaBNlWP-ckeLXmUmqrJiJSCG9NFkWFw91OCAHhT_XyF4rw1AAWBDGFypOv7L938S0yddYKk5C/s300/dk3.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="168" data-original-width="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi4i_6Iyo6M2NaO2w7byPV85I3GMbYY64UXAhnEv0iFAdGFyY5pSkkns3hyT6m2rOEVQjRQaBNlWP-ckeLXmUmqrJiJSCG9NFkWFw91OCAHhT_XyF4rw1AAWBDGFypOv7L938S0yddYKk5C/s0/dk3.jpg" /></a></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjWH13UcaG7Lkf2kzM3vp7tmS1bYmCaGYfrr4ARlHJk0NVhO8V_CzVK8hE0xzOYVcLtpZGRhLZZyTYgBKpkUVCbPrX99_3crVrv6MHBUZI6tMamt-9MGoKsC5hz0ePjO80Hh2wCLWPKxRvh/s300/dk7.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="168" data-original-width="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjWH13UcaG7Lkf2kzM3vp7tmS1bYmCaGYfrr4ARlHJk0NVhO8V_CzVK8hE0xzOYVcLtpZGRhLZZyTYgBKpkUVCbPrX99_3crVrv6MHBUZI6tMamt-9MGoKsC5hz0ePjO80Hh2wCLWPKxRvh/s0/dk7.jpg" /></a></div><br /><p style="text-align: justify;"><span style="color: red;">E adesso in finale mi toccherà tifare per la nazionale italiana (quella che canta quell’inno bruttino, che mi obbliga ad ammutolire l’audio per evitare imbarazzo e disagio: “l’elmo di Scipio”, “schiava di Roma”, “iddio”, “pronti alla morte”… per non parlare di quello “stringiamci a coorte” che gli urlanti semianalfabeti storpiano regolarmente in “stringiamoci a corte”, neanche fosse un inno monarchico.)</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="color: red;">Perché non voglio che il campionato Europeo venga vinto da quei caproni antieuropei degli angloidi. (Come sarebbe stata bella una brexit sancita dai danesi, come fecero gli islandesi cinque anni fa! Ma qui eravamo a Wembley, con tanto di arbitrello casalingo: quando attaccavano i caproni valeva tutto, anche i due palloni in campo vicino all’azione, anche i tuffi, le gomitate in faccia, le simulazioni, il recupero dopo il novantesimo allungato a piacimento nella speranza che segnassero…)</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="color: red;">E a chi fosse scandalizzato dal mio tifare, da sempre, per i danesi, dico solo questo: io mi sento europeo, e tra i Fratelli d’Europa sono libero di scegliere di voler bene a chi più mi aggrada. Si chiamano “affinità elettive”. (Non è un’idea alla portata di tutti, me ne rendo conto).</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="color: red;">Viva la Danimarca! Viva l’Europa!</span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjfJEYUCkviJrdczneYuIljtns12DS5TGr6Th-2E_ByHHBBflpitn2nJJcplM8BFElyjTElDEQvE4WlYAkcV3W3Y_4tJe7Dm4Ztim5qGfLZ7kiruMhCTx5eV9xYof4IBo3YXzZOjyWWxjgV/s300/dk5.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="168" data-original-width="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjfJEYUCkviJrdczneYuIljtns12DS5TGr6Th-2E_ByHHBBflpitn2nJJcplM8BFElyjTElDEQvE4WlYAkcV3W3Y_4tJe7Dm4Ztim5qGfLZ7kiruMhCTx5eV9xYof4IBo3YXzZOjyWWxjgV/s0/dk5.jpg" /></a></div><br /><p style="text-align: justify;"><br /></p><div><br /></div>Zio Scribahttp://www.blogger.com/profile/15216177360258416630noreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-6725489888736090276.post-42756325408246821482021-06-16T08:33:00.000+02:002021-06-16T08:33:04.650+02:00Demenze artificiali crescono: lo strano caso dei famosi scrittori Stia Atermana e Ubertà Sebo.<p style="text-align: justify;">In un mio testo in fase di lavorazione compare un elenco di scrittori. Mi sono divertito a guardare come li avrebbe modificati il cosiddetto “correttore” word, se magari fossi stato così scemo da lasciargli campo libero mettendolo in modalità automatica. Per Saramago propone Maramao; per Kristof Ariston; per Amis Mais; per Rulfo Rullo; per Bellow Yellow; per Hrabal Araba; per Stig Dagerman Stia Atermana; per Lodge Lode; per Heim Heidi; per Malamud Malaguti; per Vargas Llosa Vagai Loca; per Coe Boe; per Yates Gates; per Hamsun Samsung; per Hines Ines; per Saki Kaki; per Bioy Casares Boy Gasare; per Hubert Selby Ubertà Sebo.</p><p style="text-align: justify;">A occhio e croce, il genialoide che programma ‘sta roba non dev’essere un grande fan della Narrativa internazionale…</p><p style="text-align: justify;">E a (s)proposito di queste “intelligenze” artificiali (che domani probabilmente ci schiacceranno, ma oggi sono ancora poco più che burlette – e per fortuna, aggiungerei): dopo l’ultimo temibile “aggiornamento”, quel cretinetti del mio portatile mi propone, sulla barra degli strumenti in basso, un ridicolo e superfluo bollettino meteo in tempo reale, ovviamente non richiesto, con tanto di temperatura del luogo dove io, secondo loro, mi troverei. Peccato che non ci pigli un cazzo, essendo settato (come tutte le cagate di questo genere) sulla sede del mio provider internet o come si chiama, distante da me svariate decine di chilometri (come quando su Fessobukko mi dicono di non scordare l’ombrello, perché a Brugugnate di Sotto sono previsti acquazzoni: ma io Brugugnate di Sotto non ho la minima idea di dove diavolo sia!). Non solo, ma mi mette pure ansia, visto che dall’inizio di giugno non fa che riproporre di continuo un’allarmante “ALLERTA GIALLA”. Devo aspettarmi di veder spuntare per strada carri armati cinesi?</p><p style="text-align: justify;">Scassassero meno la mjnkhya, fondamentalmente.</p><p style="text-align: justify;">A ben vedere, l’unico progresso tecnologico degno di tal nome, e davvero auspicabile, era il cosiddetto smart working. Ma perché smettesse di essere una promessa non mantenuta (una presa per il culo, per dirla in modo più oxfordiano) c’è voluta una stramaledetta pandemia…</p><div><br /></div>Zio Scribahttp://www.blogger.com/profile/15216177360258416630noreply@blogger.com7tag:blogger.com,1999:blog-6725489888736090276.post-47464446963563585982021-03-01T00:14:00.010+01:002021-03-01T00:14:03.181+01:00Nicola Pezzoli - IL TESTAMENTO CANGIANTE<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEho0M8MC-gXwaiR9DJ7jW0vbthvrZO_khIukXeTHth8Vnld-ikU5eqjwIzSuFrzBd6SP8L8ti3imLGXMcMfi2HpLwlyhAdn6n0D_0VP1UZrm1djXvL3uxaH4QGugHppFSU32zQQxTrbOSl2/s1920/Covertest.