"Meglio Capitano della mia zattera di storie di carta che mozzo sul ponte di Achab"

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mercoledì 14 dicembre 2016

Elogio dei “parulàsh” (quando ci vogliono) – versione 2016

CHE NE DICI DI PARCA DEA?

“Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte”, di Mark Haddon
(Mondadori) è un poetico e struggente romanzo sull’autismo,
destinato a lettori di tutte le età.

Non si può concepire un’Intelligenza Perfetta
che non eccella anche in autoironia:secondo me Dio bestemmia.
(Zio Scriba, Anche le formiche nel loro piccolo s’incazzano 2002)

Torno per l’ultimissima volta su un argomento che mi appassiona e al tempo stesso mi annoia (leggasi: “mi scassa i coglioni”): l’atteggiamento bacchettone nei confronti delle cosiddette parolacce in letteratura. 
Con tutto il rispetto (perché so che su tali posizioni c’è anche gente che stimo) ho sempre pensato che questo malinteso puritanesimo fosse più un discorso da vecchie beghine di paese appena sciamate fuori da messa, che non da Scrittori.
Persino Il giovane Holden, che è del 1951, è molto più sboccato di quanto non facesse credere l’edulcorata traduzione italiana (dove comunque non mancavano i “Cristo”, le ingiurie e i parulàsh, e una sacrosanta scorreggia «che a momenti faceva saltare il tetto» mentre un becchino bigotto tiene un discorso “sulla vita” ai ragazzi nella cappella della scuola). 

E due dei nostri Autori più colti e raffinati, Luigi Meneghello e Umberto Eco, hanno usato le bestemmie (quelle rare volte in cui andavano usate, ovviamente, non sto dicendo di usarle con superficialità). 

«Dove, aveva chiesto zio Carlo? E Terzi, messo in soggezione: Pordoi, signor maggiore, quota 327. Perdio aveva detto zio Carlo, io ero alla quota 328, terzo reggimento, Sasso di Stria! La battaglia del solstizio? La battaglia del solstizio. E il cannoneggiamento sulle Cinque Dita? Dioboia se me lo ricordo. E quell'assalto alla baionetta alla vigilia di San Crispino? Diocane
(Umberto Eco, Il pendolo di Foucault, Bompiani, pagina 236)

Si noti come nel brano qui proposto l’imprecazione più “fuoriposto” sembri proprio quel blando “Perdio”. Che a mio parere è stato messo non tanto o non solo per dare l’idea di una progressione, di un’escalation man mano che il discorso fra i due reduci si riscalda, quanto piuttosto per l’irresistibile tentazione di giocare nell’accostamento con “Pordoi”. Pordoi-Perdio è molto divertente (ragion per cui certi imbalsamati maestrini – barbosi, boriosi e minculpoppi – che tengono in ostaggio ciò che resta delle rovine dell’italico genio, da loro ridotto a serioso e stonato latrato, cacherebbero subito l’intollerante etichettina “autocompiacimento”, ma contro la loro spocchia riecheggi la pernacchia di Eco – e la mia).

Mi torna in mente un tizio che su Fb si vantava di aver escluso da una certa trascurabile antologia (di livello più o meno dilettantesco) proprio quei cattivoni che si erano permessi di far ricorso alle “parolacce”, e questo senza nessun altro accenno alla qualità e al talento dei prescelti e degli esclusi – criterio unico (e sciocco, e stupido, e sconcertante) questo: niente “parolacce”! 

Del resto, se andate a leggervi i bandi di quei ridicoli “concorsi” organizzati sul web da certa nostra editoria, vedrete che fra le cause d’esclusione immediata e aprioristica c’è sempre “il linguaggio scurrile”, mica l’essere degli imbecilli mitomani e semianalfabeti che scrivono col culo!

Verrebbe da dire che tutti costoro abbiano ragione su un punto: se non sai scrivere, evita di peggiorare la situazione diventando volgare. E invece il punto, semmai, è un altro: se non sai scrivere, lascia perdere. E stop. Invece vanno avanti. (E finiscono in classifica).

Giorni fa, proprio su Fb, annotavo questa cosa, che mi permetto di riproporre:
Gli italioti continuano a credere che il problema siano le “paVolacce”, a non capire che oggi volgarità significa soprattutto banalità, stupidità, superficialità modaiola, pecoronismo, vuotaggine, ignoranza esibita.
Un tizio, autore di un tormentone estivo fra i più stucchevoli, si vanta di aver autocensurato un “cazzo” da un successivo capolavoro, perché in ascolto “ci sono anche dei bambini”. Qualcuno dovrebbe spiegargli che a “riscattare” parzialmente quella sua ciofeca estiva sono proprio quei bambini piccolissimi che, cantandola, la trasformano simpaticamente in: 
«Andiamo a scorreggiare!». 

