"Meglio Capitano della mia zattera di storie di carta che mozzo sul ponte di Achab"

SITO ANTI COPROFAGIA LETTERARIA: MERDA NON NE SCRIVO, E MENO ANCORA NE LEGGO

giovedì 28 febbraio 2013

OGNI ROMANZO MALSCRITTO È TREMENDO






Susanna Tamaro
Ogni angelo è tremendo
primi due capitoli
Bompiani
Voto: 3-




Mi ero ripromesso indulgenza, magnanimità e profilo basso.
E soprattutto di parlare solo di quei libri che mi fossero piaciuti. E di Scrittori bravi. Stranieri, per lo più. Ma poi non ce l’ho fatta a trattenermi, davanti alla provocazione. Questo libriccino superfluo è come sempre edito da un grande editore. È finito in classifica un minuto dopo essere uscito. È incensato su pagine culturali da inamidati parrucconi. È pubblicizzato ovunque. E soprattutto ha osato invadere casa mia, tramite opuscolo riproducente le prime 17 pagine, allegato a non so quante decine di migliaia di copie (!!) di non so quale giornale acquistato dal mio incauto padre. Ed essendo io un lettore oltre che uno scrittore, la curiosità è stata troppo forte, insieme all’autolesionismo. E così mi sono fatto del male, e sono caduto in depressione.

Quali sono le caratteristiche dei libri scritti male? Non solo una scrittura che percepisci subito come debolissima, scolastica, stucchevole, pedante, pretenziosa, tristanzuola, banale, insipida, irritante, semidilettantesca, sciatta, prevedibile, mai all'altezza. Ma anche, e soprattutto, luoghi comuni a gogo. 
L’autrice, poiché ritiene ci interessi una sua autobiografia (e a giudicare dalle classifiche interessa eccome!) decide di usare il primo capitolo per darci l’interessantissima informazione di essere nata a Trieste. E quindi, alla riga numero tre, ecco spuntare la bora. A Trieste c’è la bora, signorina maestra. A Bologna invece ci sono i tortellini, e a Napoli Pulcinella.

Poi, tutto un florilegio di ovvietà e frasi fatte che ormai non si trovano più nemmeno negli articoletti delle ragazzine delle medie sui giornalini parrocchiali: “nove mesi nella pancia della mamma”, “le spalle ricurve come quelle di Atlante”, “tabula rasa”, “si può venire al mondo… in una villa sull’Aventino o in una baracca di Nairobi”, “abbandonati in un cassonetto”, “i tuoi genitori… sono loro la ragione del tuo esserci”, “palazzina di cemento armato… priva di qualsiasi frivolezza”, “i giorni splendenti del boom economico”, “la Storia con la S maiuscola”.
Uno scrittore vero è uno capace di dirti che la vita è (in tutti i sensi) uno scherzo del cazzo. Uno scrittore mediocre è uno che viene a spiegarti, serio serio, che i tuoi genitori… sono loro la ragione del tuo esserci! Per qualche strano cortocircuito, in italiA, editori, editors, agenti, critici, esperti, accademici, commentatori, librai, nonché migliaia di lettori sembrano preferire i secondi, e non considerare, o addirittura odiare, i primi.

Il giudizio è migliorato dal secondo capitolo, dove si trovano cose che lette in chiave comica potrebbero persino far scompisciare (ma trattasi, a quanto pare, di comicità involontaria: l’autrice non sembra in grado di NON prendersi maledettamente sul serio): “quando sento parlare di letteratura provo uno strano disagio”, “nessuno mi ha insegnato a scrivere”, “la scrittura resta per me un evento assolutamente misterioso”. Assolutamente!
“Per me davvero ogni libro era l’ultimo”. (Magari.)
Mamma mia. Meno male che l’assaggio non richiesto finisce a pagina 17. Non consiglierei a nessuno di proseguire oltre.