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1920" data-original-width="1442" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEho0M8MC-gXwaiR9DJ7jW0vbthvrZO_khIukXeTHth8Vnld-ikU5eqjwIzSuFrzBd6SP8L8ti3imLGXMcMfi2HpLwlyhAdn6n0D_0VP1UZrm1djXvL3uxaH4QGugHppFSU32zQQxTrbOSl2/w300-h400/Covertest.jpg" width="300" /></a></div><br /><p></p><p style="text-align: justify;">Giuliano è un fascinoso e attempato funzionario, sosia dell’attore uruguayano George Del Hoyo (protagonista del semisconosciuto film “Dead letter office”) che colleziona scritti di nessun valore sottratti nelle case dei morti senza eredi di cui si occupa sul lavoro. Esmeralda è una pendolare poco avvenente ma dalla bellissima voce, che registra di nascosto tutto ciò che viene detto attorno a lei mentre finge di dormire sul treno, per poi accumulare i nastri in uno sterminato e folle archivio. Gisella Valentino è una giovane autrice talentuosa, divisa fra la narrativa e quella che considera come sua più impellente vocazione: la neurochirurgia pediatrica. E infine il di lei marito, scrittore fallito di fantascienza, conosciuto grazie a un corso a pagamento da lui tenuto (e che fra sé e sé definiva con cinismo “di frittura creativa e storytruffing”), un lupo solitario nichilista, misantropo e antiriproduzionista convinto che d’improvviso, e in età molto avanzata, si ritrova innamorato e padre.</p><p style="text-align: justify;">Quattro indimenticabili personaggi per un romanzo sulla solitudine e l’alienazione, e su un’umanità che si accinge alla più irrimediabile delle bestemmie: il tradimento della parola scritta.</p><p style="text-align: justify;">“Il testamento cangiante” è il mio nuovo libro. Probabilmente il migliore. Di sicuro il più sorprendente. E forse l’ultimo (ma non è detto). <b>SOLO </b>su <b><i>AMAZON </i></b>(sia ebook che cartaceo).</p><p style="text-align: left;">«Mercurio, Venere, Marte, Giove, Saturno, Urano, Nettuno, Plutone sono i pianeti sani del sistema solare. La vita è un’infezione».</p><p style="text-align: left;"><br /></p><p style="text-align: center;"><span style="color: #783f04; font-family: courier; font-size: medium;"><b><a href="https://www.amazon.it/TESTAMENTO-CANGIANTE-NICOLA-PEZZOLI-ebook/dp/B08XK858J5/ref=tmm_kin_swatch_0?_encoding=UTF8&qid=&sr=">E-BOOK FORMATO KINDLE, € 6,99</a></b></span></p><p><span style="color: #783f04; font-family: courier; font-size: medium;"><b><a href="https://www.amazon.it/TESTAMENTO-CANGIANTE-NICOLA-PEZZOLI-ebook/dp/B08XK858J5/ref=tmm_kin_swatch_0?_encoding=UTF8&qid=&sr="><span style="text-align: justify;"></span></a></b></span></p><p style="text-align: center;"><span style="color: #b45f06; font-family: courier; font-size: medium;"><b><a href="https://www.amazon.it/TESTAMENTO-CANGIANTE-NICOLA-PEZZOLI/dp/B08XL7PSCX/ref=tmm_pap_swatch_0?_encoding=UTF8&qid=&sr=">VERSIONE CARTACEA, 193 PAGINE, € 16</a></b></span></p><p style="text-align: center;"><br /></p>Zio Scribahttp://www.blogger.com/profile/15216177360258416630noreply@blogger.com19tag:blogger.com,1999:blog-6725489888736090276.post-82453567141810183042021-02-14T02:14:00.001+01:002021-02-14T02:14:07.611+01:00ultimo assaggio da "L'impozzibile dottor Pezz" (poi magari compratevi il libro): ESCAPE FROM ROCCA DUCAZZA<p style="text-align: justify;">Un kolossal (forse).</p><p style="text-align: justify;">Una co-produzione franco-svizzero-irpina (se si fa).</p><p style="text-align: justify;">Prossimamente nelle migliori sale (a patto che nessuno si metta a fare lo strunz).</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">L’idea genialoide era girare un dramma carcerario ad Alcatraz e avere come attore protagonista Clint Eastwood. Ma non c’erano abbastanza soldi. Si ripiegò su una palestra in disuso a Brugugnate di Sotto, e sul caratterista dialettale svizzero Pier Crotto Impallomeni Bernasconi. </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">In realtà i soldi a un certo punto erano pure saltati fuori (strani magheggi e acrobazie fiscali, voi fatevi gli affari vostri), ma purtroppo nel frattempo Alcatraz era stata demolita, e quanto a Clint Eastwood, pare si rifiutasse categoricamente di interpretare la parte di uno che si chiama Peppuzzo Mascarpone detto U Fetente. Per l’Impallomeni Bernasconi, invece, non sussistevano problemi. Aveva da starci dietro al mutuo, tra l’altro.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Stereotipo dell’arrivo (1): Peppuzzo Mascarpone detto U Fetente arriva a Rocca Ducazza in una notte di tempesta. Naturalmente. Ne avete mai visto uno arrivare col bel tempo? È stato trasferito a Rocca Ducazza (massima sicurezza) perché negli altri posti aveva rotto i coglio…ehm… aveva combinato dei casini. Pare rubasse le figurine agli altri detenuti e facesse scherzi di cattivo gusto in mensa (un paio erano morti avvelenati, ma di striscio). Al suo arrivo le guardie esibiscono delle gran brutte facce. Forse per via della tempesta. Forse perché il Napoli ha perso per un rigore che non c’era. Forse perché per vivere gli tocca fare le guardie carcerarie a Rocca Ducazza. La faccia di Peppuzzo Mascarpone è se possibile ancora più brutta. Fanno a gara, diciamo. Diciamo che pareggiano.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Da Rocca Ducazza (massima sicurezza) non è mai evaso nessuno.</p><p style="text-align: justify;">Anche perché si mangia abbastanza bene.</p><p style="text-align: justify;">Ci hanno provato un paio di pirla o tre. Un paio li hanno seccati dalla torretta coi fucili di precisione. O tre è annegato.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Il Direttore è uno stitico, sadico e represso. Quando riesce a liberarsi è più contento. </p><p style="text-align: justify;">Ma ciò accade raramente. Pare abbia anche l’alito molto molto cattivo. (Inquadrare per un fuggevole istante la foto della moglie sulla scrivania, per spingere il pubblico a pensare: poveraccia, speriamo per lei che sia almeno già morta da un pezzo e non soffra più.)</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Stereotipo dell’arrivo (2)</p><p style="text-align: justify;">Uno sgherro con la faccia da settantenne (ma quando vanno in pensione?) ordina al nuovo arrivato di svuotarsi le tasche.</p><p style="text-align: justify;">Sono già vuote.</p><p style="text-align: justify;">Ad eccezione di: una gomma più volte masticata, un fazzoletto imbrattato di moccio, uno stronzo di gomma. (Speriamo non lo veda il Direttore, o potrebbe favoleggiare allusioni e impermalirsi).</p><p style="text-align: justify;">Uno sgherro con la faccia da ottantenne (ma quando vanno in pensione?) ordina al nuovo arrivato di firmare un documento.</p><p style="text-align: justify;">Ma lui è analfabeta.</p><p style="text-align: justify;">Metti una croce.</p><p style="text-align: justify;">Non la so fare.</p><p style="text-align: justify;">Mi prendi per il culo?</p><p style="text-align: justify;">No, sono anche discrocico. È scritto lì.</p><p style="text-align: justify;">Fai un puntino.