Perché i bambini, per fortuna, hanno sempre detto e sempre diranno le parolacce, in barba a quelle mammine repressive che li condannano a mettere ogni volta, come multa per il turpiloquio, una stupida monetina in uno stupido barattolo (l’espressione giusta, in questo caso, sarebbe ovviamente “barattolo del cazzo”).
Una delle scene di vecchi film che più mi è rimasta nel cuore è quella con una giovane Sofia Loren che rimbrotta il bambino per aver detto “Culo”, al che il simpaticissimo moccioso si ribella e la sfida: 
«Culo, culo, culo e vaffanculo!»
E un romanzo moderno con bambini protagonisti deve saper giocare anche con le cosiddette parolacce, o puzzerà di farlocco e di insulso lontano mille miglia.

Concludo con un doppio breve accenno (il secondo, me ne scuso, sarà un’autocitazione) al capitolo “ipocrisia”, da sempre sottoprodotto della bigottaggine codina.

«Scrivere in modo strano le parolacce è un trucco comune dei devoti. Quando non predicano che razza di Maniaco del Cazzo è il Signore, si comportano come se fosse un Idiota del Cazzo.»
(Shalom Auslander, Il lamento del prepuzio, Guanda, pagina 258)

“Quando poi Marco si lanciò in una requisitoria da sciusciabalaüster contro le bestemmie, non ci vidi più.
Io le consideravo divertenti, colorite, spesso sacrosante (pensavo a quei popoli che col loro dio ci litigano, ma anche agli Illuministi che le scrivevano di proposito in nome della libertà d’espressione). Ci fu un periodo in cui le collezionavo su un quaderno, tanto ero rapito dal loro significato simbolico. E m’incuriosiva il fatto che le bestemmie le dicono più i buoni, che i cattivi. Il cattivo è ipocrita. Il capomafia va a messa e fa la comunione, lasciando sciogliere l’ostia fra lingua e palato perché masticarla è peccato, e quando esce va a sciogliere… un bambino nell’acido.
«Proibire per legge la bestemmia» dissi «non è solo prepotenza da castigatori, ma è soprattutto un incoraggiare l’ipocrisia. Tutto quel profluvio di ziocane e porcozio e porcodiaz, e dio camper e dio boiler e porcoddue, e tutti i vari crincio, e cribbio e crispius, e le porche madosche e le puttane madocine… se ne potrebbero inventare a bizzeffe – che ne dici di parca dea?»”
(Nicola Pezzoli, Mailand, Neo Edizioni, pagina 117)

E per chiudere davvero, lascio la parola al Maestro Hilsenrath, un novantenne di Lipsia che avrebbe tanto da insegnare a parecchi secchioncelli sbarbatelli politically coglioncelli:

- Gli editori insaponano gli scrittori - spiegò Shirley.
- Col sapone vero?
- Sì. Ma solo per gioco.
- E… che senso ha?
- In genere gli editori fingono di prendersi cura degli scrittori, che se sono inesperti e sconosciuti li lasciano fare. Così va il mondo. Ma te l’ho già accennato prima.
- E poi cosa succede agli scrittori?
- Lì per terra?
- Sì, lì per terra.
- Non lo vedi?
- No, non vedo niente.
- Succede tutto in fretta. Molto in fretta!
- Cosa gli fanno gli editori?
- Prima li hanno insaponati per bene. Adesso glielo mettono nel culo. Pronti via. Una dimostrazione cinica di potere. Niente di più. Nella vita è sempre e solo questione di potere.
- Poveri scrittori! – li commiserò Anna Maria.
- È soltanto un gioco, qui, alla mia festa… - minimizzò l’altra.
(Edgar Hilsenrath, Orgasmo a Mosca, Voland, pagina 203)


22 commenti:

  1. E sui censuratori fintopuritani di 'sta cippa:
    PONGO IL PETO!!!!!!
    E che cazzo!

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  2. "Vergogna screanzato scrittore
    della classe lei è il disonore"
    direbbe il bigotto editore.

    Dalla nostra teiera volante
    ti giunga un applauso scrosciante.

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    1. Grande Lucien! Grazie! :D

      In "Gigolo per cliente unica" il mio protagonista riceve un rifiuto molto simile. Poi spiega: "Avevo mandato un racconto DI Bukowski a un editore che pubblicava Bukowski. Solo che io l'avevo tradotto meglio." :-))

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  3. Discorso very interessantissimo, badboy! :p
    Una cosa che mi tocca da vicino, visto che una volta fui promotore di un torneo di racconti dal tema "la volgarità": ovviamente ne scrissi uno pieno di parolacce, ma giuro: non messe in modo forzato, era semplicemente un discorso tra ragassi.

    Ricordo che una volta Famiglia Cristiana recensì positivamente la quarta stagione di Distretto di Polizia (telefilm che ho sempre amato) riportando però un neo: troppe parolacce.
    E' vero: Distretto puntava molto sul realismo (scrittura mimetica dei personaggi, linguaggio quotidiano) ma le parolacce io manco le notavo, tanto mi sembravano -appunto- normali.
    Era normale sentirle dire, perché chiunque le dice.

