Esiste una modalità d’espansione dell’arte e della letteratura che è orizzontale, piana, di superficie: essa progredisce (si fa per dire) per aggiunte successive a macchia d’olio, a puzzolente puzzle, per accumulo e saturazione di tessere tutte uguali, che ingigantiscono e ingrigiscono, che affollano e asfissiano senza portare nulla di veramente nuovo, ad opera di gente limitatella e avara di idee (ma furba), di un opaco esercito di epigoni, mestieranti, imitatori e copisti i cui balbettii danno forma a un vocìo indistinto che puzza di noia e nulla dice, perenne sterile replica di un dejà vu che però rassicura fruitori abitudinari, critici imbalsamati e operatori mediocri, e stende sui pavimenti dell’anima un unico tappeto ipertrofico, brutto, peloso, polveroso e odoroso di muffe (ma assai costoso e redditizio). E poi esiste una modalità verticale e fiammeggiante, innescata e fatta divampare dai pochi veri autori di genio capaci di creare qualcosa di emozionante e originale, grazie al fuoco che si portano dentro (non per merito ma per destino) fin dalla nascita.
Spesso gli “orizzontali”, numerosi come locuste e gerarchizzati come iene, si organizzano in sindacati del (loro) comune interesse, corporazioni dell’andar di corpo, accademie dove nulla accade, club del pompino strategico, movimenti paralitici, botteghe oscure, scuderie di ronzini, e se spunta in lontananza l’inquietante profilo di un “verticale” fanno di tutto per tenerlo alla larga (ed essendo lui, sempre, un cavaliere solitario avranno facilmente buon gioco): diranno che è un miraggio, un minaccioso inganno, qualcosa di inconsistente e privo di valore, un valore che soltanto loro hanno il potere, e l’arroganza, di attribuire o negare, in quanto branco cinosuino di intercambiabili e interpremiabili. (Il loro allarmarsi è comprensibile: quel fuoco potrebbe bruciare il tappeto di merda). A volte, tutti presi dallo stabilire a priori come dovrebbero scrivere gli altri per conformarsi alle loro cazzate (meno sanno scrivere e più defecano teoremi sulla scrittura, molti addirittura la insegnano!) gli “orizzontali” si spingono persino a elaborare contorti meteorismi intellettualoidi contro l’originalità, la forza innata e sovrannaturale, la brillantezza, il talento, qualità che considerano pericolose e “nemiche”, perché loro non le hanno mai avute e mai le avranno.
Insomma c’è chi compone nuove sinfonie e chi recita risapute filastrocche, con l’aggravante di spacciarle per nuove.
Di questi tempi e da queste parti, vengono chiamati scrittori non i primi, ma i secondi.
Se uno scrittore talentuoso è un incendio vivente, il sistema editorial-mediatico italiano è, con ogni evidenza, un Canadair.