</p><p style="text-align: justify;">Sono dispuntico. È scritto lì.</p><p style="text-align: justify;">Come fai a sapere cosa c’è scritto lì se sei analfabestia?</p><p style="text-align: justify;">Insomma, stiamo qua fino a domani mattina o la pianti?</p><p style="text-align: justify;">Va bene la pianto.</p><p style="text-align: justify;">Se vuoi faccio un disegno di tua mamma che me lo succhia. Quello lo so fare.</p><p style="text-align: justify;">Lo sgherro non raccoglie la provocazione.</p><p style="text-align: justify;">Si è addormentato.</p><p style="text-align: justify;">Uno sgherro con la faccia da novantenne (ma quando vanno in pensione?) gli ispeziona le balle in cerca di piattole e altri parassiti minchiali e i capelli in cerca di pidocchi. Trova sia gli uni che gli altri. I parassiti minchiali sono così tanti che lo sgherro gli spara per legittima difesa una badilata di calce viva. I pidocchi sono talmente grassi che lo sgherro si spaventa, gli prende un colpo e muore. (Aveva davvero novant’anni).</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Altri stereotipi carcerari assortiti. La conta dei detenuti. Le guardie sanno contare piuttosto bene: il primo mattino devono rifare la conta solo cinque volte, e alla fine i conti tornano. Cioè ne manca uno ma si è impiccato. Succede. </p><p style="text-align: justify;">Risse in sala mensa: poca roba, un accoltellato con la forchetta e via (si dice afforchettato o non sta bene?). Succede. Non è mica colpa mia. </p><p style="text-align: justify;">Gerarchie e clan a Rocca Ducazza (impararle subito bene per non avere guai): nel tombino in mezzo al cortile nell’ora d’aria possono sputare soltanto i camorristi. I neri (si dice i neri) possono scorreggiare liberamente, ma tenendosi ad almeno quattro metri dal suddetto tombino. Per i lituani (lituani si può dire?) c’è un muretto apposta dove possono sedersi e chiacchierare di faccende lituane. Non ci sono lituani. Gli assassini si siedono dove vogliono. Gli altri è meglio se si spostano. Molto meglio.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Stereotipo della doccia. Ci sarà il solito omone laido mezzo pelato e peloso che tenterà d’inchiappettarsi Peppuzzo Mascarpone detto U Fetente col trucco della saponetta. Qui il regista insiste per un colpo d’originalità geniale e rivoluzionaria, cioè a suo modo di vedere l’omone laido se lo inchiappetta, e senza problemi. Ma gli stereotipi vanno rispettati: un protagonista di dramma carcerario che si rispetti non può prenderlo nell’ano. L’omone laido le prende. Poi vorrà ovviamente vendicarsi. Ovviamente le prenderà un’altra volta. Ovviamente Peppuzzo Mascarpone finirà dritto in isolamento anche se non è colpa sua. Eccetera. (Se il regista insiste con ‘sto fatto dell’originalità anale, sostituirlo col regista in panchina).</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Il Direttore riunisce tutti per un discorsetto a tradimento. Lo fa per usare impunemente la parola feccia, che chissà perché gli piace molto.</p><p style="text-align: justify;">Feccia? Aspetta e spera, sussurrano beffardi quelli al corrente di quel certo suo problemino.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Scena clou. (Serie di scene clou). Nottate solitarie in cella. (La cella di Peppuzzo Mascarpone, quella fissa, dopo l’isolamento e le solite, inevitabili – in tutti i sensi – scrosciate d’acqua contundente che ci si becca in isolamento. Due maroni). </p><p style="text-align: justify;">Prima notte. Peppuzzo Mascarpone è insonne. A un tratto vede uscire dalla griglia dell’aerazione in fondo alla cella una specie di blatta. La osserva corrucciato e pensieroso.</p><p style="text-align: justify;">Seconda notte. Peppuzzo Mascarpone è insonne. A un tratto vede uscire dalla griglia dell’aerazione in fondo alla cella un porcellino d’india però abbastanza nano. Lo osserva corrucciato e pensieroso.</p><p style="text-align: justify;">Terza notte. Peppuzzo Mascarpone è insonne. A un tratto vede uscire dalla griglia dell’aerazione in fondo alla cella un fagiano tutto arruffato. Lo osserva corrucciato e pensieroso. Vuoi vedere che…</p><p style="text-align: justify;">Quarta notte. Peppuzzo Mascarpone ronfa della grossa. Cazzo, eran tre notti che non dormiva. </p><p style="text-align: justify;">Quinta notte. Peppuzzo Mascarpone è insonne. A un tratto vede uscire dalla griglia dell’aerazione in fondo alla cella un tapiro e un cervo. Leggermente obesi. Li osserva corrucciato e pensieroso. Il suo corrucciato pensiero è: minchia, vuoi vedere che c’è spazio per scavare un passaggio e allontanarsi nella notte stando attenti alle fucilate e alle acque tempestose e gelide, lasciando un pupazzo di cartapesta al mio posto sulla branda, che tanto le guardie sono anzianotte e tengono problemi di cataratta?</p><p style="text-align: justify;">Sesta notte. Peppuzzo Mascarpone sente dei rumori. Sono gli operai mandati dal Direttore a tappare eventuali falle nella situazione cunicolare. Tutte quelle bestie in giro avevano finito col dare nell’occhio.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Stereotipo delle sigarette. Fra i detenuti si paga tutto in sigarette: debiti di gioco, favori, pompini, mercato nero (di pacchetti di sigarette). Nessuno fuma, a parte un paio di pirla. Alla fine le sigarette occuperanno ogni interstizio di Rocca Ducazza, rischiando di farla scoppiare.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Fra i guardiani vigeva una sorta di nonnismo arrotolato su se stesso. Come il gioco carta pietra forbice. Le guardie ottantenni mettevano sotto le guardie settantenni. Le guardie novantenni mettevano sotto le guardie ottantenni, ma erano messe sotto dalle guardie settantenni, più che altro per motivi scheletrico-articolar-muscolari. Alcuni erano esentati dal subire nonnismo. Per esempio quelli sulle torrette coi fucili di precisione. E comunque è un fatto: come sostiene il sorciologo Ratthausen nel famoso saggio “Non sono io che so tutto, siete voi che non capite un cazzo”, gli stronzi esseri umani cercano di continuo qualcuno da angariare. </p><p style="text-align: justify;">E lo trovano.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Nel frattempo non succede granché. Solito trantran. Un macedone zoppo distribuisce giornali vecchi, libri di Tolstoj e pornazzi con un carrello della spesa. (Mentre un libraio/giornalaio/pornaio claudicante vorrebbe distribuire macedonia, ma gli viene negato il permesso di farlo). Perché un carrello della spesa? Che ne so. Sono stereotipi. Un poverazzo urla in preda agli incubi tutte le notti (è inevitabile). Ci sono due o tre ammazzatine. (Capita). Il Direttore devono essere sei o sette giorni che non si libera. Meglio non contraddirlo.