Come voto avevo anche pensato a un numero irrazionale, tipo radice di due. Magari con un "meno" davanti. In fondo, se a Philip Roth e Paul Auster e Jonathan Franzen posso dare solo fino a dieci, e non venti, trenta, trecento, non sarebbe così esagerato se per i prodottini della grande editoria commerciale si scomodassero i numeri negativi. Ma poi (a parte il fatto che in italiA si pubblica, e si premia, anche di molto peggio!) la cosa avrebbe avuto un sapore troppo goliardico. E invece qui la situazione è serissima. È tragica. Di sicuro non tragicomica: anche in queste pagine, come in tutte quelle che non meritano di essere lette, ironia, autoironia e umorismo sono del tutto inesistenti. Per questo piacciono ai parrucconi inamidati. Per questo non piacciono a me.
Ma naturalmente diranno che è tutta invidia.

p.s.
A scanso di bacchettate sdottrinanti sull'etica del buon recensire, ribadisco che questa minirece si riferisce dichiaratamente ai primi due capitoli del libro. Se un editore manda in giro migliaia di copie delle prime diciassette pagine, è evidente che le ritiene idonee a farsi un'idea (secondo loro in positivo) dell'opera intera. Be', io me la sono fatta. (E spero di averne il diritto, naturalmente). Se il livello dei primi due capitoli è questo, che dubbi dovrei avere? Dovrei pensare che i successivi glieli ha ispirati in sogno Shakespeare? Ma può anche darsi di sì, visto che una recensione "professional" che ho sbirciato da qualche parte riesce a terminare con le seguenti parole: "donare conforto a se stessa e ai lettori attraverso la tremenda bellezza della scrittura". Complimenti e auguri. E soprattutto grazie, italiA. Da un outsider orgoglioso di esserlo.


domenica 24 febbraio 2013

"Guariente": un elogio della passione, della generosità, del gusto e dell'amicizia, by Paolo Zardi.

Ho deciso di fare un'eccezione all'orgogliosa autonomia di questo blog, perché mi sembrava bello e giusto, col permesso di Paolo, avere questo pezzo in contemporanea sulle piattaforme Blogger e Wordpress. Nel postarlo ringrazio l'autore, nonché mio grande amico: non avrei saputo trovare parole migliori delle sue.

Guariente Guarienti declama un brano di Quattro soli a motore

Sai cosa mi piace? Camminare per Verona con Guariente e vedere la gioia nei visi di chi lo incontra. “Buongiorno Avvocato!”, gli dicono sorridendo. E Guariente si ferma, chiede come stanno a casa, o come si è risolta quella piccola faccenda, o fa i complimenti per i bellissimi nipotini di due nonni felici, e bacia la mano di una signora, o di sua figlia, con la delicatezza che dovevano avere i nobili di una volta, quando erano veramente nobili. I Beatles dicevano, nella loro ultima canzone “The end” (ok, dopo c’è anche “Her Majesty”, ma non conta), che l’amore che ricevi è uguale a quello che dai: facendo due conti, posso dire che Guariente è stato, per tutta la vita,  un distributore di affetto e gentilezze.


Sabato scorso, cioè ieri 23 febbraio 2013, Guariente Guarienti ha presentato il libro “Quattro soli a motore” di Nicola Pezzoli, edito dalla Neo Edizioni. 
Ho assistito alla presentazione dalla seconda fila, e ho riso, mi sono venute le lacrime agli occhi per la commozione, e sono stato felice. Il libro è bellissimo (ne ho parlato spesso, qui su Grafemi), ma non è così scontato che una persona che, l’ho visto con i miei occhi, al Salone del Libro veniva fermato dagli editori (ricordo il signor Keller e il signor Sellerio) che volevano omaggiarlo con la loro riconoscenza, dedichi così tanto cuore, e così tanta intelligenza, a un libro edito da una piccola casa editrice, che sgomita, con la sola forza della qualità, nell’affollatissimo mondo dell’editoria.

Guariente è generoso. Ma Guariente è anche uno che ha ancora il coraggio di dire di no. Parla solo delle cose che gli piacciono, che lo convincono, che sente vicine.  Ama la cultura – dimostra che il sapere non può essere disgiunto dalla passione. E soprattutto dimostra che la radice del verbo “sapere”, cioè “avere gusto”, significa ancora qualcosa.