    Capitolo bestemmie. La vedo allo stesso modo. Ho libri e film dove si bestemmia, ma ancora viene visto come evento eccezionale se non tabù da rompere e che fa sorridere maliziosamente.
    Eppure chi è che non spara due madonne quando succede qualcosa?
    E' giusto che ci siano, le bestemmie. Ovviamente il troppo stroppia, ma penso che se qualcuno le utilizzasse in modo forzato, i primi ad accorgersene sarebbero i lettori che poi non leggeranno più :)

    Moz-

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    1. Mi piace quando mi chiami badboy. ;)
      È un bel nome di battaglia per la guerra anti-muffa!

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    2. Ahaha, credevo amassi maggiormente l'italico idioma e non quello della perfida Albione :)

      Moz-

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    3. Mi piace giocare con le lingue: le Parole, anche altrui, mi fanno sentire un bambino nel paese dei balocchi. Quello che odio è l'uso cretino dell'angloide che fanno gli psicoservi, i gregari volontari, come il nostro misero parlamento quando dice "bipartisan", "election day" o "question time"... :-(

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    4. La vedo come te, baby!! ;)

      Moz-

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  4. C'era un signore che parlava di "linguaggio scorrevole".
    Io preferisco quando ci sono le parolacce al punto giusto piuttosto che tutti quei termini in inglese: è molto bello il nostro idioma, perché contaminarlo?

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    1. Io sono ANCHE per le contaminazioni (che ci sono sempre state, e non a senso unico, se è vero che gli inglesi dicono "piano" e noi diciamo "sport", o "bar", o "stop"...), naturalmente in giuste e piacevoli dosi. Mentre sono totalmente d'accordo con te sia sulla scorrevolezza che sulle (cosiddette) parolacce. :)

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  5. io non pestemio, perche poi si và alll'inforno.

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  6. Come si suol dire sfondi un portone...sfondato, entrandoci da dietro :-))) Ultimamente spesso mi ritrovo a pensare e parlare di quel fatto di "offendersi" da parte del cattolico! Come tutte quelle trasmissioni dalle quali si viene esclusi perché hai offeso! Mah! L'importante e che tu continui a offendermi zione :-)))))))))))

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    1. Ho appena letto di uno scrittore egiziano incarcerato perché una scena (erotica) in un suo romanzo aveva "offeso" uno stronzo di lettore: in casi simili, l'unica cosa davvero "offensiva", per il genere umano, è l'imbecillità di chi si offende (e la sua conseguente castigatoria prepotenza.)

      Ciao grandissimo!! :-))

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  7. Fantastico, ho letto con gran gusto.
    Io vengo da una famiglia dove le parolacce sono sempre state bandite, figuriamoci le bestemmie. Per questo, quando a mio papà scappa un diofane, a me viene da ridere ma capisco che la situazione è tesa ^_^

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    1. Ciao carissima!
      Felice di averti divertita, e grazie per il tuo contributo.
      Anche se adesso mi rimarrà il dubbio: dice proprio diofane o è solo un tuo espediente grafico, come potrebbe esserlo... dioporfo? :)

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    2. Porfo ^_^ No no fane così come ho scritto. Potrebbe essere una cosa da veneto trapiantato in Piemonte e quindi una storpiatura di "fare nen"? Non lo so.

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    3. In effetti i piemontesi dicono molto anche "Dio fa", che potrebbe essere un'abbreviazione di questo "Fane"... Indagherò :-))

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  8. Zio ma sai che io sono una di quelle vecchie beghine che escon dalla Messa?!
    Comunque caxxxo è una parola sgradevole, invece a Spezia diciamo "belino", che è meno impegnativo.

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    1. Sapessi quante splendide persone religiose ci sono fra i miei migliori amici... Però apprezzano, e perdonano, le mie impertinenti monellerie. Anche perché io sono un pastrocchio vivente: se mai pubblicherò "Agonia di una fata e altri sfaceli" (il diario che tenni negli ultimi mesi di vita della mia dolce mamma) i lettori rimarranno increduli davanti a una tale mistura di tenera spiritualità e rabbiosa blasfemia... (E comunque sono convinto pure io, come Santa Teresa d'Avila, che la divinità, se esiste, è molto spiritosa, e che la cupa seriosità sia un attributo del diavolo).
      Un abbraccione, mia nuova cara amica.

      p.s. su belino hai ragione: io spesso nei romanzi uso varianti alle parolacce per essere più originale e divertente: per esempio il mio Corradino invece di dire "del cazzo" (anche se talvolta lo fa) preferisce dire "del put", che un tempo dalle nostre parti si usava molto (per put si intende il "peto") :-)

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