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Ora dovete sapere che a Rocca Ducazza è ospite per una mezza dozzina di ergastoli anche un pittore. Il pittore (come stereotipo comanda) è un buon vecchietto simpatico che vuol solo dipingere. Ma allora (come ogni stronzo domanda) perché si è beccato sei ergastoli? Che ne so. Avrà strozzato qualcuno per distrazione. Gli avranno rotto un po’ troppo le balle mentre dipingeva, cose così. Che vuoi che sia. Comunque questo vecchio pittore va dicendo in giro a tutti che sta dipingendo un ritratto del Direttore. Ma tutti quelli che lo vedono all’opera si rendono conto che quello che sta dipingendo è un gigantesco pene con le orecchie. Finirà male, ma che ve lo dico affà? E il bello è che gli manca una settimana per scontare la pena (in Italia gli ergastoli sono per finta). Qualcuno prova ad avvertirlo. Dopo che hanno provato ad avvertirlo, il pittore dipinge il pene ancora più grande e con la faccia da stitico. Tiè.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Giorno di visite. A trovare un detenuto vengono gli Addams al completo. A trovare altri detenuti arriva gente messa pure peggio. Famiglie parecchio disagiate. A trovare Peppuzzo Mascarpone non viene un accidente di nessuno. Anche perché la famiglia lui l’ha sterminata preventivamente fino all’ottavo grado un giorno che non sapeva cosa fare. Per allenarsi. Per tenersi allenato. O magari per assicurarsi di non dover subire in un futuro questa minchiata deprimente delle visite.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Intanto, si registra il quarto tentativo d’evasione nella storia di Rocca Ducazza.</p><p style="text-align: justify;">Un topo d’appartamenti nano (figlio di putnana per parte di madre) era scappato dal buco del gatto. </p><p style="text-align: justify;">Era poi caduto nello strapiombino.</p><p style="text-align: justify;">Porcodù.</p><p style="text-align: justify;">Il Direttore s’era mangiato i pezzetti a colazione.</p><p style="text-align: justify;">Poi prugne su prugne.</p><p style="text-align: justify;">Ma niente: anche stamattina la cacca si farà domattina. Dannazione.</p><p style="text-align: justify;">Questo complicava i piani di fuga.</p><p style="text-align: justify;">Le guardie diventarono nervose.</p><p style="text-align: justify;">Quello sulla torretta lucidava il fucile.</p><p style="text-align: justify;">Con amore.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">E lo strapiombino da dove diavolo salta fuori?, si tormentava Peppuzzo Mascarpone. Dettò a sé stesso un promemoria mentale: oltre alle fucilate e alle acque tempestose e gelide, fare attenzione pure al maledetto strapiombino. Vaffanculo.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">A volte il Direttore si chiedeva se una stitichezza così molesta non costituisse (costipasse? costicazzi?) un reato da confessare.</p><p style="text-align: justify;">Dimmi i tuoi peccati, figliuolo.</p><p style="text-align: justify;">Son tre giorni che non cago.</p><p style="text-align: justify;">Non ti sento abbastanza pentito.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Stereotipo dell’ispezione a sorpresa nelle celle. </p><p style="text-align: justify;">Suspense! Peppuzzo Mascarpone suda merda come se gli avessero tirato in testa una granita al tamarindo, ma le guardie non si accorgono di niente: il tunnel che Peppuzzo sta ri-scavando con un pettine e mangiandosi i detriti (da cui una stitichezza da far concorrenza a chi sappiamo) è ormai largo da farci passare una Grandepunto con una piccola roulotte, ma l’ingresso è molto ben occultato da un mezzo rotolo di carta igienica. </p><p style="text-align: justify;">Bestie per fortuna in quel momento non ne arrivano.</p><p style="text-align: justify;">Nella cella del vecchio pittore si è appena installato il Direttore in persona. Aria pesante. Tragedia imminente.</p><p style="text-align: justify;">E quello che cazzo sarebbe?</p><p style="text-align: justify;">Un autoritratto, prova a salvarsi in corner il vecchio pittore, in un rigurgito di viltà conservativa.</p><p style="text-align: justify;">Chi credi di ingannare, testa di cazzo? Si vede benissimo che quel pene è stitico. Te la farò pagare.</p><p style="text-align: justify;">Dopodiché… Come? Cooome?!</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Ecco, lo sapevo. Nel frattempo la sovvenzione regionale se l’è pappata un’altra produzione più ammanicata. ‘Sto film non si fa più.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Peccato.</p><div style="text-align: justify;"><br /></div>Zio Scribahttp://www.blogger.com/profile/15216177360258416630noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6725489888736090276.post-83336417325963606302021-01-30T01:30:00.005+01:002021-01-30T01:30:06.084+01:00Qualche racconto in ordine sparso da "L'impozzibile dottor Pezz": STALLE & STRISCE (frammenti finali)<p>MOMENTI FLASH PER PROMO DELLA SERIE</p><p><br /></p><p>Donna con zoccolacce di legno dai tacchi alti con cinghiale terminale senza museruola e marito catatonico.</p><p>“Bisogna mettere fine alle sue sofferenze”.</p><p>“Non può mettere fine a quelle di mio marito?”</p><p>“Purtroppo no”.</p><p><br /></p><p>Donnona sformata con ratto morto, in lacrime (la donnona).</p><p>“Faceva parte della famiglia”.</p><p><br /></p><p>Padre e figlio (1)</p><p>“Ingozzati di meno, cristodundio, sembri il figlio del salumaio, non di un medico famoso!”</p><p>“Mio padre è una personalità di tipo A. Lo idolatro come un dio-eroe-highlander, ma a volte è difficilino da sopportare”.</p><p><br /></p><p>Vecchietto coi baffi a manubrio distrutto dall’eutanasia del chihuahua, appoggiato al bancone dove (ogni tanto) si paga.</p><p>“Faceva parte della famiglia”</p><p>“Trecentocinquanta dollari, grazie”.</p><p><br /></p><p>Visite in fattoria. Contadino con sette marmocchi maleducati e chiassosi e moglie di nuovo incintissima.</p><p>“Qui bisogna assolutamente castrare, signora”.</p><p>“Il maiale?”</p><p>“Se vogliamo chiamarlo così…”</p><p><br /></p><p>Allevamento improvvisato da famigliola giuliva tipicamente merregana.</p><p>“Non sappiamo nemmeno cosa dargli da mangiare, Doc. Sono maiali foréicch!”</p><p>“Maiali che?”</p><p>“Foréicch!”</p><p>“Ah già! Gran programma, per la crescita dei nostri figli!”.