Nicola Pezzoli e Guariente Guarienti alla Feltrinelli di Verona

E dopo la presentazione siamo andati a mangiare un boccone in una bellissima trattoria, in centro a Verona, e Guariente ci ha raccontato un po’ della sua vita – i suoi processi in veste di avvocato, la partecipazione al coro degli avvocati, i libri che sta leggendo e che ha scoperto, i sonetti d’amore in veronese che un suo amico ha scritto e che lui va a leggere in giro, e la partecipazione, come attore, in qualche piccolo film, e il teatro, e i suoi racconti – e tutto questo ce lo diceva minimizzando ogni cosa, e con gli occhi che gli sorridevano. 
Ci sono persone che, con la loro esistenza, rendono il mondo migliore: Guariente Guarienti, uomo di cultura, promotore instancabile dell’arte, amico, è innegabilmente una di quelle.

Paolo Zardi


martedì 19 febbraio 2013

Belle librerie amiche dello Zio


L'esterno, e la taverna-bar per eventi e presentazioni, dell'Altroquando
a  Roma, in via del Governo Vecchio, a pochi passi dal Pasquino.


On The Road a Montesilvano per un'intervista prima del Festival di Pescara.
Sopra la vetrina, sotto lo Zio Nick in posa con le due simpatiche libraie
Questo è invece l'ingresso del circolo pescarese che ha ospitato
la mia presentazione nell'ambito del Festival 

Libreria books in a Genova, in Vico del Fieno, vicino a piazza De Ferrari.
Questo è lo stand della Neo edizioni al Festival di Pisa


La Feltrinelli di Corso Moro a Varese: la vetrina, l'espositore degli editori
emergenti, le due poltrone (e la mia birra rossa) in attesa della presentazione

Inutile dire che, per chi abitasse in quei luoghi o si trovasse a passare, queste librerie, le migliori delle rispettive città, sono raccomandatissime e consigliatissime dallo Zio Nick.
Non fatelo incazzare.
Parola di Scriba.

p.s. e adesso, appuntamento a Padova (il 22) e Verona (il 23) per il Corradino-Tour "sul" Veneto! :)



giovedì 14 febbraio 2013

OGGI VI PARLO DI: Vincenzo Iacoponi


Col mio caro amico Enzo, amico di penna e di tastiera, ci si frequenta virtualmente da ormai quasi tre anni. Il suo carattere impulsivo, istintivo e irruento (“sanguigno”, direbbero alcuni, come se le persone pacate fossero tutte anemiche) trasformò il suo primo arrivo a bordo della mia zattera in un incidente diplomatico, che per poco non si mutò in naufragio: rischiò molto seriamente, a causa di un buffo malinteso, di essere il primo e l’ultimo contatto fra di noi. Mi ritrovai fra i commenti gli insulti di questo sconosciuto signore. Risposi male anch’io, ma per fortuna mi trattenni, perché quando con le offese si va troppo in là poi è impossibile fare marcia indietro: al di là di spiegazioni e chiarimenti, la ferita resta. Siccome non capivo i motivi di tanta furia (era un post che prendeva in giro il modo di scrivere di Baricco, e sulle prime lo immaginai un fan baricchiano) decisi di andare a dare un’occhiata per scoprire chi fosse: mettermi a ingiuriare un fantasma non aveva molto senso, e d’altra parte non si trattava di un vigliacco troll anonimo, era uno con nome e cognome e con tanto di blog! Insomma, come spesso mi capita in simili frangenti, volevo capire, dovevo mettermi nei suoi panni per scoprire che cosa gli avesse dato così tanto fastidio. E così, andai a conoscere questo emigrante italiano che vive in Germania, e mi ritrovai davanti a un’impressionante quantità di coincidenze: anche lui artista, anche lui interista, ma soprattutto un coscritto del mio anziano padre, classe 1934! Unico difettuccio, sembrava fin troppo di destra, ma almeno non era né omofobo né baciapile, il che, se pensiamo a cos’è di solito la destra italiana (ma anche il centrodestra, ma anche il centrosinistra, ma anche gran parte della sinistra), lo rendeva una mosca bianca e un individuo dignitosamente autopensante, eccentrico e raro quanto bastava per interessarmi. Appurato il motivo del malinteso (una frase del mio vecchio modulo commenti che accennava in modo perentorio alla necessità di “metterci la faccia”, cioè di non fare commenti anonimi, e che lui aveva interpretato alla lettera come mio disprezzo nei confronti di chi non usava la propria foto come avatar) diventammo subito amici.