</p><p>[Mai nessuno che spieghi bene allo spettatore europeo cosa diavolo sia questa associazione “4H”, e come mai i bambini bifolchi merregani allevino maiali per farli sfilare nelle fiere come fotomodelle].</p><p><br /></p><p>Padre e figlio (2)</p><p>“Non dire niente alla mamma, ho una sorpresa per il suo compleanno: le ho fatto forgiare una scimitarra di piombo”.</p><p>“Mangia meno, pirla”. </p><p><br /></p><p>Uno zoticone incartapecorito appoggia un trasportino rosa sul tavolo dell’ambulatorio. È vuoto.</p><p>“Cazzo, ho dimenticato a casa il gatto!”</p><p>“Sono 350 dollari”.</p><p>“Cooooosa?!”</p><p>“È una legge del 1777: trasportino appoggiato medico pagato”.</p><p>“Va bene. Ma poi torno col fucile semiautomatico e faccio una strage. Ammazzo anche il tacchino”.</p><p>“Quale tacchino?”</p><p>“Vi ammazzo tutti”.</p><p>“Fagli lo sconto Bess”. (Qui il Doc ammicca).</p><p><br /></p><p>“Doc, ne può salvare almeno un pezzetto? Io lo amavo, questo cavallo”.</p><p>“Le posso imbalsamare la minchia, se ho capito bene la situazione”. (Anche qui il Doc ammicca).</p><p>“Uau”.</p><p><br /></p><p>Donna con la faccia di cane, e due alani che di faccia le somigliano, ma più in bello.</p><p>“Fanno parte della famiglia”.</p><p>“Per forza”.</p><p><br /></p><p>FRAMMENTI TAGLIATI E FINITI CLANDESTINAMENTE SUL WEB</p><p><br /></p><p>Alt! Stop! Fanculo! Qui devi dire che la bestia fa parte della famiglia!</p><p>Mi rifiuto di dire una simile stronzata! È banale! La dicono tutti!</p><p><br /></p><p>Ma dove l’avete messo il suino? È sua quella coda che emerge dalla palta?</p><p>Fa parte della fanghiglia.</p><p>Cosa?</p><p>Fa parte della fanghiglia.</p><p>Ostia.</p><p><br /></p><p>Anziana coppia cagnuta con divergenze.</p><p>(LEI) È l’animale più intelligente del mondo.</p><p>(LUI) Se fosse così intelligente non abbaierebbe da dodici anni allo stesso postino. Avevo un criceto mongoloide che capiva più cose.</p><p>(LEI) Ma fa parte della fucking famiglia.</p><p>(LUI) Allora me ne vado io.</p><p><br /></p><p>IN MEMORIA</p><p><br /></p><p>Il figlio, in lacrime, mentre s’ingozza di hotdog al chili.</p><p>“Amava così tanto le castrazioni… Si divertiva molto con le tenaglie, ma anche soffocare quei testicoli del cazzo con gli elastici stretti gli dava gran soddisfazione.</p><p>A volte nel sonno mimava le tenaglie e urlava: “Taja, zio schifoso!” Allora la mamma gli spaccava sulla testa un abat-jour, ma senza cattiveria.</p><p>Nel 2019 ha raggiunto il suo record assoluto di castrazioni. 27.839. Era così scatenato che un giorno per poco non taglia via tutto anche a me.</p><p>Dopo è morto”.</p><p><br /></p><p>SCENA STRAPPALACRIME FINALE</p><p><br /></p><p>Le ho portato la mia seppia. Credo avesse la bronchite, ma durante il viaggio è peggiorata.</p><p>Ma caz(BIP!), l’avete portata così, a secco? Vogliono sempre l’acqua le seppie, ch’io sappia.</p><p>Mi prende per il cu(BIP!)?</p><p>Vediamo che si può fare. </p><p>Fa parte della famiglia, porca paletta.</p><p>Già che ci siamo, castriamola!</p><p>Anche se è morta stecchita?</p><p>Castrare è sempre una buona cosa.</p><p>Ti voglio bene, Doc</p><p>Sono 350 dollari.</p><div><br /></div>Zio Scribahttp://www.blogger.com/profile/15216177360258416630noreply@blogger.com12tag:blogger.com,1999:blog-6725489888736090276.post-38822346053281148922021-01-25T09:54:00.002+01:002021-01-28T19:47:52.080+01:00Qualche racconto in ordine sparso da "L'impozzibile dottor Pezz": SEMO TUTI SCRITORI<p>Scuola per Scrittori Dostodickens in Tirana. </p><p>Ti aspettiamo numeroso sul nostro sito!</p><p><br /></p><p>Consiglio numero 1 </p><p>5 euro + iva. Metti nel carrello.</p><p>Complimenti! Pagamento con fessocard verificato. Ti arriverà una mail col consiglio.</p><p><br /></p><p><i>Consiglio numero 1:</i></p><p><i>Procurati un quaderno. (Li vendiamo anche noi, molto belli).</i></p><p><br /></p><p>Consiglio numero 2 </p><p>5 euro +iva. Metti nel carrello.</p><p>Complimenti! Pagamento con fessocard verificato. Ti arriverà una mail col consiglio.</p><p><br /></p><p><i>Consiglio numero 2:</i></p><p><i>Ci vuole anche una penna.</i></p><p><br /></p><p style="text-align: justify;"><i>Ma se preferisci puoi usare il computer, naturalmente. La macchina da scrivere no, non la usa nessuno, sappilo: molti scrittori lo affermano per posa da fighetti, ma non vorrai metterti a pestare su quei tasti come uno scimpanzé ubriaco disturbando tutto il vicinato col rumore, vero? (Se scrivi con la tastiera del cellulare sembrerai un po’ pirla, ma si può fare).</i></p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p><i>Complimenti, Aspirante Scrittore Fabbio De Furbis! Ora sei pronto per le Lezioni di Scrittura vere e proprie!</i></p><p><br /></p><p>Lezione numero 1</p><p>12 euro + iva. Metti nel carrello.</p><p>Complimenti! Pagamento con fessocard verificato. Ti arriverà una mail con la Lezione.</p><p><br /></p><p><i>Lezione numero 1:</i></p><p><i>Impara almeno tre parole nuove ogni giorno.</i></p><p style="text-align: justify;"><i>Le parole nuove di oggi sono imperscrutabile, bizzoso e sucaminchia. Cercale sul vocabolario o dove vuoi tu, e poi, come Esercizietto, componi dieci frasi che contengano le parole imperscrutabile, bizzoso e sucaminchia. Anche in differenti ordini.</i></p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p>Newsletter gratuita:</p><p style="text-align: justify;">Complimenti, Fabbio De Furbis, hai conquistato la tua prima stella e il grado di Allievo Scrittore! Continua con le nostre Lezioni, e metti nel mirino il prossimo obiettivo: la seconda stella, e il grado di Scrittore Alle Prime Armi!</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p>Lezione numero 2</p><p>27 euro + iva. Su, non fare lo stronzo, e metti nel carrello senza indugio.</p><p>Complimenti! Pagamento con fessocard verificato. Ti arriverà una mail con la Lezione.</p><p><br /></p><p><i>Lezione numero 2:</i></p><p><i>Imparare a descrivere in modo originale. Descrivi la tua cucina dal punto di vista di una mosca, di un venditore di ammazzamosche, di un maestro di scrittura creativa venuto a portarti via i tuoi ultimi 27 euro. Prima però dài una pulita: si vede da qui che fa schifo.