Il buon vecchio Enzo è un Artista a tutto tondo: scrittore, poeta, ma anche pittore. Come scrittore, lui lo sa, lo preferisco “sul breve”: nei tanti apprezzabili racconti, a volte asciutti e vagamente bukowskiani, a volte di stampo poliziesco, a volte più densi di memorie dell’infanzia, che se vorrete potrete trovare spulciando nell’archivio del suo blog.
Ha comunque pubblicato anche un paio di romanzi e una raccolta di poesie, che troverete invece nella sua pagina del sito ibs.
Ma oggi, qui, volevo proporvi qualcosa di più insolito e prezioso, che non si trova da nessuna parte e nemmeno sul suo blog, e che sono felice d’esser riuscito a procurarmi: alcune riproduzioni di suoi quadri. Chiuderò poi con una poesia di Enzo, una delle mie preferite fra le tante, bellissime, che periodicamente arricchiscono il suo spazio web personale, e che mi hanno sempre colpito per il loro essere ironiche ma profonde, secche ma non esangui, semplici ma piene di talento, dure ma con un sottofondo di tenerezza. A volte quasi, volutamente, grezze, eppure (o proprio per questo?) ricche di vita, di verità, di anima. 
Buona visione e buona lettura.


Abside

Annamaria seduta

Barche ormeggiate

Composizione

Evoluzione asimmetrica

I parenti della sposa

Ponti sul Tevere

Sedia

Senza titolo

Tre ritratti di donna



DI NOTTE (30 maggio 2012)


Dormo il sonno dell'ingiusto
e del peccatore, sonno agitato,
con sussulti continui
sopra e sotto le coperte dove
inviluppo i miei cattivi pensieri.
Sogno sempre però, sogno
tutte le notti a colori squillanti
che bruciano gli occhi
in cambi di luce e di penombra,
e sempre riesco a vedere
le terga di qualcuno che mi fugge
davanti, mentre sento l'ansimare
di chi mi insegue e ogni notte
mi si fa più vicino.

mercoledì 13 febbraio 2013

NO CAPTCHA DAY: una questione di cortesia.



SE VENGONO AMICI A CASA,
LI SOTTOPONI AL METAL DETECTOR?


Attenzione: potresti averlo a tua insaputa! (Il sistema te lo appioppa in automatico. E quando commenti sul tuo stesso blog, a te la verifica parole non appare!)
Eliminare questo intralcio asfalta-coglioni è molto semplice:
1 Impostazioni
2 Post e commenti
3 Mostra test di verifica? Selezionare NO
4 Salva impostazioni (in alto a destra)
Ci vuole meno tempo a farlo che a dirlo. Grazie.




domenica 10 febbraio 2013

SALMAN RUSHDIE - "Joseph Anton"





Salman Rushdie
Joseph Anton
Mondadori
Traduzione di Lorenzo Flabbi
Voto: 7



A prescindere da ogni considerazione di carattere stilistico (mai come in questo caso irrilevante), e dal fatto che ogni corposa autobiografia – sì, in certi passaggi persino questa! – sia destinata a momenti di noia mortale, questa è una lettura a dir poco obbligatoria per chiunque abbia a cuore la libertà di Pensiero, di Espressione e di Creazione Artistica, oggi più che mai minacciate dalla violenta permalosità di maggioranze più o meno decerebrate (e aizzate dai peggiori miserabili bastardi). E per chi di conseguenza abbia a cuore la necessità e la speranza che a far da contraltare a tale orrorifico sconcio possa levarsi la voce di un nuovo orgoglioso e intransigente Illuminismo, e non lo stronzo balbettio smidollato e autolesionista (o viscidamente opportunista) del politically correct delle mie sante balle.
Principale difetto del libro, la scelta di narrarsi in terza persona: in alcune parti, anziché con un sanguinante diario sembra di aver a che fare con una di quelle pompose "biografie autorizzate".
Joseph Anton è il vero nome di copertura che Salman scelse per sé stesso in omaggio ai due scrittori che più amava: Joseph Conrad e Anton Cechov.
Ma gustiamoci qualche passo:

«Da queste tre parabole, L'anonimo sugarolo, I mocassini banditi e Il vicerettore barcollante sul suo trono, ho appreso il seguente messaggio, che oggi voglio condividere con voi: primo, se nel corso della vita qualcuno un giorno vi dovesse accusare ingiustamente di quello che si potrebbe chiamare un "abuso aggravato di sugo" - e accadrà, oh se accadrà - voi non lasciatevi punire. Secondo, non vale la pena di essere accettati da qualcuno pronto a rifiutarvi perché indossate le scarpe sbagliate. E terzo, non inginocchiatevi davanti a nessuno.»

Impiegò più di quattro anni a scrivere il libro. Quando in seguito qualcuno provò a ridurre quel suo lavoro a un "insulto" ebbe voglia di rispondere: "Posso offendere molto più in fretta di così".

Le religioni, le maggiori come le meno note, appartenevano di diritto al cestino della storia, e sperava che qualcuno le gettasse una volta per tutte insieme agli altri ricordi giovanili del genere umano, come la Terra piatta, per esempio, o la luna fatta di formaggio.

I musulmani radicali cominciarono a uccidere anche i loro correligionari meno fanatici e sanguinari. In Belgio, il cittadino saudita Abdullah Ahdal, un mullah ritenuto il "leader spirituale" dei musulmani di quella nazione, fu assassinato con il suo assistente tunisino Salim Bahri per aver affermato che, qualunque cosa avesse detto Khomeini a uso e consumo degli iraniani, in Europa vigeva la libertà d'espressione.

... la necessità di essere blasfemi (gli scrittori dell'Illuminismo francese avevano usato deliberatamente la bestemmia come arma, perché si rifiutavano di accettare che il potere della Chiesa ponesse dei limiti al pensiero)

Chi prima era rimasto neutrale, adesso era pronto a prendere posizione, stomacato da quanto aveva visto in tv, dai cartelloni con scritto A MORTE RUSHDIE, CANE BASTARDO e MEGLIO MORIRE CHE VEDERLO VIVERE, e dal dodicenne che spiegava alle telecamere di essere pronto a uccidere il bastardo personalmente. Anche le apparizioni di Kalim Siddiqui e Cat Stevens [gentaglia pro fatwa, Nota dello Zio] erano servite alla causa.

il traduttore giapponese... fu trovato ucciso in un ascensore... Il caso fu messo a tacere... Chi invece non restò in silenzio fu il portavoce dell'associazione giapponese-pakistana, il quale dichiarò esultante: «Ci compiacciamo di quanto è accaduto. Dio ha fatto sì che Igarashi avesse ciò che si meritava. Ne siamo tutti molto felici».

Da quando la ragione era stata ribattezzata irragionevole? Quando era successo che le fiabe dei superstiziosi avevano scalzato lo spirito critico e la satira? Una religione non è una razza, pensava. È un'idea, e le idee reggono (o crollano) perché sono (o non sono) abbastanza forti da resistere ai loro detrattori, non perché si mettono al riparo dalle critiche.

Poi Cat Stevens, ora col nome di Yusuf Islam, riemerse sul "Guardian" al pari di una scoreggia nella vasca da bagno, pretendendo ancora una volta che Rushdie ritirasse il suo libro e si "pentisse". Il suo sostegno alla fatwa, ribadiva, era assolutamente in linea con i Dieci Comandamenti.

Quella sera sull'emittente Arte gli fu chiesto di rispondere al questionario di Proust. Alla domanda "parola preferita" rispose: «Commedia». E a "parola più detestata": «Religione».

L'Italia... stava tentando di persuadere gli Stati membri a sottoscrivere una lettera, firmata congiuntamente dall'Iran e dalla stessa UE, in cui venisse ratificata l'eterna validità della fatwa, in cambio di una breve assicurazione scritta da parte iraniana sul fatto che non sarebbe mai stata portata a compimento... era necessaria anche la sua approvazione... Non avrebbe mai accettato una dichiarazione simile nemmeno in un milione di anni. «Che vadano affanculo, opportunisti bastardi»...
La "lettera italiana" non fu mai né approvata né inviata.