</i></p><p><br /></p><p>Newsletter gratuita:</p><p style="text-align: justify;">Caro Allievo Scrittore Fabbio De Furbis, come tu ben saprai l’organizzazione e il buon funzionamento di una attività meritoria come insegnare l’Arte e il Mestiere della Scrittura richiedono ingenti sforzi finanziari per pagare stipendi a segretarie, maestroni di scrittura e altro personale vario, nonché per tenerci sempre aggiornati sulle nuove tecniche narrative e al passo coi tempi per una maggiore efficienza informatica. Per questo ti chiediamo un piccolo contributo una tantum, che siamo sicuri non vorrai negarci: la chiusura della Scuola per mancanza di fondi impedirebbe a tanti altri giovani artisti in bozzolo di poter usufruire delle stesse opportunità che stanno per fare di Te un immenso autore acclamato nel mondo. Alleghiamo vaglia precompilato da 140 euro. Grazie per la tua sensibilità e la tua generosità! Riceverai in cambio il simpatico adesivo del Mecenate, un pupazzetto di Ippolito Nievo che si lava le orecchie e il prezioso Attestato di Sostegno alle Arti da sbattere sotto il naso dei tuoi amici illetterati per farli schiattare d’invidia.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p>Lezione numero 3</p><p>45 euro + iva. Su, non fare lo stronzo, e metti nel carrello senza indugio.</p><p>Complimenti! Pagamento con fessocard verificato. Ti arriverà una mail con la Lezione.</p><p><br /></p><p><i>Lezione numero 3:</i></p><p><i>Oggi tema libero. Scrivi un po’ quel cazzo che ti pare.</i></p><p><br /></p><p>Newsletter gratuita:</p><p style="text-align: justify;">Complimenti, Fabbio De Furbis, hai conquistato la tua seconda stella e il grado di Scrittore Alle Prime Armi! Acquista Lezioni e/o Esercizietti per altri 350 euro e conquisterai la terza stella, e con essa il grado di Scrittore Inedito Molto Promettente.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p>Lezione numero 4</p><p>98 euro + iva. Su, non fare lo stronzo, e metti nel carrello senza indugio.</p><p>Complimenti! Pagamento con fessocard verificato. Ti arriverà una mail con la Lezione.</p><p><br /></p><p><i>Lezione numero 4:</i></p><p style="text-align: justify;"><i>Leggere è importante quanto scrivere, anzi, di più. 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[essendo un classico imbecille dei tempi nostri, Fabbio De Furbis non risparmiava, e non ci risparmiava, nemmeno nel parlato, l’uso e l’abuso dell’odioso cancelletto, altrimenti detto hashtag] Credete forse che lo scopo della vita di un #ravanello sia finire sgranocchiato dai vostri avidi #incisivi, smembrato dai #canini, maciullato dai #molari, corroso e disciolto dai vostri #succhigastrici, e infine cagato dal vostro #culo? Ravvedetevi, vergognosi #onnivori! E voi bevitori di #acqua: lo sapevate che i #deserti sono colpa vostra, i #fiumi in secca vostra precisa responsabilità, il #mestruo arido e grumoso di mia zia un vostro crimine che grida vendetta?”</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">L’ossigenismo era anche un ottimo sistema per dimagrire.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Un’ossigenista ex culona pentita cinquantenne affermò orgogliosa e commossa di essere appena riuscita a infilarsi un costume da bagno di quando aveva sette anni o forse meno.</p><p style="text-align: justify;">Gli ossigenisti disprezzano i mangiabevisti, e sognano un mondo futuro in cui il mangiabevismo sia proibito dalla legge e severamente sanzionato.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Quando un ossigenista incontra un mangiabevista gli fa un lungo e fastidioso predicozzo.</p><p style="text-align: justify;">Quando un mangiabevista incontra un ossigenista di solito può scegliere fra dargli una pedata nel culo o una forte vangata sulla testa.</p><p style="text-align: justify;">Sempre più ossigenisti preferiscono fare i loro lunghi e fastidiosi predicozzi sul web.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Al suo secondo giorno da ossigenista Fabbio De Furbis prese a dire meno #cazzate per fare meno fatica e risparmiare preziose energie vitali.</p><p style="text-align: justify;">Al suo terzo giorno da ossigenista Fabbio De Furbis prese a respirare molto forte a bocca molto aperta, divaricando le mandibole come uno squalo filtratore, nella speranza di catturare qualche moscerino se c’era e un po’ di pioviggine o di nebbiolina se c’era.</p><p style="text-align: justify;">Al suo quarto giorno da ossigenista Fabbio De Furbis cominciò ad avere qualche dubbio, ma non si arrese.</p><p style="text-align: justify;">Al suo quinto giorno da ossigenista Fabbio De Furbis si afflosciò e morì.</p><div style="text-align: justify;"><p align="center" class="MsoNormal" style="line-height: 14pt; text-align: center; text-indent: 14.2pt;"><span style="font-size: x-small;">© Nicola Pezzoli 2020</span></p><p align="center" class="MsoNormal" style="line-height: 14pt; text-align: center; text-indent: 14.2pt;"><br style="background-color: #e0e0e0; color: #333333; font-family: Verdana, sans-serif; font-size: 13px; text-indent: 18.9333px;" /></p></div>Zio Scribahttp://www.blogger.com/profile/15216177360258416630noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-6725489888736090276.post-13207504311081451862021-01-11T14:41:00.002+01:002021-01-11T14:42:50.779+01:00Qualche racconto in ordine sparso da "L'impozzibile dottor Pezz": LE STORIE SONO FINITE<p> 1.</p><p><br /></p><p>Allora bambini, Cappuccetto Rosso è la storia…</p><p>Fico maestra! Mi piacciono le storie!</p><p>Bene</p><p>Anche la mamma le posta, di continuo, non fa altro che storie</p><p>Tua mamma è autrice?</p><p>Non so</p><p>Come non sai</p><p>Papino dice che è un po’ troia, va bene lo stesso?</p><p>Ma Maicol!</p><p>Allora, com’è questa storia? C’è solo la foto di un cappuccino oppure…</p><p>Cappuccetto Rosso, non cappuccino, è una ragazzina che</p><p>Uau! E tu la followi?</p><p>La che?</p><p>La segui?</p><p>Macché seguo… È il lupo che la segue.</p><p>Ah, okkèi, il lupo! Fico maestra. È un tuo nick o è un amico tuo?</p><p>Ma che ca…</p><p>Ci hai messo il like?</p><p>Vuoi lasciarmi raccontare? C’era una volta…</p><p>Ma poi perché ‘sta qui ha il cappuccio rosso, maestra? Non sarà mica una roba comunista?</p><p>Macché</p><p>Papino dice che peggio dei comunisti ci sono solo i gender froci</p><p>Non ho parole</p><p>In questa storia si vede la gnocca?</p><p>Cooosa?</p><p>Perché se non si vede un po’ di gnocca inutile perder tempo.</p><p>Ma cosa dici!</p><p>Almeno le tette!</p><p>Maicol!</p><p>Almeno una, di tettazza… Fammi uno scrìnsciot, dài</p><p>Ma ti do uno sganassone, altro che scrìnsciot</p><p>La gnocca, vogliamo vedere la gnocca!</p><p>Ma Maicol! Hai sette anni!</p><p>E tu sei una vecchia rincoglionita giurassica di trenta</p><p>Ma la vuoi smettere di comportarti così? Abbi rispetto!</p><p>Inutile rincoglionita, ma quando muori? Schiatta in diretta, che ci facciamo un video!