A Londra, il ministro dell'Interno laburista Jack Straw, sempre pronto a blandire i collegi elettorali islamici, annunciò un nuovo provvedimento che avrebbe esteso la legge sulla blasfemia, arcaica, obsoleta e abrogabile, a tutte le religioni oltre a quella anglicana, rendendo dunque lecita, fra le altre cose, una nuova persecuzione e un'eventuale proscrizione dei Versi satanici... Rowan Atkinson [Mister Bean, NdZ] chiese a quegli uomini senza volto e al ministro senza portafoglio cosa ne pensassero della satira. Naturalmente erano tutti suoi fan... Dunque dissero: «Oh, la commedia ci piace da matti, e la satira, poi, non abbiamo nulla contro». Rowan fece un lugubre cenno d'assenso con il capo, poi rimarcò che poco tempo prima, in uno sketch televisivo, aveva usato alcune immagini di musulmani in ginocchio per le preghiere del venerdì, forse a Teheran, mentre una voce fuoricampo diceva: "Continuano le ricerche delle lenti a contatto dell'ayatollah". Voleva sapere se, con la nuova legge, una cosa del genere sarebbe stata considerata accettabile o se sarebbe stato arrestato.

Mi piace pensare che non siano preti e mullah, figuriamoci dinamitardi e assassini, le persone più adatte a sancire i limiti di quanto sia possibile pensare.

Piace pensarlo pure a me.



sabato 2 febbraio 2013

PAR CONDICIO: cosa penso della russiA putina

Semplicemente Amore, cari fascisti russi

RUSSI DI VERGOGNA


Perdo capacità di comprendere la politica estera. Categorie obsolete. Chiedo aiuto: come definire gli attuali fascisti russi? Fascisti rossi, del tipo falce e manganello? Fascisti neri, del tipo che “fa anche cose buone” (quando cucina, presumo, o quando dorme)? Oppure semplicemente biechi fascisti? 

Di recente il parlamento russo, detto anche DUMA (Diritti Umani Mandati Affanculo?) ha approvato a larga maggioranza (UN solo contrario UN solo astenuto – si spera che l’opposizione, se esiste, fosse FUORI, a cagare sulle scale per protesta) una leggE che se non fosse più disgustosa di un paté di vomito di cane potremmo considerare persino umoristica: una leggE severissima che vieta di “fornire ai minorenni informazioni sulla comunità gay”. 
Perché questo è il punto, questo solo è in ballo: il vigliacco indottrinamento dei soldatini futuri. Un novantenne può anche metterlo nel culo a un altro novantenne, e della cosa non frega niente a nessuno (a me invece farebbe un po’ schifo: sono per la pace dei sensi, a una certa età). Ma se scrivi una canzone che parla di un amore gay finisci in galera, perché potresti traviare qualche pischello sedicenne, inducendolo a pensare che magari può innamorarsi anche del compagno di banco, che non ci sarebbe niente di male, che non è previsto per lui l’obbligo di ingravidare una femmina otto volte (non vorrai negare alla patriA almeno quattro nuovi schiavi per l’industria bellica, e quattro per le miniere, no?), che se sua madre pretende di diventare nonna, come se il figlio fosse una sua proprietà o una sua marionetta, può anche andare a farsi fottere (o farsi paladina delle adozioni gay...).
L'oltraggioso conato legaloide, oltre che cavernicolo, è anche viscidamente bullesco e pretestuoso: la "corruzione" degli innocenti è un jolly che può essere agitato di fronte a qualsiasi forma d'espressione - artistica, opinionistica o filosofica - che il Reich etilico non ritenga sufficientemente conforme all'orientamento cazzofigaceo obbligatorio della società.

Perché ho intitolato questo pezzo “par condicio”? Perché di recente, in un post su un argomento simile, ho parlato molto, molto male degli Stati Uniti d’America. Cosa che continuerò a fare: sono sempre stato e sempre sarò ferocemente critico nei loro confronti, quando riterrò di doverlo essere. Criticherò con asprezza le loro porcherie politiche, economiche, religiose, ambientali e militari. Ma non dimentico che loro hanno un Presidente, l’illuminato Obama, capace di dire “Il nostro viaggio non sarà finito finché i nostri fratelli e sorelle gay non saranno trattati come tutti gli altri per legge”. Non dimentico che al mondo ci sono figli di puttana come gli iraniani, capaci di impiccare due ragazzi, come quelli che si danno un bel bacino qua sopra, per il delitto di essersi amati. E non dimentico quei bastardi della DUMA (Diritti Umani Mandati Affanculo). Non dimentico che mentre loro approvavano quella leggE di merda, fuori gli attivisti che protestavano baciandosi (non tirando bombe, BACIANDOSI) venivano aggrediti con violenza, prima ancora che dagli sgherri del regime fascista, da fanatici “cristiani” ortodossi, la cui immensa cul-tura pare ancor oggi (2013 d.C.) limitata alle parole Sodoma e Gomorra. (L’unico lato positivo del comunismo sovietico poteva essere l’eliminazione da quelle lande di certe tare beduin-religioidi, ma purtroppo ha fallito pure in questo…) 

E allora, se ho parlato male degli americani, cosa dovrei dire dei tronfi signorotti della DUMA, degni rappresentanti di un paesE appena definito “meravigliosa culla della democrazia” da un attorello francese di cui non ricordo il nome? (Ma forse l'attorello tassofobo ha ragione: infatti Nadia Tolokonnikova è finita "solo" ai lavori forzati in Siberia, mentre il giornalista televisivo Anton Krasovsky, per essersi dichiarato omosessuale, è stato "solo" licenziato al volo...) Be', volendo cimentarmi nello sfoderare un’invettiva abbastanza sobria, contenuta, moderata, preso da un eccesso di buonismo e compassione, potrei limitarmi a definirli soltanto minchiotauri da monta, castigamatti veterotestamentari, fascisti ubriaconi, bigotti invodkiti, luridume troglodita, imbarazzanti incrostazioni di muco, unto e sterco sul mappamondo civile.

Dunque, continuiamo pure a essere fortemente autocritici nei confronti del nostro Occidente, denunciamone i corrotti schifosi, gli oligarchi schiavisti, gli affaristi disonesti, gli intrallazzatori bastardi, i mafiosi di merda, gli inquinatori figli di troia, i cementificatori che distruggono l’ambiente, gli incapaci che ci mandano in rovina. Ma non dimentichiamo mai che altrove si sta, quasi sempre e quasi ovunque, parecchio peggio. Non dimentichiamo che nel ramo Libertà Sentimentali, che a mio parere è la più evidente cartina tornasole su cosa significhi oggi essere illuminati e moderni e civili, in tale ramo i Paesi Civili (o che tentano di essere Civili, in barba alle retroguardie troglodite che pure loro debbono sopportare) si chiamano Islanda, Svezia, Norvegia, Finlandia, Danimarca, Olanda, Belgio, Francia, Portogallo, Spagna, Svizzera, Germania, Croazia, Slovenia, Regno Unito, Uruguay, Ecuador, Sud Africa, Australia, Nuova Zelanda, Canada, più alcuni stati degli Stati Uniti d’America. Quasi tutti cattivoni più o meno "occidentali".

Per un'immagine innocente e dolcissima come quella che ho condiviso lassù, tratta da una serie televisiva prodotta da qualche "satana occidentale" (i nomi dei due innamorati sono Austin e Justin) in russiA (ma non solo lì) si finisce in galera. In iraN (ma non solo lì) si finisce sul patibolo. Insieme ai due ragazzi.
Ditemi voi.

In realtà prendersi cura di qualcosa vuol dire prendersene cura come se lo steste facendo per un albero o una pianta, annaffiandola, studiando i suoi bisogni, il miglior suolo, curandola con attenzione e tenerezza; ma quando preparate i vostri bambini a introdursi nella società li state preparando a essere uccisi.
(J. Krishnamurti)

Colonna sonora: COME AS YOU ARE (Nirvana)