</p><p>Maicol, esci e vai dal preside!</p><p>Col cazzo, sono in pieno fortnite, non rompere i coglioni vecchia vacca</p><p><br /></p><p>2.</p><p><br /></p><p>Prima pagina del Gazzettino Sera</p><p>MAESTRA TENTA DI STRANGOLARE ALUNNO</p><p>DOVE ANDREMO A FINIRE?</p><div><p align="center" class="MsoNormal" style="line-height: 14pt; text-align: center; text-indent: 14.2pt;"><span style="font-size: x-small;"><br /></span></p><p align="center" class="MsoNormal" style="line-height: 14pt; text-align: center; text-indent: 14.2pt;"><span style="font-size: x-small;">© Nicola Pezzoli 2020</span></p><p align="center" class="MsoNormal" style="line-height: 14pt; text-align: center; text-indent: 14.2pt;"><br style="background-color: #e0e0e0; color: #333333; font-family: Verdana, sans-serif; font-size: 13px; text-indent: 18.9333px;" /></p></div>Zio Scribahttp://www.blogger.com/profile/15216177360258416630noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-6725489888736090276.post-13049238299498494452020-12-28T12:28:00.005+01:002020-12-28T12:28:01.773+01:00Qualche racconto in ordine sparso da "L'impozzibile dottor Pezz": MINI EDEN<p style="text-align: justify;">Era un dio molto minore, non aveva nemmeno il permesso di portare la d maiuscola e nel club degli dèi lo facevano entrare ma di malavoglia e mai di giovedì, e al club subiva spesso atti di bullismo e scherzi da prete. Ma volle cimentarsi anche lui nella creazione del suo mini Eden in piena regola. Il giardino era di quattro metri per sei (di cui due terzi proibiti), e molto ben recintato. L’uomo e la donna creati per viverci dentro si chiamavano Andamo e Indóva. Era proibitissima anche una piantina di pomodorini, abbastanza striminzita, che agonizzava proprio in mezzo all’orto. Va bene, non si chiamava orto. Volevo vedere se stavate attenti. In mezzo a quella roba lì. In mezzo al mini Eden, contenti? In linea di massima stava in mezzo alle balle. Già c’è poco spazio per passare. Se poi la piantina di pomodorini me la cacci proprio lì. Con quella rete di protezione di fildiferro verdescuro bassa e stortignaccola tuttintorno, che mio zio la faceva meglio…</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Indova continuava a caramellare la minchia di Andamo per convincerlo a cogliere qualche pomodorino e farci una salsina o peggio. </p><p style="text-align: justify;">Perché non te li cogli tu?</p><p style="text-align: justify;">Perché sono una donna. Io rompo i coglioni, tu cogli.</p><p style="text-align: justify;">Vabbè, se la metti così.</p><p style="text-align: justify;">Così e pomì. Zitto a cogli. Mutismo e rassegnazione. Ràus!</p><p style="text-align: justify;">Fammi almeno finire il libro.</p><p style="text-align: justify;">Non ci sono libri, lo sai. ‘Sto qui vuol creare direttamente uazzàpp e il 5G, così da rincoglioniti ci controlla meglio, e ci localizza col gps quando vuole fulminarci. Ma ci sarebbero poi sempre da raccogliere quei pomodorini…</p><p style="text-align: justify;">Andamo provò a nascondersi, a fingersi un pinguino morto e a cambiare aria, ma non c’era verso, ogni due secondi s’incontravano.</p><p style="text-align: justify;">Com’è piccolo il mondo!</p><p style="text-align: justify;">Allora, ‘sti pomodorini?</p><p style="text-align: justify;">Alla fine lui si ruppe e colse. Che male vuoi che ci sia? Questo dio molto minore sembra avere una mente ristretta, ma non sarà così tignoso! E poi è svagato. Nemmeno se ne accorgerà.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">“Porcoqui porcolà!” disse il dio molto minore tre minuti dopo. “Le mie piantine di pomodorini!”</p><p style="text-align: justify;">Te pareva.</p><p style="text-align: justify;">Non si dice porcolà lo redarguì Andamo.</p><p style="text-align: justify;">E non si esagera coi diminutivi! lo redarguì Indova (facendogli balenare l’idea di creare l’editor, questa figura indispensabile che redarguisce gli scrittori, idea che per fortuna accantonò in un cantone).</p><p style="text-align: justify;">Avete finito di redarguire, stronzi? Non l’ho nemmeno ancora creato, il verbo redarguire! I miei pomodorini, Cristo!</p><p style="text-align: justify;">E quest’altro chi è? si domandò Andamo.</p><p style="text-align: justify;">Non si dice porcoqui lo redarguì Indova. E non si inseriscono nuovi personaggi a tradimento, che poi bisogna gestirli!</p><p style="text-align: justify;">Dico quel cazzo che mi pare. I miei pomodorini! Bastardi!</p><p style="text-align: justify;">Facevano cagare, spiegò Indova. Se lo sapevo mica ci perdevo tutto quel tempo a pelarli e a togliere i semini. Se avessi la gentilezza di levare la piantina e metterci una pozzanghera, potrei fare un poco di acquagym per mantenermi in forma.</p><p style="text-align: justify;">“Te tu troia ti cresceranno le unghie, e te tu te le dovrai tagliare con molto dolore, e con forbicine che non ho ancora creato e se non mi viene il buzzo di crearle col cazzo che le trovi all’esselunga!” minacciò il dio molto minore. “E quanto a te, mammalucco, ti verranno sette o otto malattie invalidanti che sto giusto per creare e creperai d’infarto per la preoccupazione, ma prima farai pure il servizio militare obbligatorio, tiè”.</p><p style="text-align: justify;">Non vale, protestò Andamo, a lei di meno!</p><p style="text-align: justify;">Di meno un cazzo, rispose il dio molto minore, sai quanto soffre una donna se non trova le forbicine? Quasi quanto un dio molto minore se gl’inculano i pomodorini. E se mi gira non creo neppure la limetta e gli smalti colorati.</p><p style="text-align: justify;">Allora okkkèèi disse Andamo.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Poi inciampò e morì. </p><p style="text-align: justify;">Ma non prima di aver generato Mastino.</p><p style="text-align: justify;">Che ammazzò Ebetino.</p><p style="text-align: justify;">Che nel frattempo aveva generato (al volo e per un pelo) Pino.</p><p style="text-align: justify;">Che generò Pasquale.</p><p style="text-align: justify;">(Come facciano non si sa: magari si scopano i pomodorini femmina, che ne so). </p><p style="text-align: justify;">Pasquale generò Natale detto Natalino.</p><p style="text-align: justify;">Natale detto Natalino generò Carne Vale. </p><p style="text-align: justify;">Carne Vale generò Ferro Augusto (ecco perché tutte quelle noiosissime feste).</p><p style="text-align: justify;">Ferro Augusto generò Katerpillar. </p><p style="text-align: justify;">Katerpillar generò Quater Pirla.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Intanto il dio molto minore aleggiava, imperversava, metteva alla prova.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">“Pasquale! Prendi il tuo unigenito Natalino, sgozzalo per bene, scuoialo e cucinalo!”</p><p style="text-align: justify;">“Vaffanculo”.</p><p style="text-align: justify;">Per esempio.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">“Giobbe! No, lasciamo perdere.”</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">“Mario!”</p><p style="text-align: justify;">“Non c’è”.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Creò la sinapsi, l’episteme e la maieutica (senza offesa).</p><p style="text-align: justify;">Non capiva cosa cavolo fossero.</p><p style="text-align: justify;">Le discreò.</p><p style="text-align: justify;">Non facciamo figure.</p><p style="text-align: justify;">Non creiamo cagate per fare il di più.</p><p style="text-align: justify;">Che poi al club se ne accorgono e ce la menano.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Porco Giuda!</p><p style="text-align: justify;">Veramente… mi chiamo Timmy, disse con timidezza risoluta il porcello.</p><p style="text-align: justify;">Ah sì? Allora, per punizione…</p><p style="text-align: justify;">Punizione de che?</p><p style="text-align: justify;">Lo sai benissimo.</p><p style="text-align: justify;">Guarda che io non li ho toccati, i pomodorini del cazzo.</p><p style="text-align: justify;">Fa niente, stai punito lo stesso.</p><p style="text-align: justify;">Perché?</p><p style="text-align: justify;">Perché mi stai antipatico.</p><p style="text-align: justify;">Ah, ecco</p><p style="text-align: justify;">Per punizione sarai così idiota da farti una loffia casa di paglia, e allora il lupo…</p><p style="text-align: justify;">La so già la storia, la so, disse il suino rassegnato e depresso, a grugno basso.</p><p style="text-align: justify;">Come, la sai.</p><p style="text-align: justify;">È così anche in tutti gli altri mondi. Voi dèi non avete fantasia. Uffa.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Ma senti un po’, piuttosto… mi hai per caso fatto a tua immagine e somiglianza?</p><p style="text-align: justify;">Cooooosa?!</p><p style="text-align: justify;">No, dico, senza offesa, mi pare che un po’ ci somigliamo, alla lontana.</p><p style="text-align: justify;">Questa cosa non mi piace. La chiamerò “bestemmia”. E adesso che mi hai fatto incazzare creo il wurstel. Tiè.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">La situazioncina sfuggì al suo controllo.</p><p style="text-align: justify;">I Quater Pirla in men che non si tromba diventarono una decina di miliardi. </p><p style="text-align: justify;">Ci avevan preso gusto.</p><p style="text-align: justify;">Il piccolo Eden minacciava di esplodere.</p><p style="text-align: justify;">E non era più mica tanto Eden.</p><p style="text-align: justify;">Se mai lo era stato.</p><p style="text-align: justify;">La gente puzzava, si accalcava, si calpestava, si convertiva a religioni sempre più strane, volavano calcioni e manrovesci e la minaccia del cannibalismo si faceva prepotente. Inventarono anche i motori diesel, tanto per rompere il cazzo.</p><p style="text-align: justify;">Il dio molto minore non sapeva più che fare. Per tenerli buoni creò il lavoro a maglia e il bricolage. Ma tutti quei ferri aguzzi e quei martelli venivano spesso usati per altri scopi.</p><p style="text-align: justify;">La creatività sfuggì al suo controllo.</p><p style="text-align: justify;">Venne creata la Sampdoria. Le cozze gratinate. I telequiz. Lo spritz. Il lardo vegano (Timmy esultò, altri un po’ meno). Il tubo di cartone per avvolgerci la carta igienica.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Promemoria: adesso toccherà pure creare questa cazzo di carta igienica. Cosa diavolo sarà?</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Vennero fondate associazioni a perdita d’occhio.</p><p style="text-align: justify;">Una si chiamava Nessuno Tocchi Mastino.</p><p style="text-align: justify;">Troppo tardi: il dio molto minore l’aveva già accoppato a calci nel culo.</p><p style="text-align: justify;">(Ogni tanto una giusta la combinava anche lui).</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Il dio molto minore diventò vieppiù dispettoso:</p><p style="text-align: justify;">le serpi velenose</p><p style="text-align: justify;">le zanzare</p><p style="text-align: justify;">la tartaruga puzzona (subito estinta per autoasfissia)</p><p style="text-align: justify;">le merduse</p><p style="text-align: justify;">la juventus</p><p style="text-align: justify;">le emorroidi</p><p style="text-align: justify;">il gesto delle virgolette</p><p style="text-align: justify;">di maio</p><p style="text-align: justify;">le cimici puzzolenti</p><p style="text-align: justify;">i monopattini elettrici</p><p style="text-align: justify;">il politically correct</p><p style="text-align: justify;">la rana saltafuoco (subito estinta per abbrustolimento)</p><p style="text-align: justify;">la canzoncina happy birthday fuck you</p><p style="text-align: justify;">fiumi di imbecilli a non finire (implacabili, inestinguibili)</p><p style="text-align: justify;">e certe teste di cazzo che mollami</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Il piccolo Eden brulicava.</p><p style="text-align: justify;">Non ci stava più uno spillo.</p><p style="text-align: justify;">La concentrazione e lo sforzo, le venuzze fisiche e metafisiche sul punto di scoppiare.</p><p style="text-align: justify;">Bosoni imbufaliti.</p><p style="text-align: justify;">Ci fu un Big Bang della mutua, ma spaventoso lo stesso.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Una gran puzza.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Tutto in vacca.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Gli altri dèi gli revocarono il patentino.</p><div style="text-align: justify;"><p align="center" class="MsoNormal" style="line-height: 14pt; text-align: center; text-indent: 14.2pt;"><span style="font-size: x-small;"><br /></span></p><p align="center" class="MsoNormal" style="line-height: 14pt; text-align: center; text-indent: 14.2pt;"><span style="font-size: x-small;">© Nicola Pezzoli 2020</span></p><p align="center" class="MsoNormal" style="line-height: 14pt; text-align: center; text-indent: 14.2pt;"><br style="text-indent: 18.9333px;" /></p></div>Zio Scribahttp://www.blogger.com/profile/15216177360258416630noreply@blogger.com2